Nazionale, perché Gravina è ancora lì? Chi sarà il prossimo allenatore? Non andremo al Mondiale ma in quanto a figure di palta siamo imbattibili

Il Coni è muto e potrebbe avviare una messa in discussione del presidente. I presidenti delle squadre di A e di B preferiscono giocare in copertura. Il governo sta con le bocce cucite.

Leggi la Gazzetta dello Sport e ti viene il dubbio che il colpevole di questa storia sia Claudio Ranieri. Poi, chiusa la Rosa, ti ricordi chi è Ranieri: uno dei pochi gentiluomini rimasti nel mondo pallonaro, un sir vero in un mondo di pataccari, un allenatore capace, di cuore e di parola. Come potrebbe essere lui il colpevole dei disastrosi giorni successivi alla penosa sconfitta contro la Norvegia.

Ricapitoliamo. Un po’ di ore dopo una partita inguardabile, già precedute da penosi bisticci su chi avesse mancato di rispetto all’altro, Spalletti si presenta in conferenza stampa e annuncia le dimissioni. Che poi non sarebbero nemmeno delle dimissioni. Tutti si domandano: ma perché è l’allenatore ad annunciare la fine del rapporto con la Figc e non il presidente Gravina? Allora esce fuori la storiella che Gravina avrebbe concesso l’onore delle armi al mister visto che la decisione era stata tormentata e dettata dagli eventi. Peccato che Spalletti non conferma. Quindi Gravina non ci ha voluto mettere la faccia(specialità della casa, evidentemente). Per chiudere questa pantomima ecco che il presidente della Figc si fa scudo dietro la Gazzetta per raccontarci un’altra verità: lui aveva sondato Ranieri, ottenuto un suo generico impegno ad allenare la Nazionale previo accordo con la proprietà della Roma, ma che al momento del dunque (con tutti i giornali che stavano evidentemente scrivendo all’unisono di Ranieri commissario tecnico) sir Claudio si sarebbe tirato indietro perché impaurito dalle pressioni della piazza romana. Buuuummmmm.

Le uniche verità che restano in piedi sono invece le seguenti: Gravina ha esonerato Spalletti senza metterci la faccia e soprattutto senza avere un allenatore pronto e che non esiste un progetto credibile - ancor prima che vincente - con cui pianificare un futuro che subito ci pone l’aut aut del Mondiale, fallito il quale porterebbe a tre le esclusioni. Queste sono le uniche verità.

Poi ci sono le voci: Pioli, Gattuso, De Rossi e un eventuale ritorno di Mancini. Ora ditemi se - a parte Mancini - una Nazionale priva di spina dorsale e una Federcalcio privo di visione e di progetti si possa anche avventurare con allenatori che in panchina non hanno dimostrato alcuna maturità! Siamo all’assurdo.

Allora la domanda - che già ponemmo - è una sola: chi protegge Gravina e perché? Il Coni è muto e potrebbe avviare, pur nella fase di transizione di Malagò (evidentemente e opportunisticamente in silenzio), una messa in discussione del presidente. I presidenti delle squadre di A e di B preferiscono giocare in copertura. Il governo sta con le bocce cucite. Se ci fosse stato Berlusconi - furbo nell’intercettare il malumore degli italiani appassionati di calcio (e sono tanti come dimostrano i dati di ascolto delle partite), ex presidente vincente e uomo appassionato da non trattenere un commento tecnico in bocca - avrebbe già commentato e chiesto le dimissioni. Qui è tutto un galleggiamento per salvaguardare un profilo che non possiamo non definire “incapace” - i risultati parlano chiaro - e quindi lasciare a questo Gravina uno stipendio da 400 mila euro e una inchiesta penale che lo riguarda.

Così come Eduardo de Filippo della sfortuna diceva che “essere superstizioni è da ignoranti ma non crederci porta male”, così del calcio diciamo che “non è la priorità dell’Italia, ma non metterlo come priorità non porta voti”. La Meloni svegli il suo ministro Abodi e dica anche lei qualcosa.

di Gianluigi Paragone