Calcio: sospendere le partite "per il clima" è pura ipocrisia
Gli ultras, non solo della Fiesole fiorentina, sono incredibili: vogliono bloccare una partita dopo i rovesci in Toscana, che è una decisione senza senso. Ma sugli scandali che corrodono il calcio, oggi come ieri, sull'andazzo in Fgic, nessuno sciopero del tifo e nessun problema.
Il moralismo dei tifosi è strardinario: vogliono annullare, rinviare una partita a Firenze dopo i danni provocati dall’alluvione ma non mettono bocca sulla grande corruzione di sistema che falsa le partite. La demagogia ultrà che finisce per aiutare gli amministratori lacunosi come i Giani, i Sala, i Bonacci, le Schlein, altro che cambiamenti climatici. Che senso ha impedire una partita, cioè di lavorare, a professionisti che di mestiere giocano, si sfidano? Certo, se l’evento è considerato puro svago, intrattenimento, allora hanno ragione i cosiddetti tifosi. Invece non hanno nessuna ragione perché sarebbe quando i sindacati populisti fanno sciopero dopo ogni disastro. Sciopero contro chi? Contro il potere sgradito? Contro loro stessi? Contro i cittadini, incolpevoli e vittime due volte? Perché invece non dedicare la partita, i gol, il successo e la sconfitta agli sfollati, ai disastrati? Non c’è mica bisogno di esultare come dei posseduti o dei cialtroni, se davvero si vuole che sport sia umano, che esca dalla propria bolla, anche questa è un’occasione di umanità. Ma ai cosiddetti tifosi non interessa, son questi discorsi immediati ma di inafferrabile comprensione per il loro livello. Meglio bestemmiare, pretendere, fermare. Ma, in soldoni, assecondare il marcio. Sancisce il telegiornale di Stato: “Tonali è già stato assolto dai tifosi”. Allegria: alla giustizia ultrà basta poco, basta un gol. Se la curva “assolve” Tonali come fanno la magistratura, sportiva e penale, a condannarlo? E se è innocente lui, perché gli altri no? Del resto si è subito capito l’andazzo: tutti colpevoli nessun colpevole, sanzioni col piumino da cipria: sospensioni cumulative, che tengono conto delle pause di Natale, della Nazionale, delle ferie estive, massimo qualche mese di riposo, a stipendio mantenuto, furtive pacche sulla spalla negli spogliatoi, dai che non è successo niente, qualche settimana e torni in campo più osannato di prima; tu pensa a metterla dentro, che tutto il resto è noia e si dimentica facile.
L’ha detto anche il capo della Figc, Gravina: “Sono figli”. Sempre con la parabola del figliol prodigo, che non si nega a nessuno, stragisti inclusi. Magari quello famoso del Vangelo arrivava almeno a umiliarsi, “padre, non sono degno del tuo perdono, ne ho combinate di tutti i colori”, questi invece alzano la cresta: “I media mi debbono rispetto, pensassero agli affaracci loro”. Per nume tutelare, spirito guida hanno l’ex portiere Buffon, oggi dirigente nazionale, che nel giro delle scommesse è definito il più clamoroso perditore di tutti i tempi: non è fantasmagorico? Di Gravina hanno chiesto le dimissioni, perfino il ministro dello Sport, Abodi, che non lo ama, gli ha chiesto un passo indietro, ma lui ha risposto: non ci penso neanche, e ha fatto capire che dietro ha il PD. Ovvero, l’impotenza del potere di destra: per durare debbono sottostare al sottopotere di sinistra in Rai, nelle istituzioni, nei media, nello sport, ovunque. E lo fanno. Gravina, per non sbagliare, ha piazzato due figli di nel carrozzone: uno è del leghista Giorgetti, che tiene i cordoni della borsa, l’altro è il giovane Tajani. Non è scandaloso? Non dovrebbe fare incazzare i tifosi? Ma vai, si chiama saper stare al mondo: non chiamatelo nepotismo, sono i cambiamenti climatici che rovinano il calcio e il mondo.
In fondo è giusto, le colpe dei padri non debbono ricadere sui figli e vale anche in senso inverso. Sui figli ricadono le virtù: le virtù del potere. E si comincia a capire che anche questa nuova edizione del malaffare è destinata a finire in burletta, dura lex sed tarallucci e vino: del resto, lo scandalo, si fa per dire, l’aveva tirato fuori una fonte leggermente opinabile come Fabrizio Corona, sospettato, tanto per cambiare, di stare anche lui nel giro losco dei calciatori che scommettevano su tutto, anche sulle proprie squadre e perfino sul minuto in cui si sarebbero fatti ammonire (ci vuol poco, basta un pedatone omicida). Tutti dentro, forse, almeno secondo le indagini, pure la mamma di Zaniolo, che è una avvenente ultraquarantenne influencer; e tutti fuori dal pantano: del resto, si sa che non esiste calcio senza scandalo, non c’è partita senza scommesse e così forse da sempre, certo da una sessantina d’anni: ogni tanto, come un fiume carsico, lo “scandalo” affiora, poi si inabissa e nessuno ne parla più, insomma non fa più notizia: e perché dovrebbe, in fondo? Basta fare gol, figa. Così ragiona il tifoso.
Sono figli e sono ammalati, bisogna curarli, predica l’ineffabile Gravina e qui si scade nel ridicolo: ragazzini che prendono dieci, venti milioni l’anno per tirare 4 calci a un pallone, serviti e riveriti come pascià, che trovano modo di sperperare fortune nel vizio più idiota che ci sia, e dovrebbero curarli i tifosi, o più esattamente la collettività? Non sono malati, sono stronzi. I tifosi, da parte loro, non meritano di meglio: “assolvono” imperterriti i loro squallidi totem, ma sono gli stessi che si indignano, signora mia, perché tutti rubano, i politici solo ladri, gli statali sempre privilegiati, “ e noi facciamo la fame”. Cioè il grillismo parassitario da reddito di cittadinanza. Fanno la fame ma le migliaia di euro per la paytv, le slot da bar o da telefono (con cui scommettere sulle partite truccate) e la tessera allo stadio, ad “assolvere” i calciatori disonesti, non gli mancano. Però il problema non sono i calciatori farabutti dal giro della Nazionale fino ai tornei amatoriali di provincia dove più che a calcio si gioca a calci (si scommette anche su quelle partite da macellai, lo sanno tutti): il “problema sta a monte”, signora mia, è che non ci sono più i sani valori di una volta. Il risultato è il solito capolavoro all’italiana: tutti farabutti, meno quelli che conviene a me. La logica da clan, il familismo amorale che si dilata in squadrismo amorale, dalla Nazionale fino al Borgorosso Football Club. Sarà che, come diceva quel famoso organizzatore di incontri di boxe (presumibilmente truccati): “Non è mai per soldi: è sempre per soldi”. Poi finisce in vacca e gli stessi moralisti immorali si stracciano le vesti: che schifo, signora mia, in questo Paese non ci si può fidare di nessuno. Sì, a cominciare da voialtri.