Verdone e Ozpetek nel dramma del Lido: paladini della pace… ma solo se capiscono cosa firmano

Scivolone da copione: firmano l’appello su Gaza, poi si pentono. E ora negano come liceali beccati in ritardo

Che pasticcio al Lido! Il cinema italiano fa scena muta davanti alla Palestina, ma quando prova a parlare… inciampa. L’ultima farsa? Protagonisti Ferzan Ozpetek e Carlo Verdone, due registi che dovrebbero dirigere film, non campagne politiche.

Tutto nasce dall’appello di Venice4Palestine, gruppo che ha raccolto 1.500 firme per dare voce alla tragedia di Gaza alla Mostra di Venezia. Poi però ecco la bomba: in un secondo documento, senza firme, si chiede l’esclusione di star come Gal Gadot e Gerard Butler, accusati di sostenere il “genocidio”.

Apriti cielo! Ozpetek fa un dietrofront teatrale: “Quando ho firmato non c’era l’esclusione, non sono d’accordo!”. E tira fuori pure Leni Riefenstahl – perché niente dice “pace” come una citazione nazista, vero Ferzan?

Verdone, invece, si giustifica come uno studente col tema copiato: “Mi ha chiamato Silvia Scola, ho firmato in buona fede… ma quei nomi non c’erano!”. Peccato che la Scola lo smentisca: “Lo sapeva eccome. Cercavamo firme di peso, Carlo ha aderito subito”. "Ah bugiardooo", direbbe un noto comico.

Intanto, la figura da cinema l’hanno fatta loro: prima firmano sull’onda dell’indignazione social, poi capiscono tardi che un appello non è un copione da mandare a memoria.

L’Associazione Setteottobre ci va giù dura: “Forse sarebbe il caso di riflettere prima di firmare. L’appello mostrava Israele grondante sangue. E Hamas? Manco citata”.

E così, il duo Verdone-Ozpetek resta in bilico: troppo pavidi per la militanza, troppo impreparati per fare le vittime. A Venezia si parla di cinema, ma loro sembrano finiti in una parodia.