"Gioco Pericoloso": un vero film italiano: magia, miti e tensione. Elodie convince
Nonostante la comparsa di una replica di Favino, Sibilia e Rovere ci regalano un'opera d'autore
"Gioco Pericoloso" è come un perfetto teorema italiano: metti il Genius Loci italico (Sabaudia e il ricordo di Circe) ricco di echi mitici e ancestrali dentro la sua stupenda luce mediterranea, attualizzalo con volti profondi e magnetici e raccontalo dentro un piccolo labirinto di storie. Un film dentro un film, un arabesco fra vicenda narrata, invenzione e vicenda vissuta. Non è il nostro vissuto sempre una miscela di sogno, incontri, racconti che amiamo e racconti che proviamo a vivere? Ogni vera opera ha un corpo con una pelle e più strati. Quì il cuore del racconto è l'intercapedine ambigua e fascinosa fra artificio e scelte, corpi e destini. Questo film ci parla in realtà dell'abisso da cui sorge l'arte. Il tema vero è l'enigma della genesi dell'arte. Tema attuale, non facile e che in realtà ci interpella tutti. I personaggi sono credibili e interessanti, confusi e appassionati, incerti e istintivi, come è il reale. Appaiono più tipi di arte: l'effettismo narcisistico che oggi domina il mercato dell'arte come della vita e la vera arte che è trasfigurazione del dolore, travaglio di parto, metabolizzazione del distacco. Un film che ascolta la lezione di Agamben e di Tommaso Landolfi: la vita è sempre prima e dopo la parola e per parlare della vita devi parlare d'altro, di arte ad esempio. Il nucleo trasformativo è comune tra arte e vita, dopo la "Nascita della tragedia" di Nietzsche. Non cambia la matrice per la commedia. Elodie convince, prima ancora con il suo volto intenso, magnetico, zingaro, quasi creolo. Un volto-opera d'arte e come opera d'arte sembra trasformata nella scena finale quando appare ricoperta d'argilla e sembra la Veruschka della Salomè di Carmelo Bene. Due sono i test per vedere se un'opera estetica-artistica regge: se sta in piedi da sola nonostante le altre opere che richiama (inevitabile) e se regge le tensioni interne date da certi personaggi o altri fattori. Quì il test appare superato positivamente: anche se certe scene richiamano altri film (La miglior offerta, Swimming Pool, Stardust Memories) l'opera di Rovere e Sibilia è radicata nella propria originalità ed efficacia narrativa. Quì il fattore "anomalia" è dato dal bravissimo Edoardo Scarpetta jr che rischia di strafare: è troppo teatrale, troppo perfetto. Un volto maschera come solo l'Italia mediterranea sa creare. Appare eccessivo nella sua magniloquenza da artista ma gli artisti sono così: narcisisti, ossessivi, eccessivi. Sembra il protagonista di "Shakespeare in love". Altro problema: assomiglia a Favino. Già Favino ormai è il Barbapapà onnipresente del cinema italiano e ora ci toccano due sue repliche: Francesco Centorame e ora Scarpetta. Senza Favino il cinema italiano si dissolve. "Gioco Pericoloso" non è il solito giallo: è una vera opera d'arte, come già fù "Tommaso" con Kim Rossi Stuart.