Va di moda la tivù di qualità. Che somiglia tanto a quella di prima
Come fa ad ammantarsi di eleganza, di misura, di ragione un medium che negli ultimi 40 anni è cresciuto nella fogna, dalla fogna? Editori e capoccia han pronta la soluzione: col Risiko, facendo girare le solite facce.
Piersilvio Berlusconi, l'erede, vuole rifarsi l'immagine di imprenditore illuminato e sceglie la qualità. Che sarebbe: prendere un po' di quelli che a forza di piazzare, di personaggi osceni, di situazioni orribili hanno fatto la fortuna di Mediaset e mandarli da un'altra parte per imbarcare quelli della tivù spazzatura da altre parti, dalla Rai a la7. Come quel bellimbusto che diceva che i soldi di Mediaset venivano dalla mafia ma come cortigiano di una delle solite zarine che se si spostano lo fanno in blocco, con la compagnia di giro, non ha problemi a intascarsi dalle emittenti di Berlusconi millecinquecento euro a puntata. A puttanata. C'è molto, molto di ipocrita in questa storia della qualità e possiamo provare a indagarne sinteticamente i motivi. Primo fra tutti, l'essenza stessa della televisione che è mezzo cresciuto sul trash, almeno dagli ‘80 dell’avvento commerciale, sulla esposizione del peggio e la cui regola aurea è: dopo avergli dato la fogna, dagli qualcosa di ancora più infame, squallido e bugiardo.
Certo, le eccezioni ci sono, il modo di fare buona informazione e buona televisione sopravvive qua e là, a macchie di leopardo che non fanno il leopardo; il sistema è quello dell'esposizione dei genitali, la rissa da bettola, l'insulto razziale o sessuale, l'allusione patente, l'invenzione di tipi umani che di umano hanno niente. Lo ha capito per tempo Vittorio Sgarbi che pur provvisto di cultura e buon gusto se n'è ben guardato dal farne uso davanti alle telecamere dove offre regolarmente il peggio di sé.
La televisione offre licenza di banalità ma a patto di condirla con le sceneggiate e gli atteggiamenti circensi. Non può cambiare, i documentari per ragazzi alla Piero Angela sono foglie di fico, divulgazione per le masse anche stucchevole, memore di epoche che quasi nessuno ricorda più e del giornalismo meglio non dire: opinionari garantisti e tolleranti sempre con gli occhi di fuori, i vaffanculo che volano come droni, chi entra in un qualsiasi talk show deve sapere una cosa: non farla lunga, semplificare, aggredire per primo. Sta di fatto che sapendo bene come la qualità respinga la massa infame, la televisione di ogni specie si guarda bene dal propinarla in prima e seconda serata, se un programma conserva una qualche ambizione meno greve lo si relega alle ore nottambule, la Rai ha fatto una rete apposta, la 5, ove dirotta qualsiasi contenuto non appetito dalla plebe.
Altra smentita ai propositi edificanti, la latitanza di forze in campo. Ammesso e non concesso che un editore voglia voltare pagina, deve avere il coraggio di andare fino in fondo, scegliendo conduttori e conduttrici nuovi, in tutti i sensi: e dove li trova? Certo non nel Risiko delle Myrta e delle Bianca, con relative corti dei miracoli, mentre le Barbara e le Serena cacciate si comportano come regine offese, non senza le loro buone ragioni: ma come, ci avete detto per anni di insistere sul pettegolezzo del pomeriggio, sul qualunquismo generalista, lo abbiamo fatto, vi abbiamo garantito ottime entrate pubblicitarie e ci ripagate a questo modo?
Non è esattamente così, questa è tutta gente miracolata, che per anni e magari decenni ha potuto contare su benefici spropositati, ogni capriccio esaudito, ogni pretesa un diritto divino. Convenivano, e sono state viziate nell'incapacità di fare altro. Ma non è che se una diretta da Caivano o dall'ultimo scannatoio di provincia o di stazione la conduce Merlino al posto di D'Urso cambia qualcosa, il livello qualità è sempre lo stesso, rasoterra, una si inginocchia davanti alla sceneggiata delle tendine, l'altra si prostra davanti ai cambiamenti climatici, l'agenda televisiva è la stessa imposta dall'Europa, è la 2030, famigerata, che tutte le televisioni del continente si sono impegnate a mantenere e a divulgare, un po' sotto ricatto e un po' dietro allettamento, che è lo stesso.
Il pubblico tanto segue tutto, come diceva Costanzo, uno dei demiurghi. Almeno all'inizio. Gli importa perfino di vedere le stesse facce in una cornice diversa, non vuol capire che non fa nessuna differenza se una campagna politica, mascherata da informazione per le masse, porta i fondali di Cologno o di Saxa Rubra, che i maligni chiamano "Saxa Ruba". Ha detto il direttore del Grande Fratello, Alfonso Signorini, per garantirsi presso l'erede che vuole la qualità: "Ha naturalmente ragione lui, eravamo andati troppo oltre".
Scusasse, Signorini, chi glielo aveva imposto? Chi fu il primo e più convinto, più entusiasta della famosa formula "merda e sesso"? O era una questione di calcolo, più merda gli dai e più gli sponsor gradiscono? Signorini è quello che una dozzina d'anni fa, ne raccontò Giorgio Bocca nel suo ultimo libro, Grazie, no, cacciò dal suo rotocalco scandalistico due che si erano incaponite a voler fare informazione per davvero: "Provai a farle ragionare, ad avvertire con le buone, ma non capivano". Adesso aspettiamo le Isole e i grandi fratelli dove in nome della qualità si discetta di ermeneutica, venti o trenta disgraziati e parassiti a discutere, marxisticamente, di filosofia la sera e di critica musicale a tempo perso? Ma se hanno preso un misconosciuto generale grafomane e lo hanno immediatamente trasformato in una nuova Tina Cipollari. Qui entra l’ultimo ma decisivo elemento che priva di senso le tante chiacchiere sulla tivù di qualità. Il peso, preponderante, perentorio, non trattabile, della politica che la televisione ab origine o la possiede o la controlla. con i soliti due o tre manager a fare da anello di congiunzione. i due maggiori, Presta e Caschetto, sono in eterna guerra ma provengono entrambi dalla sfera comunista e post comunista, si spartiscono le reti, fanno i palinsesti e determinano personaggi, ingaggi, dinamiche. Tutta la polemica, penosa, sulla occupazione della destra nei media verte miseramente su questo, non fare entrare elementi diversi, promossi dal potere novello. Ma, alla fine, come per ogni guerra scatta il negoziato e si arriva alla pace o almeno alla tregua nel nome degli investitori.
Possiamo anche fare lo sforzo di credere alle velleità dell'editore giovane e illuminato, ma non chiedeteci troppo, non pretendete che basti invertire l'ordine dei fattori per tirar fuori un paradiso da una fogna.