Mostra del Cinema di Venezia 2023, in concorso sei film italiani e poi le pellicole di David Fincher, Michael Mann, Bradley Cooper

Fuori concorso le opere di Woody Allen e Roman Polanski, mentre mancheranno alcune star americane

'Mancherà qualche star, ma non sarà una Mostra autarchica'. Alberto Barbera, direttore della Mostra del cinema di Venezia, mette subito in chiaro le cose nel presentare la ottantesima edizione del Festival, in scena dal 30 agosto al 9 settembre. «Il red carpet non sarà così sguarnito», precisa. Non ci saranno Emma Stone e Penélope Cruz, per citare alcuni dei nomi più famosi, ma gli interpreti che hanno lavorato a produzioni indipendenti non sono coinvolti nello sciopero degli attori di Hollywood che ha paralizzato set e diserterà i festival. In concorso quest'anno ci saranno sei filmitaliani: Comandante di Edoardo De Angelis con Pierfrancesco Favino, già annunciato come film di apertura. E poi Io Capitano di Matteo Garrone; Finalmente l'alba di Saverio Costanzo; Enea, opera seconda e attesa di Pietro Castellitto, anche protagonista insieme a Benedetta Porcaroli; Lubo di Giorgio Diritti; Adagio di Stefano Sollima ancora con Favino, Toni Servillo, Valerio Mastandrea e altri. In gara per il Leone d'oro, ci sono 23 film, i cui titoli erano già largamente filtrati nelle settimane precedenti all'annuncio. Tra questi, sono attesi Dogman di Luc Besson; Maestro, la seconda regia dell'attore Bradley Cooper che qui si dedica alla biografia del compositore Bernstein; Priscilla, il nuovo atteso film di Sofia Coppola sulla vera storia della moglie di Elvis Presley; The Killer, il nuovo thriller di David Fincher con Michael Fassbender; Poor Things di Yorgos Lantimos con Emma Stone, sorta di Frankenstein femminile spinta da insaziabile voracità sessuale; El Conde di Pablo Larrain con un Pinochet vampiro e Ferrari di Michael Mann con Adam Driver e Penelope Cruz. Fuori concorso, due nomi controversi arriveranno al Lido: Woody Allen e Roman Polanski. Il primo con Coup de Chance, il secondo con The Palace.

Film in Concorso                                                                                                                                            Comandante di Edoardo De Angelis, «girato con un grande sforzo produttivo e un grande cast».
Bastarden di Nikolah Arcel, «regista già Orso d’Oro a Berlino che rinnova il sodalizio con Mads Mikkelsen nel ruolo di un ufficiale di metà Settecento che decide di colonizzare una landa desolata».
Dogman di Luc Besson, «un film sorprendente, con un memorabile Caleb Landry Jones: mi auguro che convinca quelli che pensano che Besson sia solo regista di action movie».                                                                                                          La bête di Bertrand Bonello, «prima volta a Venezia per il regista, libero adattamento di Henry James in un mondo in cui le emozioni sono diventate una minaccia, con Léa Seydoux che ricorre all’intelligenza artificiale per far riscoprire le emozioni agli esseri umani».
Hors-Saison di Stéphane Brizé, «una coppia si ritrova per caso dopo quindici anni: Guillaume Canet nel ruolo di un attore in crisi e Alba Rohwracher come pianista che affronta ancora il trauma della separazione».
Enea di Pietro Castellitto, «attesissima opera seconda, film produttivamente molto ambizioso in cui appaiono anche i suoi famigliari: una Grande bruttezza ammantata di cinismo e ipocrisia».
Maestro di Bradley Cooper, «il ritratto del musicista Leonard Bernstein attraverso il rapporto con la moglie amatissima e tormentata (Carey Mulligan)».
Priscilla di Sofia Coppola, «è il tentativo di raccontare la vera e tormentata storia della giovanissima moglie di Elvis Presley, in una coproduzione con l’Italia».
Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, «segna il ritorno al cinema dopo L’amica geniale, secondo più importante investimento produttivo del cinema italiano di quest’anno, con un grande cast: racconto della perdita dell’innocenza attraverso il fascino crudele di Cinecittà».
Lubo di Giorgio Diritti, «film straordinario di un autore che di solito non mi convince, torrenziale storia vera (tre ore) di un gitano che negli anni Tranta fu perseguitato sia dai nazisti sia dagli svizzeri».
Origin di Ava Duvernay, «dal saggio di Isabel Wilkerson che ha cambiato l’approccio sul razzismo americano, che mescola fiction e saggistica».
The Killer di David Fincher, «produzione di Netflix, il regista non veniva a Venezia dai tempi di Fight Club, da un graphic novel francese con Michael Fassbender e Tilda Swinton».
Memory di Michel Franco, «New York terzo personaggio insieme a Peter Sarsgaard e Jessica Chastain, c’è riserbo assoluto sulla storia».
Io capitano di Matteo Garrone, «odissea contemporanea da Dakar all’Europa di due ragazzi, in un film in cui Garrone rinuncia al barocchismo visivo dei suoi ultimi film».
Aka Wa Sonzai Shinai (Evil Does Not Exist) di Ryûsuke Hamaguchi, «mentre vinceva l’Oscar per Drive my Car, lui era già su questo progetto, racconto di una società che vuole costruire un camping in un territorio ostile al progetto».
Zielona Granica (The Green Border) di Agnieszka Holland, «non se ne sa nulla, girato quasi in clandestinità perché inviso al governo polacco: la poca nota ma sconcertante tragedia dei clandestini bielorussi illusi dalle autorità polacche».
Die Theorie Von Allem di Timm Kröger, «sostanzialmente un’opera prima dopo il film di diploma, un incubo gotico, un melodramma metafisico, un affascinante film di fantascienza che crea un immaginario puramente cinematografico capace di Ulmer, Fassbinder, Hitchcock, i b-movie italiani».
Povere creature! di Yorgos Lanthimos, «una rielaborazione fantasiosa e sfarzosa sul tema gotico, Emma Stone (che non parteciperà alla Mostra) mai così scatenata come Frankenstein al femminile spinta da una insaziabile voracità sessuale».
El Conde di Pablo Larraín, «una barocca rivisitazione del genere vampiresco con Pinochet che si risveglia dopo i funerali e continua a succhiare il sangue dei suoi cittadini, un duro attacco politico a un Paese che non ha mandato sotto processo il dittatore».
Ferrari di Michael Mann, «ne parlava già nel 2012 quando fu Presidente della Giuria e andò a Maranello per incontrare i vertici della Ferrari, si concentra sugli anni della crisi sia industriale che coniugali del protagonista».
Adagio di Stefano Sollima, «in una Roma distopica circondata da incendi, un film-cattedrale che celebra il funerale dei temi di Romanzo criminale e Suburra che hanno raccontato l’Italia attraverso il filtro del genere».
Kobieta Z… (Woman Of) di Małgorzata Szumowska, Michał Englert, «secondo film polacco in concorso, storia di un uomo che capisce di essere una donna e combatte contro la burocrazia e il sistema, un melodramma che arriva da uno dei paesi più transfobici d’Europa».
Holly di Fien Troch, «storia di una bambina che scopre di avere uno strano potere sociale, un film d’amore che gioca con i temi dell’horror».