Tg Rai, l'anacronismo delle nomine: anche Giorgia Meloni, appena al potere, ha occupato la tv di Stato
Cambiare dopo 30 anni può sembrare "mission impossible". Anche perché nei media privati di tutto il mondo la imparzialità sta diventando un’utopia
Pensavo di essermi abituato al teatrino delle nomine dei TG RAI, ma ci sono rimasto male quando il consiglio di amministrazione (CDA) con persone di alto profilo professionale nominato da Mario Draghi, non ha potuto/voluto opporsi alla solita lottizzazione, nonostante il voto contrario della sua Presidente. Soprattutto perché Giorgia Meloni nel 2016 si lamentò "abbiamo la sistematica occupazione della RAI" esattamente come hanno fatto altri politici di destra e di sinistra quando erano all’opposizione (Massimo D’Alema nel 2002, Matteo Renzi nel 2015, Salvini nel 2018, Conte nel 2021) e, come tutti loro, appena al potere, ha “occupato" lei la RAI.
Poi ho scoperto che la BBC, in passato un modello di indipendenza della politica (nel 1933 non aveva permesso a Churchill di parlare alla radio) con una governance in cui la politica era fuori dalla azienda (grazie a un Trust con rappresentanti della società civile che nominava un board di soli tecnici), l'ha cambiata nel 2017. Il suo CDA è oggi in gran parte nominato dalla politica (il presidente lo aveva nominato la Regina Elisabetta, ma su suggerimento del governo). Succede dappertutto in Europa. Il Presidente di France TV è nominato dal Presidente della Repubblica che ha anche un ruolo chiave nella nomina dei membri del CSA, il regolatore audiovisivo (equivalente della nostra AGCOM). In Germania i vertici e i CDA di ZDF e ARD sono anche loro nominati dalla politica e dai governi dei lander.
Non c’è da stupirsi. E’ normale che lo Stato proprietario di una TV pubblica voglia nominarne i vertici, esattamente come fa per le altre sue partecipazioni.
Perché allora solo da noi queste polemiche su nomine dei TG e i politici diventano star televisive che popolano talk shows e interviste? Perché negli altri Paesi europei la politica si ferma alla nomina dei CDA che sono loro poi a scegliere chi guida notiziari e palinsesti. Le origini di questa nostra parossistica ricerca della par condicio elettorale risalgono a quando 30 anni fa Silvio Berlusconi grazie alle sue TV entrò con successo in politica. Da allora l’ossessione dei partiti di centro sinistra è stata quella usare la RAI per contrastare Mediaset. Non succede in Europa dove l'imparzialità nella competizione elettorale conta meno (anche perché ne hanno avute molte meno) e la politica non interviene nei palinsesti ma vigila sulla qualità e imparzialità dall’esterno, con l’aiuto della società civile (per esempio in Germania con il “Council” radiotelevisivo) e con i regolatori come CSA e OFCOM. Per loro però “imparzialità“ vuole dire qualcosa di diverso che da noi. Per OFCOM “vera imparzialità“ non significa che il giornalista deve dare lo stesso tempo a maggioranza e opposizione, ma "fornire prospettive eccellenti su tutti i temi, attualità, economia, politica internazionale , spiegando “cosa c’è dietro la notizia” e sfidando i suoi interlocutori”. Da noi AGCOM controlla e riporta rigorosamente il “minutaggio“ che , non deve sorprendere , rivela una perfetta “par condicio“ tra i partiti.
Se queste capacità non sono richieste e non conta il "merito“ ma la casacca che si porta, inevitabilmente ne soffre la “vera imparzialità“ e la qualità del giornalismo ed è un miracolo se in questa assenza di meritocrazia ci sono state eccellenze come Piero Angela e ci siano ancora i Bruno Vespa, professionisti legati ai valori del servizio pubblico.
E allora? Cambiare dopo 30 anni può sembrare "mission impossible“. Anche perché nei media privati di tutto il mondo la imparzialità sta diventando un’utopia: CNN di sinistra mentre FOX è repubblicana/Trumpista, NYT sfacciatamente democratico e WSJ di destra e Musk ha comprato Twitter denunciando che la loro asserita ricerca di imparzialità era in realtà una censura della sinistra. E per le TV pubbliche restare imparziali diventa sempre più difficile: la BBC ha avuto lo scandalo Lineker ed ha appena chiesto al suo Presidente di dare le dimissioni per avere favorito un finanziamento di 800mila sterline per Boris Johnson.
Fonte: meritocrazia.corriere.it
Di Roger Abravanel