Festival di Sanremo, Ferragni e Fedez coppia regina del mondo capovolto: femminismo e scandali artefatti

Il Festival ha consacrato i Ferragnez come vero e proprio modello relazionale e comportamentale per generazioni di utenti storditi dal nulla pervasivo

C’è una singolare simmetria in questa "straordinaria" 73esima edizione del Festival di Sanremo.

Verrà ricordato come il Festival di due strane coppie.

Il Festival dei due presidenti: Mattarella in apertura e Zelensky in chiusura.

Il Festival che ha consacrato Chiara Ferragni, ospite della prima e dell’ultima puntata e suo marito Fedez, protagonista della seconda e dell’ultima puntata, come nuovi modelli di riferimento per il pubblico televisivo nazionalpopolare.

Un Festival impregnato di cultura woke, capace di shakerare la Costituzione con le canzonette e i diritti con la guerra, confondendo, anzi capovolgendo i piani per spacciare la finzione per realtà e il falso per verità.

Ferragni al Festival: abito-maifesto, ma scippato

In questo senso è emblematica la modalità con cui si è presentata Chiara Ferragni. La regina dei social entra in scena martedì 7 febbraio alle 21.33, come stabilito in scaletta. Abito nero lungo e scollato su cui campeggia una lunga stola bianca con la scritta "Pensati libera".  

Un abito-manifesto che prelude alla lettura della lettera a se stessa con cui la versione femminile di re Mida del metamondo, a tarda notte, si è prodigata nell’inutile esaltazione di sé, in quanto campionessa e modello del genere femminile contemporaneo.

La prima inquadratura di Chiara Ferragni, il suo atteso debutto a Sanremo, è di spalle, per mostrare la scritta da fiero alfiere del vacuo femminismo da social.  Un’incitazione, del tutto inconsapevole, a sforzarsi di vedere anche la parte più nascosta delle immagini in cui si sviluppa il racconto televisivo di Sanremo.

A partire dalla paternità di quello che, grazie all’esposizione mediatica sanremese, è diventato una sorta di claim made in Ferragni: “Pensati libera”.

In realtà la frase è un elemento identificativo del lavoro di uno street artist bolognese noto con lo pseudonimo Cicatrici Nere.Sui muri di Bologna, da anni, è facile imbattersi nelle opere del writer bolognese accompagnate dalla scritta, declinata sia al femminile che al maschile, utilizzata dalla signora Ferragni.

L’abito manifesto che ha caratterizzato la prima puntata della 73esima edizione del Festival di Sanremo è quindi figlio di uno scippo. Elegante, forse, ma è un vero e proprio scippo.

La signora Ferragni ha scritto infatti sul suo profilo Instagram, a beneficio dei suoi quasi 29 milioni di follower, che l’abito e la scritta sono frutto di una conversazione tra lei, Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica di Dior, e le due art director note come Claire Fontaine. “Il risultato è un abito a corolla di seta nero ispirato alla tradizione @dior e completato dalla stola-manifesto con ricamato il claim “Pensati libera”.

Non un accenno al vero autore del claim che già durante la notte del 7 febbraio ha risposto con un’intervento sui muri di Bologna:

“Pensati Libera non è uno slogan.

Pensati Libero non è un prodotto.

Pensati Libera non è una foto.

Pensati Libero non è un post.

Pensati Libera non è per una moda.

Pensati Libero non è un manifesto.

Pensati Libera non è una proprietà di qualcuno.

Pensati Libero non è per vendere.

Pensati Libera non è mercificare un’idea.

PENSATI LIBERO È UN ATTO DI VOLONTÀ per liberare le persone dalla superficiale, veloce e soffocante vita moderna.

PENSATI LIBERA È UN RESPIRO tra i rovi degli schedari, delle tabelle e degli ordini.

PENSATI LIBERO è dire “ci sono anche io” tra gli sconfitti di tutti i giorni.

PENSATI LIBERA È LÀ FUORI PER STRADA”.

Fedez a Sanremo

Lo stesso approccio vale per il marito della signora Ferragni, il signor Federico Leonardo Lucia, noto con lo pseudonimo artistico di Fedez.

Nella seconda puntata si è esibito sul palco di una gigantesca nave da crociera di una compagnia che sponsorizza il Festival.

Come sua consuetudine ha mascherato l’inconsistenza vocale snocciolando sotto forma di strofe di finto freestyle rap una serie di infantili quanto innocui desiderata, dagli pseudo diritti alla legalizzazione delle droghe leggere, mescolati alla dedica a Gianluca Vialli e a qualche gesto provocatorio.

Tutto con il fine di suscitare polemiche, attirare l’attenzione su di sé ed ergersi a novello paladino dei diritti e delle libertà.

Nell’ultima serata del Festival ha replicato con una nuova performance.

Rosa Chemical, recente e fulgida icona del fluid gender, è sceso dal palco per mimare un atto sessuale fingendo di accoppiarsi con Fedez che fingeva a sua volta di essere stupito e sorpreso.  Poi è risalito sul palco insieme al marito della signora Ferragni e ha concluso l’esibizione suggellandola con un bel bacio con un Fedez più che disinvolto e disponibile allo scambio di liquidi salivari.

Peccato che la finzione del gesto improvvisato sia stata svelata nell’inquadratura con cui la regia ha mostrato Fedez mentre si riaccomodava nella seconda fila del Teatro Ariston intento a recuperare il proprio cellulare, precedentemente consegnato a un fido accompagnatore incaricato di filmare  la scena a beneficio dei follower.

Il finto amoreggiamento gender fluid è stato un siparietto per niente divertente e innocuo nonostante gli sforzi da illusionista profusi da Amadeus per renderlo potabile. Per capirlo è sufficiente provare a immaginare cosa sarebbe successo se al posto di Rosa Chemical ci fosse stato un maschio alfa, per esempio Gianluca Grignani. Se Grignani avesse osato agire allo stesso identico modo con una ragazza del pubblico cosa sarebbe successo?

Nel mondo capovolto, magnificato durante i cinque episodi di Sanremo 2023, un mondo pronto per ibridarsi con la metarealtà governata dall’intelligenza artificiale. Un mondo in cui traghettare gli utenti storditi da un nulla pervasivo e onnicomprensivo verso i nuovi territori del Transumanesimo la coppia Ferragni + Fedez è stata ufficialmente consacrata come vero e proprio modello relazionale e comportamentale.

Nel mondo che fu, quello reale, sarebbero stati derisi e forse qualche magistrato si sarebbe perfino azzardato a sottoporli a un serio esame per  valutare la loro idoneità a mantenere la patria podestà.

I due novelli eroi nazionali sono infatti artefici di uno straordinario esperimento antropologico e pedagogico con cui sottopongono i due figlioletti alla continua condivisione della loro esistenza con i loro fedeli follower-seguaci.

Il loro privato è storytelling. I figli diventano quindi parte fondamentale del racconto. Due bambini che vengono sostanzialmente privati della dimensione privata della relazione con i genitori, esposti quotidianamente a beneficio dei follower.

Da grandi i due pargoli della coppia regina del metamondo, anziché sfogliare gli album fotografici, troveranno il racconto completo della propria infanzia in bella mostra sul wall e tra i contenuti permanenti dei profili di mamma e papà e, forse, chiederanno conto ai Ferragnez di un’infanzia immolata sull’altare della mercificazione.

Marco Pozzi