#DIMALEINBINI. Federico Palmaroli: “Voglio continuare a fare satira in totale autonomia e provare la tv”

Ho incontrato l’ideatore de Le più belle frasi di Osho, che concede pochissime interviste. Tra stilettate al politicamente corretto e alla sinistra, Federico si racconta in massima libertà

Federico Palmaroli è nato a Roma il 9 giugno del 1973. Nel 2015, crea le pagine social Le più belle frasi di Osho, in cui utilizza immagini del santone indiano Osho Rajneesh e, decontestualizzandole, attribuisce a quel personaggio frasi tratte da stereotipi di vita quotidiana in dialetto romanesco. Nel 2017, riceve il premio della satira di Forte dei Marmi. Dal 2018, si dedica esclusivamente, con lo stesso meccanismo umoristico delle origini, alla satira politica e le sue “vignette”; a detta di molti, riescono ad assumere il rango di veri e propri editoriali. Da quel momento, inizia a collaborare con quotidiani nazionali come Il Tempo e il Corriere della Sera, e con programmi TV quali Stasera Italia e Porta a Porta. Dal 2018, è il “vignettista” del quotidiano Il Tempo e dal 2019 è la presenza satirica fissa del programma Porta a Porta. Ha pubblicato due libri con Rizzoli: Vedi de fa poco ‘o spiritoso nel 2020 e Carcola che ve sfonno nel 2021 in cui, attraverso le vignette satiriche, racconta gli ultimi anni di politica italiana e internazionale. La sua esperienza iniziale è raccontata in una serie tv dal titolo Il Santone, disponibile da febbraio 2022 su Raiplay. Attualmente, la sua pagina facebook è seguita da circa 1.200.000 persone e il suo profilo Twitter conta più di 500mila follower. È presente anche su Instagram con il suo profilo personale, seguito da più di 30mila utenti. Considera tutto questo ancora un hobby e infatti svolge anche una professione “normale".

Quando e perché nasce l’idea de #lepiùbellefrasidiosho?

«Nasce il 23 febbraio del 2015. Nasce così, senza nessun obiettivo specifico se non quello di divertirmi a dissacrare la spiritualità orientale, banalizzando l’immagine di un santone. Un puro sollazzo personale che ovviamente speravo potesse essere condiviso sui social. E così è stato, anche in una dimensione inaspettata.»

 

La satira è sempre più bella se fatta a destra piuttosto che a sinistra. Stanno cambiando le cose oppure i sinistroidi continuano a pensare che la cultura “alta” appartenga a loro?

«Sicuramente c’è questa convinzione radicata che il bene, e quindi anche la qualità, sia solo a sinistra. Tutti pensavano che io fossi di sinistra, perché ritenevano impossibile che qualcosa di artisticamente valido potesse arrivare da destra. In questo, ho rotto un po’ gli steccati e sono riuscito comunque a farmi apprezzare da tutti. Poi ovviamente rimane sempre qualcuno che non ti perdona l’aver dichiarato un’appartenenza ideologica a lui sgradita. Infatti, penso che molte persone del mondo dello spettacolo si professino di sinistra, pur non essendolo, per non incappare in qualche ostacolo alla loro carriera. Per me questo è nato come un hobby e in un certo senso continua ancora ad esserlo. Forse questo mi ha dato più libertà di espressione.»

 

Tu non risparmi nessuno pur avendo ben chiara la posizione politica. C’è qualcuno che si è seriamente incavolato per le vignette?

«Direi che sono andato sempre abbastanza liscio, a parte un paio di episodi subito rientrati, nessuno mi ha mai puntato l’indice contro, se non i supporters più accesi dei vari schieramenti politici, quelli più accaniti, quelli che pascolano sui social solo per sbavare odio. Plaudo sempre all’indifferenza delle persone che piuttosto che riversarti contro un sentimento così prezioso come l’odio, si limitano a non cagarti proprio.»

 

Per la questione satira, come siamo messi in Italia?

«Direi che con l’avvento dei social la satira è diventata un passatempo nazionale, tutti provano a fare battute, perché una cosa è farle a casa con gli amici e un’altra cosa è poter avere una platea che ti mette i like e ti fa emergere. E’ un meccanismo umano. Quindi, anche se gli strumenti tecnici sono alla portata di tutti, elevarsi è ancora più difficile. Il vero problema della satira oggi è il politicamente corretto. Ringrazio di essermi formato umoristicamente in tempi in cui la comicità era più libera di sconfinare anche verso “le scorrettezze”, soprattutto a livello cinematografico. Alcuni capolavori degli anni ‘80 oggi incontrerebbero la scure della censura. Per quanto mi riguarda, io mi fermo solo davanti alla morte e alla malattia; tutto il resto per me è “satirizzabile”.»

 

Dalle librerie ad una sitcom per RaiPlay, Il Santone. Quando hai percepito che stavi diventando popolare su web, giornali, in tv e quindi tra la gente?

«Con Osho diventai subito virale, anche perché era un personaggio nazional-popolare, slegato dai temi politici, quindi sicuramente più trasversale e universale. Quando ho cominciato a occuparmi di satira politica le cose sono un po’ cambiate, tanti fan li avrò persi, qualcuno ne avrò guadagnato, ma sicuramente la ribalta televisiva, i libri e tutto quanto il resto sono arrivati nel momento in cui ho cominciato a trattare i temi di attualità. La serie su Raiplay in realtà riporta alla luce il primo personaggio che creai, ma si tratta di una storia slegata dalle vignette, c’è un arco narrativo che richiama la mia prima creatura, ma poi si sviluppa in modo autonomo.»

 

Inviti, conferenze, tv, incontri ma cosa vuole fare da grande Federico Palmaroli?

«Intanto ricominciare a occuparmi di satira politica in senso stretto, che qui tra pandemia e guerra ci siamo un po’ fossilizzati su temi che mai avremmo pensato di dover raccontare. Poi non nascondo che mi piacerebbe provare a fare qualcosa di diverso in tv o in radio, ma è solo un desiderio senza alcuna presunzione. Magari che so na pippa!»

 

Sei fidanzato oppure i tuoi amori restano la città di Roma e la Lazio?

«So fidanzato con Osho!»

 

Una parola a testa per Roberto Gualtieri, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Enrico Letta e Beppe Grillo. Ti risparmio Luigi Di Maio.

«Simpatico. Intramontabile. Cazzuta. Troppo di sinistra. Vittima di se stesso.»