Natalità, Greco (S.I.d.R.): “Dati Istat allarmano, medicina riproduzione e prevenzione contro inverno demografico”

“I dati Istat su natalità e fecondità confermano che in Italia l’inverno demografico è un’emergenza seria, da affrontare con politiche familiari più concrete, allargando gli interventi ai livelli sociale, economico e sanitario. Occorre un’azione ad ampio raggio, che coinvolga la scuola, le famiglie, le comunità territoriali, sostenendo inoltre la medicina della riproduzione in un’ottica di prevenzione e tutela della salute”. Lo afferma Ermanno Greco, presidente della Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.), in merito al report Istat sulla natalità, che indica come nel 2024 il numero medio di figli per donna sia 1,18, un valore in calo rispetto al 2023 e inferiore al minimo storico di 1,19 figli per donna del 1995.

“Allarma – aggiunge Greco – anche la minore fecondità delle donne italiane, con una riduzione progressiva nel corso degli anni che riguarda l’intero territorio nazionale. Altro dato da tenere presente è l'età media al parto delle madri, che raggiunge i 32,6 anni nel 2024, in lieve rialzo sull'anno precedente e in crescita di quasi 3 anni rispetto al 1995. Bisogna ricordare che la fertilità biologica femminile comincia a scendere già dopo i 30 anni e in maniera più marcata dopo i 35. L’età è, inoltre, un fattore decisivo per la buona riuscita delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Con l’età, infatti, aumenta il numero degli ovociti non sani, tanto che nelle donne over 35 prima di un impianto viene verificata la salute dell’embrione per testarne la qualità. La possibilità di gravidanza e di impianto cambia se gli embrioni, se pur sani geneticamente, sono di una donna dopo i quarant’anni rispetto a quelli di una donna giovane”.

“La denatalità – sottolinea Greco – è una questione estremamente attuale, ma le sue conseguenze peseranno soprattutto sulle generazioni future. Tra le risposte più efficaci a questo problema vi è il sostegno alla Pma, oggi resa ancora più efficiente grazie all’integrazione con la diagnosi genetica preimpianto. Sarebbe utile consentire anche in Italia il reclutamento delle donatrici per i programmi di ovodonazione, come già avviene in molti altri Paesi europei, agevolando così la fecondazione eterologa”.