Mielofibrosi, nasce un progetto per sensibilizzare le istituzioni

ROMA - Sensibilizzare le Istituzioni - regionali e nazionali - sui principali bisogni insoddisfatti dei pazienti, sulle loro difficoltà quotidiane, sulla richiesta di opzioni terapeutiche efficaci e di una migliore qualità di vita. E' questo l'obiettivo delle principali Associazioni di Pazienti che si occupano di neoplasie mieloproliferative, delle quali la mielofibrosi è la forma più rara e grave, che hanno unito le forze e - in occasione del mese di settembre, dedicato alla sensibilizzazione sui tumori ematologici - hanno presentato ai rappresentanti istituzionali il progetto "Uniti per la Mielofibrosi". Un'iniziativa realizzata con la collaborazione e il patrocinio di AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie - linfomi e mieloma - ETS), A.I.P.A.M.M. OdV (Associazione Italiana Pazienti con Malattie Mieloproliferative), A.PRO.T.I.ON (Associazione per il PROgresso della Terapia Intensiva Oncoematologica), F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), Fondazione Renata Quattropani ETS, La Lampada di Aladino ETS. Il Progetto ha anche il patrocinio di Fondazione GIMEMA - Franco Mandelli ONLUS, MPN Advocates Network e S.I.P.O., Società Italiana di Psico-Oncologia, e con il contributo non condizionante di GSK. Al fine di dare concretezza a queste richieste e' stato redatto un Libro Bianco dal titolo "Uniti per la Mielofibrosi - Verso un futuro migliore. Analisi dei bisogni e proposte operative per la gestione della mielofibrosi" e di un Manifesto. Al centro del Libro Bianco ci sono i racconti del vissuto personale dei pazienti, dei caregiver e il punto di vista dei clinici esperti in quest'area. Ciascuno dei cinque capitoli è dedicato a uno dei bisogni prioritari emersi a seguito di un lavoro di discussione e confronto tra i rappresentanti delle Associazioni di Pazienti dell'Unione. "Siamo convinti che il Libro Bianco possa svolgere un compito importante: permettere una discussione informata con i decisori che li porti a implementare le giuste strategie affinché chi convive con questa malattia rara si senta parte di un percorso strutturato, per vivere una vita affettiva e lavorativa piena", così si legge nell'Introduzione congiunta al Libro Bianco delle Associazioni di Pazienti coinvolte nel progetto. Ricerca e accesso equo alle cure per investire in nuove terapie, migliorare i trattamenti per l'anemia e garantire che tutti i pazienti, ovunque vivano, possano accedere alle cure più appropriate. Si propone anche di coinvolgere i pazienti nella ricerca e di potenziare la cultura della donazione di sangue e midollo. Cure personalizzate e vicine al paziente per una sanità più flessibile, che usi strumenti come la telemedicina e migliori l'organizzazione delle trasfusioni, anche a domicilio quando possibile. È importante investire in strutture moderne e in sistemi digitali efficienti. Supporto psicologico continuo per garantire, sin dalla diagnosi, un supporto psicologico come parte integrante della cura, un percorso incluso nei percorsi terapeutici e accessibile anche a distanza. Sostegno ai caregiver per garantire diritti sul lavoro, aiuti economici, formazione specifica e sostegno psicologico a chi si prende cura di una persona con mielofibrosi. Informazione e formazione per l'accesso a una informazione chiara e accessibile su diagnosi, trattamenti disponibili e diritti garantiti. Si chiede, inoltre, di migliorare la formazione dei Medici di Medicina Generale e degli altri operatori sanitari per garantire diagnosi tempestive e cure adeguate. "La gestione del paziente con mielofibrosi, specialmente se trasfusione-dipendente, è complessa e richiede un approccio multidisciplinare per affrontare non solo la malattia ematologica sottostante, ma anche i sintomi, le complicanze legate alla patologia e quelle derivanti dalla terapia trasfusionale, con un'attenzione costante alla qualità di vita", afferma Massimo Breccia, Professore Associato di Ematologia, Dipartimento di medicina traslazionale e di precisione, Sapienza Università-Azienda Policlinico Umberto I di Roma. I cinque punti hanno dato vita al "Manifesto dei Pazienti con Mielofibrosi", un documento sintetico destinato a rappresentare in modo autentico i bisogni, le istanze e le aspettative delle persone che convivono con questa malattia rara. Il Manifesto, firmato dalle Istituzioni che hanno sostenuto il progetto, tra cui gli Onorevoli Simona Loizzo, Ilenia Malavasi, Gian Antonio Girelli, Andrea Quartini, Luciano Ciocchetti, il Senatore Ignazio Zullo, il Consigliere di Regione Lombardia Giulio Gallera e la Dottoressa Manuela Tamburo De Bella di Agenas, è un vero e proprio appello rivolto a loro, con proposte concrete per migliorare la qualità della vita dei pazienti e costruire una sanità più equa e vicina ai bisogni dei pazienti. A livello regionale, alcune esperienze già attive dimostrano come modelli organizzativi basati sull'integrazione tra ospedale e territorio, la medicina di iniziativa e le reti clinico-assistenziali rappresentino solide fondamenta per migliorare accesso alla diagnosi, gestione specialistica e supporto globale al paziente. Estendere tali modelli in modo omogeneo sul territorio nazionale può contribuire a ridurre le disuguaglianze e a costruire un sistema realmente equo. Sul piano nazionale, emerge la necessità di un'azione sistemica: rendere operative le linee guida, attivare i PDTA, potenziare i centri trasfusionali e la telemedicina e sviluppare una rete complessiva di presa in carico. È inoltre cruciale attribuire centralità alle Associazioni di pazienti, coinvolgendole attivamente nella definizione delle priorità e nella valutazione delle politiche sanitarie, favorendo un'assistenza più empatica e personalizzata. La formazione continua dei Medici di Medicina Generale, l'istituzione di tavoli tecnici permanenti, il rafforzamento del supporto psicologico e dell'assistenza domiciliare sono elementi chiave per rendere la gestione della mielofibrosi un vero paradigma di buona sanità. "Attualmente, la presenza di ematologi e personale specializzato sul territorio è limitata - spiega infatti Francesca Palandri, Medico Ematologo, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Istituto di Ematologia "Seràgnoli" - e, spesso, le associazioni di volontariato non riescono a coprire tutte le necessità dei pazienti a domicilio. Rafforzare l'assistenza territoriale, con la presenza di infermieri ed ematologi del Servizio Sanitario Nazionale che possano seguire i pazienti a casa, faciliterebbe il monitoraggio clinico, la gestione delle terapie e il coordinamento con i centri specialistici". "Quando lo psico-oncologo fa parte a tempo pieno dell'équipe curante - spiega Gabriella De Benedetta - Psicologa-psicoterapeuta, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli - può incidere positivamente sull'esperienza di malattia, che si tratti del primo impatto, delle problematiche che insorgono durante il percorso di cura o della fase di adattamento alla cronicità. L'importante è creare consapevolezza nel paziente e nei suoi familiari, intervenendo non "al bisogno", ma normalizzando il percorso e gestendo tutto il processo di comunicazione con un'unica regia". - foto ufficio stampa GSK - . fsc/com 23-Set-25 17:49