Obbligo vaccinale appeso a un filo: l'Aifa ammette la mancata revisione triennale della Legge Lorenzin creando un vuoto giuridico

Le risposte evasive di Ministero, AIFA e ISS a seguito di un accesso agli atti svelano un’inadempienza che compromette la certezza del diritto e solleva interrogativi sulla gestione della profilassi vaccinale, inclusa la recente estensione della vaccinazione antinfluenzale ai bambini più piccoli

L’assenza delle relazioni triennali obbligatorie, previste dalla stessa
normativa, ne mina la legittimità e l’applicabilità. Le risposte evasive di
Ministero, AIFA e ISS a seguito di un accesso agli atti svelano
un’inadempienza che compromette la certezza del diritto e solleva
interrogativi sulla gestione della profilassi vaccinale, inclusa la recente
estensione della vaccinazione antinfluenzale ai bambini più piccoli.

Un Obbligo Condizionato

La Legge n. 119 del 2017, nota come Legge Lorenzin, che ha introdotto
dieci vaccinazioni obbligatorie per i minori da zero a sedici anni, poggia
su un delicato equilibrio tra la tutela della salute pubblica e il rispetto dei
diritti individuali. Per garantire questo equilibrio, il legislatore stesso ha
inserito una “clausola di salvaguardia” fondamentale: un meccanismo di
revisione periodica. Tuttavia, recenti sviluppi documentali dimostrano
che questo pilastro normativo è stato sistematicamente disatteso,
gettando un’ombra pesante sulla validità e applicabilità dell’intero
impianto legislativo.

La Clausola di Revisione: Garanzia di Scientificità e Proporzionalità

L’articolo 1-ter della Legge 119/2017 è inequivocabile, esso stabilisce che,
a partire da tre anni dopo l’entrata in vigore della legge e con successiva
cadenza triennale, il Ministro della Salute ha il dovere di valutare la
situazione epidemiologica, le coperture raggiunte e le reazioni avverse
segnalate. Sulla base di questi dati, e dopo aver consultato i massimi
organi tecnico-scientifici (Consiglio Superiore di Sanità, AIFA, Istituto
Superiore di Sanità) e la Conferenza Stato-Regioni, il Ministro può
decretare la cessazione dell’obbligo per una o più delle vaccinazioni  previste.

Art. 1-ter: Sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali
reazioni avverse segnalate […] e delle coperture vaccinali raggiunte […],
il Ministro della salute, con decreto da adottare decorsi tre anni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e
successivamente con cadenza triennale […] può disporre la cessazione
dell’obbligatorietà per una o più delle vaccinazioni […] .

Questa non è una mera formalità burocratica, ma il cuore pulsante della
legge: un meccanismo progettato per assicurare che una misura così
incisiva come l’obbligo vaccinale rimanga sempre proporzionata,
necessaria e ancorata all’evidenza scientifica. La sua mancata attivazione
svuota la legge della sua stessa ratio.

Le Risposte delle Istituzioni, mettono a nudo l’inadempienza

Grazie a una serie di istanze di accesso agli atti (FOIA) presentate tra
gennaio e febbraio 2025 dal Comitato Fortitudo, è emerso un quadro
sconcertante. Le richieste miravano a ottenere i dati epidemiologici e
sulle reazioni avverse che avrebbero dovuto costituire la base per le
relazioni triennali del 2020 e del 2023. Le risposte delle istituzioni
coinvolte delineano un rimpallo di responsabilità che culmina in
un’ammissione di fatto: la revisione non è stata fatta.

1. Il Ministero della Salute: Con una nota del 5 febbraio 2025, ha
dichiarato candidamente che “agli atti di questa Direzione generale
non sono presenti i documenti e le informazioni riferibili
all’istanza”, trasmettendo la richiesta all’AIFA.

2. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): In data 26 febbraio 2025,
ha eccepito l'”inammissibilità della richiesta in quanto AIFA non
detiene i dati richiesti in quanto afferenti ad una attività che esula
dalle proprie competenze”. Pur fornendo una relazione annuale del
2019 (prevista da un altro comma della legge), l’AIFA si è di fatto
chiamata fuori dalla valutazione triennale.

3. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS): Ha chiarito di inviare al
Ministero una propria relazione tecnico-scientifica, ma ha precisato
che la responsabilità ultima di redigere e trasmettere la relazione
triennale alle Camere spetta al Ministero della Salute, il quale, come
visto, ha già dichiarato di non possederla.

La documentazione fondamentale per la revisione obbligatoria per legge  non è stata prodotta né nel 2020 né nel 2023. L’obbligo di verifica,
imposto dalla stessa legge che impone l’obbligo di vaccinazione, è stato
ignorato.

Conseguenze Giuridiche

Se una norma prevede un meccanismo di autoverifica e questo non viene
attivato, la sua stessa forza precettiva viene meno. L’omissione della
revisione triennale non è un vizio sanabile con il tempo; è
un’inadempienza continuata che mina le fondamenta su cui poggia
l’obbligatorietà. In un sistema basato sulla certezza del diritto,
l’inosservanza di un adempimento così cruciale rende l’applicazione
della legge potenzialmente illegittima, ricordando che la Legge 119/2017
è sottoposta a riserva di legge, un principio giuridico sancito dalla
Costituzione italiana, secondo cui determinate materie possono essere
disciplinate esclusivamente dalla legge formale, cioè da atti approvati dal
Parlamento e non atti amministrativi o normativi di rango inferiore.

In ambito sanitario, tale principio trova fondamento nell’art. 32 Costituzione, che introduce una riserva di legge assoluta per i
trattamenti sanitari obbligatori, come le vaccinazioni. Sebbene solo un
tribunale possa dichiarare formalmente l’inapplicabilità della norma in
un caso specifico, è evidente che qualsiasi sanzione o diniego di accesso
ai servizi educativi basato su questa legge è ora esposto a fondati ricorsi
legali. La mancata revisione costituisce un vulnus normativo che
compromette gravemente la validità della legge nel tempo, trasformando
un obbligo condizionato in un’imposizione assoluta e non verificata, in
contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità
dei trattamenti sanitari obbligatori, più volte ribaditi dalla Corte
Costituzionale.

Scelte Politiche in Assenza di Dati?

Questo vuoto di controllo sugli obblighi esistenti appare ancora più grave
se si considera il contesto più ampio delle politiche vaccinali. Il Piano
Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2023-2025, ad esempio, ha
continuato a spingere su nuove raccomandazioni, come l’estensione della
profilassi antinfluenzale ai bambini sani nella fascia d’età 6 mesi – 6
anni.

Come evidenziato dal comunicato della Commissione Medico-Scientifica
Indipendente (CMSi) del luglio 2023, tali decisioni vengono prese mentre
persistono dubbi sui requisiti costituzionali di alcuni degli stessi vaccini
pediatrici già obbligatori, che secondo la CMSi non soddisferebbero il  criterio di “proteggere gli altri” richiesto dalla Consulta.

L’introduzione di nuove raccomandazioni, in un quadro in cui il sistema
di controllo e revisione degli obblighi vigenti è palesemente inattivo,
appare più come una scelta politica che come una decisione ponderata
basata su dati scientifici solidi e su una valutazione aggiornata del
rapporto rischi/benefici. Se lo Stato non adempie al suo dovere di
verificare periodicamente la necessità delle imposizioni sanitarie già in
essere, con quale autorevolezza può proporne di nuove?

La soluzione richiederebbe un ripristino della Legalità

La situazione attuale richiede un intervento immediato per sanare una
ferita profonda al principio di legalità.

1. Adempimento Immediato: Il Ministro della Salute deve senza
ulteriore indugio produrre e trasmettere alle Camere le relazioni
triennali mancanti, motivando il ritardo e basandole su dati
epidemiologici attuali e trasparenti.

2. Intervento Parlamentare: Il Parlamento, quale organo sovrano e
destinatario finale della relazione, dovrebbe esigere il rispetto della
legge, eventualmente avviando un’indagine per accertare le
responsabilità di questa grave omissione.

3. Tutela Giurisdizionale: I cittadini hanno il diritto di sollevare in
sede giudiziaria l’eccezione di inapplicabilità della legge per
mancato rispetto di una sua condizione essenziale.

In conclusione, la mancata revisione della Legge 119/2017 non è un
cavillo legale, ma la disattivazione del meccanismo di garanzia che ne
legittima l’esistenza. Si è creato un paradosso in cui una legge che
impone un obbligo ai cittadini viene violata proprio dalle istituzioni che
dovrebbero garantirne la corretta e proporzionata applicazione.
Continuare a imporre doveri ignorando i propri, mina la fiducia dei
cittadini nelle istituzioni e trasforma la tutela della salute pubblica da un
obiettivo condiviso a un atto d’imperio privo delle necessarie garanzie
democratiche e scientifiche. È imperativo ripristinare la legalità, non solo
per tutelare i diritti individuali, ma per preservare la credibilità stessa
del nostro sistema sanitario e giuridico.

Avv. Francesco Paolo Cinquemani

Fonte: quotidiano sociale