Simone Muratore, promessa mantenuta del calcio che chiude a 26 anni per un tumore "post vaccinale" al cervello

Non solo l'ex di Juventus, Atalanta e Reggiana: 800 atleti caduti solo nel 2023, di più nel 2024. E nelle scuole, già in quelle elementari, non si contano i ricoveri di bambini con improvvise patologie cardiache. Ma guai a parlarne! "E' sempre successo" e morta lì.

“Non ero più lo stesso” dice Simone Muratore. Ci credo, ha dovuto reimparare a muoversi, parlare, respirare, vivere, se il suo può ancora chiamarsi vivere. Va in pensione, a 26 anni, verso un futuro troppo precoce e troppo scuro per poter essere riempito. Non era “una giovane promessa” del pallone, era una promessa mantenuta, passato per Juventus, Atalanta, per la Nazionale juniores, per i primi successi, i primi trofei. Poi lo mandano alla Reggiana, dove nel 2021 lo vaccinano come i compagni, tutti, di tutte le squadre e, come è come non è, dopo poche settimane si scopre un cancro al cervello. Hanno niente da dire i propagandisti vaccinali, “non ha risolto ma ci ha salvato”, ai quali va tutto il nostro disprezzo e neppure basta? Finire di giocare a 26 anni per un tumore in testa, doversi rifare una vita ancora ragazzo. “Avevo paura di non svegliarmi più”. Per forza, ma neppure lui parlerà, neppure lui ammetterà o almeno ipotizzerà il minimo sindacale che la decenza reclama. Se no nel mondo dello sport, magari come factotum, non ci resta e neppure lo chiamano, eventualmente, ai programmi zoccoleschi dell'esibizionismo laido Ci ho provato con tutto se stesso, dice Muratore, ma se ti operano al cervello che altro puoi fare? “Non ero più come prima, ci sono stati giorni che facevo fatica anche ad alzarmi dal letto eppure ero in via di guarigione”. Se può consolarlo chi scrive fatica ancora oggi, otto mesi dopo la fine di una chemioterapia spaventosa, durante la quale sono finito più volte in ospedale, una delle quali dato quasi per spacciato. E ancora oggi mi può capitare di spegnermi di colpo, mentre sto parlano o mangiando, come si spegne una candela, come finisce la carica al robottino delle pile, nello sgomento dei presenti. Una cosa umiliante, che poi debbono trascinarmi a braccia sulla poltrona o letto più vicini.

Tutto per una sporca faccenda chiamata Covid e chiamata vaccino: la stessa cosa, un intruglio di laboratorio per sfoltire – ha ragione Silvana de Mari – la popolazione in esubero, per renderla sterile, per costringerla a uno stato di permanente malattia o invalidità. Il cancro rovina e spaccia indifferentemente sierati e no, comunque contagiati a suo tempo. Cosa hanno da dire gli squallidi propagandisti del “è sempre successo”, del “il vaccino non sarà sicuro ma ci ha salvati”? Salvati da che? È dura accettare la propria devastazione solo per le facce dei politici di regime e dell'informazione parassitaria e ignobile, feccia che vorresti vedere, tutta insieme, al posto tuo, sulla stessa poltrona, però a oltranza. Simone Muratore può ancora ringraziare di essere vivo: gli 800 colleghi atleti solo nel 2023, gli altrettanti se non di più nel 2024 che si chiude, no; e siamo ancora all'inizio, la falcidie di sierati che cascano o si scoprono condannati dilaga di giorno in giorno. Basta scorrere questo stesso sito ogni giorno, ma neppure questo giornale può dar conto di tutti quelli che muoiono, sono troppi, sono innumerevoli. Per esempio l'altro calciatore, ex delle giovanili del Perugia, Giulio Chiani, 31 anni, arresosi ieri a una malattia incurabile che in pochi mesi lo ha mangiato. Ovviamente, nessuna consapevolezza quanto a dosi e correlazioni, nessuna ipotesi, l'informazione da Libro Cuore preferisce sprecarsi in accenti patetici, notazioni strappalacrime.

E che potrebbero dire se hanno il preciso ordine di tirar via? Se ancora oggi dopo milioni di morti in tre anni sono tenuti a ripetere che i vaccini salvano? “Viareggio, uccisa a 35 anni dalla malattia: il sorriso più amato”. Come? Ma sì, parlano di una povera barista, Martina Laura d'Amico, succhiata in 8 mesi da una misteriosa malattia “che le ha spento il sorriso”. E che altro volete sapere voi provocatori, voi ficcanaso novax? “E' arrivato questo momento tragico per tutti quelli che la conoscevano, che sono davvero tanti. Ormai era un volto conosciuto per la clientela con cui si era instaurato un bel rapporto. Amata da tutti per la sua gentilezza, generosità e disponibilità, questa notizia ha destato un dolore profondo non solo nei familiari, ma anche in tutti gli amici”. Poi dicono che l'intelligenza artificiale ucciderà il giornalismo, la scrittura. Quale scrittura, quale giornalismo? Al limite è un passo avanti, tenuto conto che i giornalisti, a parte i galoppini sconosciuti come gli estensori di questa robaccia, rispondo ai nomi purtroppo più diffusi di Scanzi, Parenzo, eccetera, per dire quelli che invitavano a sputare nei piatti dei novax, che si divertivano a vederli morire come mosche. A questi chiedi un minimo di oggettività, di mestiere? O ai finti ragionevoli che avvolgono la realtà nella stagnola bugiarda della propaganda? Intanto, senza che se ne sappia niente, gli istituti didattici dalle Alpi al Lilibeo, a partire dai più precoci, versano in stato di allerta se non di emergenza: per il Covid risorgente? No, per le conseguenze dei vaccini, come nel plesso delle scuole elementari di Greve in Chianti dove nel giro di dieci giorni due bambini vengono portati all'ospedale, in ambulanza, per problemi cardiaci. Dice una maestra, naturalmente dietro garanzia di anonimato: “Mai successa una cosa simile in trent'anni di insegnamento. Bambini con problemi al cuore!”. È sempre successo? Anche io quando stavo in reparto di ematologia sentivo mormorare: non sappiamo più dove mettervi da due anni, tra linfomi, mielomi e leucemie siamo sommersi. Poi arrivava l'infermiera ringhiando perché tenevo la mascherina storta, la mascherina che serviva a niente in una sala di tutti malati di cancro “ma qui comandiamo noi”.