Vaccino Covid, quella sospetta epidemia di morti sospette (che non si fermano)
Ormai la casistica è a valanga, impossibile registrare i decessi improvvisi, fulminei, inaspettati. E chi si è salvato, in qualche modo, torna a raccontare il trauma delle cure sbagliate, delle persecuzioni, dell'isolamento, dell'odio.
Che c’è di nuovo ad Ascoli? Una sospetta epidemia di morti sospette. Ecco solo le ultime: muore, per una lunga malattia “che si era aggravata negli ultimi tempi” la professoressa 47enne Simona Quero. Muore ad Acquasanta, borgo confinante la maestra d’infanzia Ivana Amatucci, 56 anni: “Da qualche tempo stava lottando contro una brutta malattia”. Muore improvvisamente a casa sua la 67enne Donatella Stallone, “inutili i soccorsi”. E Ascoli è solo una città. Anche dove sto io, a Porto San Giorgio, 30 km da Ascoli, molti non li vedo più, tutti morti repentinamente o improvvisamente negli ultimi due anni e so che erano vaccinati. Ancora Marche, questa volta del nord, e un’altra maestra: S. M., 46enne dell’Anconetano, lotta da dieci anni con un melanoma aggressivo che “negli ultimi mesi è tornato più aggressivo che mai e l’intervento chirurgico alle metastasi cerebrali non ha dato i risultati sperati”. L’insegnante adesso si rivolge, quale ultima spes, a centri specializzati esteri, a trial costosissimi. Ma cosa è successo “negli ultimi mesi”? Non è dato saperlo, forse una degenerazione legata al male, sta di fatto che di melanomi recidivi la casistica dei trivaccinati straripa. Anche nel Trevigiano non si scherza: la quarantenne Barbara Costacurta, una passione per la palestra, si sente male dopo un allenamento, vomita, attribuisce il malore allo sforzo, invece è la spia di un cancro che in otto settimane insorge e la divora, la elimina. Dice il compagno, Alberto: «È stato un tumore velocissimo e crudele, partito da un organo e in brevissimo tempo ne ha aggrediti altri. L’ho vista spegnersi. Sono sempre stato accanto a lei, è un dolore che non conosce sosta». Proprio come avevano avvertito fior di luminari, puntualmente isolati, dannati, perfino radiati. Ha riassunto in modo spietato, ma preciso, una di loro, il medico Silvana De Mari, oggi giornalista e scrittrice: “Una malattia virale con una mortalità non superiore a quella di tutte le altre influenze è stata trasformata in un disastro sanitario, sociale ed economico. Le terapie corrette sono state vietate. La popolazione è stata messa agli arresti domi-ciliari causando il crollo del si-stema immunitario oltre che dell’economia. Sono stati imposti isolamento sociale, mascherine e coprifuoco di cui nessuno ha mai dimostrato l’utilità. Sono stati imposti farmaci sperimentali di efficacia minima e pericolosità massima. I presidenti degli Ordini dei medici hanno apposto la loro firma a raccomandate o pec inviate ai colleghi dove si dichiarava la scemenza della piena utilità di questi farmaci nel prevenire la trasmissione della malattia e si imponeva la loro inoculazione se si voleva continuare a lavorare. Si tratta di farmaci che hanno scritto sul foglietto illustrativo che ne sono ignoti gli effetti a distanza. Quelli noti sono spaventosi”.
E più spaventoso è che ci abbiano obbligato a tutto questo, distruggendoci a centinaia di migliaia, a milioni, per il puro gusto di farlo. Neanche a farlo apposta, mi arriva un’altra testimonianza di quanto ci hanno fatto, del tempo spaventoso di cui parla Silvana, un abominio per il quale nessuno pagherà se non le vittime.
“Lavoro come segretaria in ospedale, verso fine febbraio 2020 ho preso il covid, solo tosse che peggiorava giorni in giorno, ma ancora non si sapeva, non ho infettato nessuno dei colleghi. A fine febbraio arriva una febbre molto alta, in tre giorni mi mette ko, chiamo il 118, sia l'operatore che il medico mi dicono che nessuno può venire a visitarmi per ordini dettati dall'alto, la discussione dura poco. Penso che da lì a poco sarei morta, ma che forse era un inganno delle istituzioni. Nel mentre infetto mio marito che dopo due/tre giorni fatica a respirare. Chiamo nuovamente il 118, decisa a chiamare anche i carabinieri. L'operatrice mi tranquillizza e manda l'ambulanza, ci ricoverano in reparti diversi, durante la notte ci fanno il test e ci dicono che si tratta della Covid. Lo scenario che si presenta in reparto fa paura, mi fa capire che ho preso qualcosa di grave, morirò sicuramente. Nella mia mente passa ogni sorta di pensiero, non mi danno pace. Le cure tardano ad arrivare, intanto mi mettono l'ossigeno. Dopo due giorni la terapia, piano piano mi riprendo. Dopo circa due settimane mi dimettono perché avevano bisogno di posti, la mia convalescenza a casa durerà 5 mesi. Torno a lavorare. Arrivano i vaccini, io rifiuto, riesco a procurarmi l'esenzione per tre mesi, visto che ero già immunizzata, e con problemi cronici di salute. Sicuramente puoi immaginare come sono stata trattata dai colleghi. Vengo messa in isolamento per tre mesi, senza poter uscire ne per riscaldare il cibo ne per altro, solo per andare in bagno e con la mascherina. Il primo giorno, ricevo visita dal capo dipartimento che mi sollecita a lasciare il posto di lavoro perché senza vaccino e senza tampone, gli mostro le mie esenzioni e la lettera dell'avvocato. Mi lasciano in quella stanza tre mesi a guardare i muri senza lavoro. Scaduta l'esenzione fanno di tutto per non rinnovarla e mi sospendono senza stipendio. Ho fatto ricorso, la sentenza non è ancora decisa, il giudice ha solo tenuto conto della richiesta dell'ASL, cioè se veramente avevo diritto all'esenzione dalla vaccinazione, di tutto quello che ho vissuto, subito e dei fatti accaduti, per ora non c'è traccia di espressione. Ho rischiato di morire per omissione di soccorso e se mi fossi lasciata vaccinare per ricatto, avrei corso lo stesso rischio. Ho vissuto momenti terribili Max, ancora oggi mi stendo vibrare dentro di me quando ne parlo, ho vissuto la paura più buia per la prima volta.
Grazie ad un gravissimo incidente stradale (che mi ha fatto conoscere a 360 gradi la sanità e le istituzioni) ad oggi ho fatto 60 ricoveri, mai nella mia vita ho avuto paura di stare in un letto d'ospedale, mai ho avuto tanta paura dei medici, anche se poco li stimavo....non avevo paura di morire, ma di tutto ciò che mi circondava, dei loro comportamenti. Penso tu possa capire. Rosita”.
Certo che posso capire. Sono altri a non voler capire. “Si è spento a soli 37 anni Marco Petrini, conosciuto sui social come “DottorPet” il veterinario più famoso della rete. Per cosa? Per un “male incurabile” giunto improvvisamente. E giù con l’aneddotica per non dire, per non spiegare. Posso capire cosa ci hanno fatto, cosa vogliono continuare a farci, non perché l’informazione, la gente, le stesse vittime continuino a nascondersi la realtà. E, sinceramente, non ho più la voglia e la forza di provare a capirlo.