Di Baricco, di romanzi, di effetti avversi e di vaccini a "schema Ponzi"

Lo scrittore va dal solito Fazio a parlare della sua malattia: e va benissimo, ma perché non raccontare tutto fino in fondo? Intanto, l'ennesimo battage per i vaccini a rMNA si sposta sul melanoma: ma che vaccino è se invece di prevenire, di immunizzare, cura?

Alessandro Baricco, lo scrittore, è andato a fare romanzo di formazione dal ciambellano Fabio Fazio e la propaganda di regime lo ha subito raccolto integralmente, letteralmente: che non venga persa una sillaba, un sospiro, un passaggio. Propaganda di che? È facile intuirlo, comunque ci arriviamo tra un attimo. Ma che dovrebbe scrivere uno come me, che con Baricco condivide la condizione di malato? Difatti molte cose che racconta Baricco sono più che condivisibili, sono identificative: la scelta di raccontare tutto, perché se sei un personaggio pubblico non ha senso nascondere e la tua latitanza, che sai già ti ghermirà, la devi spiegare in qualche modo. La scoperta, tutt’altro che scontata, di un affetto diffuso, che ti raggiunge, ti copre. L’incontro con tanta umanità insospettata e meravigliosa, donne soprattutto, nelle cui mani letteralmente ti consegni. Il “volersi” sentire bene, dopo mesi, anche se bene non stai affatto, quel cercare di accontentarsi di ogni minimo o illusorio progresso, la sensazione ricorrente di non farcela; e quella fatica, quella spossatezza abissale per cui anche lavarsi i denti diventa un’impresa, per lo più disperata. Così ti lascia il male e insieme l’antidoto, quelle chemio che sono effettivamente devastanti, che ti abituano a sentirti perennemente invalido, bisognoso e dunque umiliato. Io sono mesi che rimando viaggi anche urgenti, ma so benissimo che la mia autonomia va dalle 8 del mattino alle 2 del pomeriggio, dopo c’è il crollo, atteso, fatale, e da lì non mi muovo più dal letto fino al giorno seguente. “Non dico che sei una pianta, però…”. Però sì, sei una pianta, un vegetale, hai bisogno anche di chi ti porta l’acqua, questo è: il resto sono bugie più o meno pietose, ma chi si prende una leucemia, un linfoma sa che a tanto va incontro: e, bene che gli vada, durerà a lungo, perderà mesi, anni.

Fin qui la solidarietà identificativa. Che finisce di botto quando Baricco si mette a romanzare e così affonda nel banale. Le crisi di panico che sarebbero “una risposta geniale del fisico, non ti vuoi dire che non stai bene e te lo dice lui”. Cazzate monumentali: io me lo dicevo di continuo che non stavo bene, non avevo bisogno della coscienza del fisico, oltre al linfoma avevo una spalla sbriciolata per un incidente, figurati se potevo mentirmi. E le crisi di panico arrivavano per quello, aggravate dall’overdose di antidolorifici oppiacei per eludere un dolore fisico atroce. Ma dire che a un certo punto davo i numeri sarebbe edulcorare pietosamente, ero in dipendenza conclamata da overdose e, esattamente come una rockstar scriteriata, ho strappato via tutto. Ho subito tutti gli choc, i contraccolpi, il sudore ghiaccio di notte, ma nel giro di qualche giorno mi sono ripulito. Tenendomi il dolore. Non dormendo più che qualche minuto a notte per almeno 4 mesi.

Qui l’analogia con lo scrittore piddino, che teorizzava una dittatura buona con Veltroni capo della Cultura, è già finita. Baricco è andato a propagandare non tanto se stesso, non tanto il suo ultimo libro, ma un regime che neppure oggi arriva a criticare. Esattamente come altri, come tutti gli altri nella nostra condizione. Lui non dice una parola – né, certamente, Fazio lo stimola – quanto a politiche sanitarie, chiusure, ricatti, e, soprattutto, vaccini obbligati. Sappiamo che la diagnosi di leucemia arriva nel 2022, presumibilmente dopo le somministrazioni, e abbiamo tutti i motivi di credere che Baricco, in piena ortodossia piddina, abbia fatto tutto, assunto tutto ciò che il regime a lui consono gli diceva; ma almeno la coincidenza temporale andava, andrebbe ammessa. Quante dosi, Baricco? E la diagnosi dopo quanti mesi? E davvero non c’erano stati sintomi, mutamenti nel “corpo geniale”, immediatamente dopo? A me sì, sono capitati, ho deciso di conviverci e intanto il linfoma “indolente” scavava, scavava. Ma lo sentivo, l’ho percepito subito che qualcosa era cambiato. Che c’era come una bestia cattiva, dentro, che mangiava. Che il mio corpo, forse non geniale come quello di Baricco, non rispondeva più adeguatamente: era come staccato dalla mente, dalla volontà: di colpo cadeva, sul letto, su una panchina, e la gente passando guardava esterrefatta: Gli amici mi vedevano peggiorare sempre: io sceglievo di non scegliere, di non farmi vedere: il corpo disubbidiva: 40 anni che vado in scooter, mai una indecisione, nell’ultimo sono caduto tre volte, l’ultima, quella micidiale, mi ha distrutto metà fisico a partire dalla spalla e da lì mi hanno finalmente fatto tutte le analisi e hanno scoperto i linfonodi sospetti.

Perché Baricco tace? Perché dice di stare tranquilli, che il suo male è “una anomalia che colpisce uno su centomila”? Tecnicamente può essere così, scientificamente e statisticamente non più: forme come la sua e la mia risultano esplose, vedi caso, negli ultimi due, tre anni e ufficialmente nessuno sa dire perché. Il che equivale a dire che il perché lo sanno ma non possono ammetterlo: crollerebbe la narrazione, giusto? E poi, si dice, che succede con la gente che non si vaccina più?

Ma la gente, narrazione o no, fatalismo baricchiano o no, non si vaccina più lo stesso, per saturazione, per paura. Perché gli Stranamore della finanza sanitaria nel loro delirio di onnipotenza non sanno fermarsi mai, sono convinti che la gente basta ricattarla, terrorizzarla, e ci casca a vita, in modo circolare: adesso annunciano un vaccino “contro il cancro” e impongono dappertutto la narrazione del settantenne, medico peraltro, in funzione di influencer oncologico, curato al Pascale di Napoli col “vaccino sperimentale”. Sia chiaro, quando uno ha un cancro, un melanoma, si aggrappa a qualsiasi prospettiva, qualsiasi soluzione scientifica ed è giusto così. Il problema è che qui tutto puzza curiosamente di propaganda, ancora una volta: vaccino e sperimentale è pressappoco un ossimoro scientifico: un vaccino previene, non cura una malattia in corso; se la cura, auspicabilmente con successo, è altro. Inoltre, la sperimentazione andrebbe perfezionata prima: non sul corpo del paziente, come hanno fatto sulla popolazione mondiale coi sieri anticovid. E difatti la tecnologia risulta essere la stessa, la ormai famigerata a rMna messaggero, approntata, questo non si manca mai di citarlo, in un battage ossessivo e discretamente orrendo, da Moderna: uno dei due colossi del vaccino Covid, oggi con enormi problemi d’immagine. La terapia “sperimentale” dura un anno, prevede 8 dosi (sic!) e si affianca a quella canonica a base di chemio. Vuol dire che è ancora tutto da verificare, da confermare. Sperimentale. La tempistica è perfetta, sia per rilanciare la campagna pubblicitaria sui vaccini del covid, che nessuno vuole più, sia in riferimento alle torbide profezie del farabutto a capo della corruptissima OMS: preparatevi, arriva una nuova pandemia X, non sappiamo che è ma abbiamo già il vaccino. In pratica, per "prevenire" il Covid (senza successo) ti danno un vaccino che ti scatena un melanoma che richiede un vaccino per curarlo senza avere un'idea di quali nuove malattie, e dunque vaccini, serviranno. La scienza medica ridotta a uno schema Ponzi.

Ora, al paziente X, come al romanziere piddino, noi auguriamo – a loro e noi stessi, se è lecito – la migliore fortuna, per qualsiasi strada e terapia e sperimento possa scorrere. Ma perché non dire che il signor X si era scoperto “un melanoma due anni fa”, dunque, presumibilmente, a ridosso di non si sa quante dosi di vaccino anticovid? E non sono illazioni del giornalista ossessionato: io potrei portare il caso, fra molti altri, tra i quali quello della nota collega Paola Ferrari, di un parente al quale, dopo avere sconfitto una prima forma tumorale, si ripresentò per l’appunto un melanoma (uno degli “effetti avversi” più ricorrenti, è stato dimostrato), al che il medico curante vietò tassativamente di procedere ad ulteriori somministrazioni di vaccino: e sarebbe stata la quarta. Questo parente si è salvato con lunghe cure “non sperimentali”, ma, soprattutto, per l’intervento del suo medico: con una dose in più, sarebbe stato condannato e lo sa. Ora, signori De Renzis Alfredo e Baricco Alessandro, e Giovanni Allevi, stessa identica malattia di Baricco, perché non la cantate intera la vostra Messa? Perché non confessate almeno quei dubbi che sicuramente avete, che non potete non avere? Di che avete paura, compagni (di malattia)?