Altri malati di vaccino: noi distesi in un corridoio d'ospedale, mentre aspettiamo la giustizia
Vi racconto altre storie di infermità dopo le dosi. Scoprirle è facile, basta ammalarsi a propria volta e girare per ospedali come trottole infette
Chiedo scusa se la meno ancora col mio linfoma ma sospetto non sia tanto il trauma da elaborare in funzione narcisistica quanto il fatto, inevitabile, che questa malattia mi diventa paradigmatica: l’ho presa, non c’è dubbio, per il vaccino, dopo il vaccino – “Lei ce l’ha da diverso tempo, è rimasta lì” – e mi costringe a continue conferme. Per cui se volete togliervi dubbi residui, se volete odiare santamente questa informazione troiona che ad ogni morte sospetta non sa spiegare ma precisa “il vaccino non c’entra”, l’excusatio non petita che è come un’autoaccusa, non vi resta che fare come me: ammalatevi di brutto e poi fatevi trasportare per ospedali: lungo quei corridoi tetri, in quelle corsie meste, avvitati nell’attesa di un’altra biopsia troverete altri come voi, con storie da raccontare che forse nessuno mai saprà. Tranne un vicino di fila. Ecco l’ultima, la più fresca per il momento, quanto ad esperienza personale. È un anziano, un vecchio, ma poi chissà quanto, non saprei dire precisamente, potrà avere settanta anni, dieci di meno, la mia età, o dieci di più, è di quell’annosità contadina che cancella l’anagrafe e lascia tratti imperscrutabili, ma segnati, sotto la canizie rasata. Si dispera, bestemmia perfino: le due, le tre dosi, racconta al vicino, la vista che va via, l’udito che sparisce, le gambe che gli muoiono. E non può essere un caso, aggiunge, io mi ero appena vaccinato. Scuote la testa. Adesso è qui, a medicarsi non so per quale accidente, forse sarà caduto, forse qualcosa di peggio, sta di fatto che non ne esce bene: mezzo sordo, mezzo cieco e impoverito: gambe di marmo, non può più guidare. Gli tolgono la patente. Deve andare, col figlio, fino a Reggio Emilia, e non chiedetemi perché, a scovare una di quelle automobilette, no, non elettriche, che fa moda, di quelle per disabili. Perché oramai è un disabile. Quelle scatolette, piccole adorabili strazianti bare viaggianti che si guidano senza patente, che può condurre anche un bambino, uno scemo o uno sciancato. Un vecchio. “Ho speso tremila euro e adesso non ne ho più”. Già, c’è anche questo dentro una malattia.
Dice tutto con immensa rassegnata tristezza e lo sento vicino e non so che dirgli se non guarda, a me il vaccino ha fatto questo: cancro, un linfoma, e quello salta quasi, con le gambe che non ha più; bestemmia, “allora a te t’è andata peggio”. Non è il mal comune e non è il mors tua, non gliene voglio. È la stanchezza del malato che pensa, forse, tutto sommato, potevo uscirne ancora più a malpartito; o per niente. Lo capisco, adesso ci son dentro anch’io. Prospettive falsate della psiche, abissi nei quali non avresti mi detto di cadere. Umanissimi abbruttimenti. E invece, invece. In Israele, oltre alle note tragedie, una recondita, ma mette voglia di urlare: il ragazzino di 8 anni scelto da testimonial per i vaccini, morto di colpo. L’hanno usato da cavia, e lui sorrideva sui manifesti “vaccinatevi tutti”. Sorride ancora, ma non c’è più. Sotto, un laido di cronista ha scritto: ma il vaccino non c’entra, e io gli auguro di provare, di fare a cambio col vaccino o, al limite, con me. Anche in Argentina lo stesso, ma il bimbo aveva 4 anni. Ne hanno fatto vittime sacrificali e sono migliaia, migliaia di migliaia. E anche gli adolescenti, gli adulti. Vicino a dove vivo una di 14 anni. “Addio angelo, ma il vaccino non c’entra”. Angelo un cazzo.
Non c’entra? Ha ragione l’amica Silvana de Mari, hanno ipnotizzato tutti. Medici, giornalisti, puttane del regime. Ha ragione ma io difendo l’avamposto di una riserva: si fa ipnotizzare chiunque, ma solo i vigliacchi per genetica poi non tornano indietro. Davanti a deserti di cimiteri, si torna indietro. Sotto tonnellate di riscontri, si torna indietro. Contro oceani di studi, di statistiche, di casistiche, di evidenze, di testimonianze, si torna indietro. Dove molti non tornano, è dalla malattia e io quando vedo uno qualsiasi di questi dittatori falsamente morbidi, questi tenutari del regime, si chiamino Mattarella, Conte, Draghi, Speranza, Sileri, CTS, ISS, Aifa, virologi, o i giornalisti che se lo facevano venire duro tirando fuori il greenpass, che auguravano ai non vaccinati di “morire come mosche”, di “ridursi a poltiglia verde”, e sono i Labate, le Lucarelli, gli Scanzi, pagati anche oggi per andare in televisione, insieme a decine di altri, quando vedo i preti di una Chiesa fellona che ha chiuso in faccia ai fedeli le porte della speranza, quando vedo questo papa incredibile e collaborazionista, quando vedo un politicante di merda, da sinistra a destra – da sinistra a destra, perché dentro ci stanno tutti e la commissione d’inchiesta difatti non lla fanno - no, io non maledico, non insulto, non inveisco: mi limito a mormorare, tu mi hai fatto questo, se io sto come sto, in una corsia, malato tra malati, a spartire storie ingiuste di malattia e di paura, di analisi e di buchi, di ricuciture e di verdetti, la colpa è tua. Tu, mi hai fatto questo. Tu, un giorno, in questa vita o in un’altra, spero che pagherai, non per me ma per amor di giustizia, per quell’equilibrio della logica che non si spiega ma che, se salta, non resta poi più molto per lottare.
di Max del Papa