Johnson & Johnson, causa sul talco cancerogeno con tracce di amianto: proposta da $9 mld per chiuderla

La casa farmaceutica, produttrice anche del vaccino Covid, vuole mettere fine al contenzioso che in 25 anni l'ha vista sul banco degli imputati per centinaia di cause di malati di cancro

Con 9 miliardi di dollari Johnson & Johnson vuole risolvere il contenzioso della polvere di talco cancerogena. In 25 anni la casa farmaceutica, ora tornata alla ribalta per il suo vaccino covid, è stata imputata in centinaia di processi intentati da malati di cancro. 

Johnson & Johnson: $9 mld per chiudere causa su talco cancerogeno

L’americana Johnson & Johnson, fanno sapere i suoi legali, ha proposto un accordo di 8,9 miliardi di dollari per mettere fine al processo che da anni la vede sul banco degli imputati. L’azienda, una fra le principali nel settore farmaceutico e dei prodotti per l’igiene personale, è stata accusata di aver messo in commercio prodotti cancerogeni. Migliaia le cause che ha dovuto affrontare a causa di un talco contenente tracce di amianto, ritenuto da molti causa di cancro alle ovaie.

L’azienda con sede in New Jersey, fanno sapere sempre gli avvocati, non intende, con questa proposta di accordo, ammettere un proprio illecito. "La società”, ha dichiarato il vice Presidente Erik Haas "continua a credere che queste affermazioni siano pretestuose e prive di valore scientifico".

Johnson & Johnson, infatti, continua ad affermare la sicurezza dei suoi prodotti in polvere di talco. La proposta di accordo viene quindi giustificata dalla volontà di chiudere in fretta una causa il cui prosieguo non può che danneggiare l’immagine dell’azienda.

Non è la prima volta che Johnson & Johnson propone un accordo di questo tipo. In passato, erano già stati offerti 2 miliardi di dollari per chiudere il contenzioso, iniziativa però bloccata dal tribunale. Ed è proprio il tribunale che dovrà ora pronunciarsi su questa seconda offerta, ancor più sostanziosa. 

Nel frattempo, la polvere di talco incriminata è stata tolta dai mercati di Canada e Stati Uniti da almeno tre anni. Le polemiche attorno a questa vicenda, invece, si immagina andranno avanti ancora a lungo.