L'intervista alla ricercatrice Frasca è dirompente perché conferma ciò che si sapeva ma non si doveva dire
Sui vaccini, la immunologa dell'ISS racconta, da scienziata, le conseguenze dei vaccini. Ma c'è un altro passaggio decisivo: dove si accenna al fanatismo contrapposto delle due tribù, provax e novax: è questo ad avere ingenerato confusione e incertezza.
L'intervista esclusiva di questo giornale alla ricercatrice Loredana Frasca è di quelle che nell'ambiente molto si mormorano ma poco si diffondono, possedendo la dirompenza non dell'inedito ma del risaputo, in forma di conferma: si sapeva, dunque andava taciuto, che i vaccini erano pericolosi, si sapeva, pertanto non andava detto, che i loro effetti fossero imprevedibili ma tali da indurre apprensione, almeno nella comunità scientifica provvista di coscienza, si sapeva che non servivano più di tanto a contenere il virus. Un virus che alla prova dei fatti si è rivelato, nelle sue mutazioni, comune a quello di qualsiasi altra influenza. Anche quanto a vittime autentiche del Covid, non alle manipolazioni statistiche, ai magheggi ospedalieri, molto resta da scoprire, da ammettere. Da confermare. Ma ci si arriverà, magari tardi, a fatica ma si verrà a sapere anche su questo aspetto che, del resto, è di suo già ampiamente mormorato. L'intervista della ricercatrice eretica in seno all'ISS è molto approfondita e non è questa la sede per riassumerla; direi, piuttosto, che se ne individuano alcuni punti fermi, il primo dei quali consiste nella natura sostanzialmente maligna di un farmaco fatto uscire sul mercato a tempo di record, vuoi per oggettive necessità di tutela sociale, vuoi per quelle necessità altrettanto oggettive che consistono nel profitto senza troppi scrupoli. La via crucis di conseguenze, di dolori articolari, di fastidi, di infiammazioni ricorrenti riferita dalla Frasca è quella patita da moltissimi e non ancora finita e forse destinata a non finire mai. La proteina Spike, in termini elementari, non si ferma là dove è stata iniettata, gira per l'organismo, lo contamina secondo una regola certa: il vaccino picchia là dove c'è già un ferita. Così si spiegano le risorgenze, quel riaccendersi di sclerosi, di tumori, di fuochi di sant'Antonio che parevano, se non debellati, almeno congelati, posti sotto controllo. E fin qui siamo alle reazioni avverse; un altro aspetto saliente dell'intervista sta nella copertura del mondo accademico e clinico, in quel sapere o almeno sospettare, e fortemente sospettare, quanto sarebbe accaduto ma chiudendosi tutti a testuggine in un'omerta mafiosa che, come ogni mafia, non trascura di isolare e distruggere chi ne esce e riferisce quello che sa.
Ne deriva una colossale operazione sia di controllo sia di profitto sulla pelle, è il caso di dirlo, di miliardi di potenziali ammalati che spesso si ammalano dopo, non prima, la somministrazione; e restano tali, vuoi per le ricadute organiche vuoi per il conseguenze ricorso ad ulteriori preparati che, mentre curano una sindrome, ne accendono altre, in un girone infernale senza uscita. Difatti siamo qua, a due anni dalle prime dosi, a lamentare capogiri, allergie, e tutto il resto del tormento riferito dalla ricercatrice “pentita”.
C'era una vera necessità di assumere questi vaccini, o preparati genici, in soggetti sani, dal sistema immunitario sano, magari anche contagiati ma con trascurabili conseguenze? No, non solo non c'era ma si sarebbe dovuta calibrare meglio l'assunzione. Specie per i più giovani. Leggendo l'intervista, chi scrive ritrovava le confidenze – riferite pubblicamente a suo tempo, mai contestate – ricevuta da un altro ricercatore, italiano ma di stanza negli Stati Uniti: mai sotto i 40 anni, sconsigliato fino ai 30, da vietare sotto i 20. oggi Frasca dice: se avessi fatto ammalare un figlio per questa campagna sconsiderata, mi suiciderei. È esattamente quanto hanno fatto milioni di famiglie, di padri e madri prima che il senso del buon senso, quella cautela che nasce da un sospetto istintivo inducesse a prudenza e a moderazione: da lì le vaccinazioni sono crollate in tutta Europa, col duplice risultato di renderle “non più necessarie”, vale a dire di fatto obbligatorie, quanto a dire la favola della volpe con l'uva; e di aprire la strada alle prime ammissioni, alle prime prese d'atto.
C'è però un aspetto, nella lunga riflessione di Loredana Frasca, che rischia di passare inosservato e invece è decisivo: la ricercatrice sostiene di essere oggi attaccata non solo dalla comunità omertosa, scentifica e mediatica, dei provax a tout prix: anche i novax la rifiutano, ne sospettano il gioco delle tre carte, da amica del giaguaro, parlar male dei vaccini “per rinforzare i vaccini”. E che altro doveva dire? Si è messa contro l'istituto per cui lavora, si è fatta emarginare dall'ambiente, pagherà conseguenze forse definitive: non basta? No, per i fanatici dell'altera pars non basta, doveva infilarci il minestrone complottista ribollente, il turboliberismo, big pharma, le torri gemelle, l'uomo sulla luna, Zelensky, il grafene, le leggende medievalistiche, lo scientismo magico, il vaccino come la strega di Biancaneve, esemplificazione del male puro che spiega i fallimenti personali e l'antivaccinismo duro come via di fuga esistenzialista, come il pescarese annoiato Cospito con l'anarchismo bombarolo. Voglio dire che la tragedia nella tragedia di questi vaccini affrettati, pericolosi, figli dell'irresponsabilità immorale neoliberista, sta pure nell'essersi incrociati due fanatismi allo specchio: quello di chi li vedeva come la panacea universale e l'altro di chi li vuole come strumenti della peste malthusiana. È per questo deficit di informazione seria, da ambo le parti, è per questa ossessione uguale e contraria, è per questo assurdo affidarsi all'immaginifico, non senza malizia, in luogo del più elementare senso della misura, che molti ci sono cascati; fra questi anche gente del mestiere come la Frasca: la quale all'inizio ha scelto, parole sue, il male minore o quello che credeva tale, non parendole possibile lo scenario apocalittico di chi appena ti incontrava ti appiccicava addosso monete e mazzi di chiavi per vedere se restavano sulla pelle, come fossi stato un albero di Natale. A me, da semplice giornalista, è successo precisamente quanto è successo alla scienziata eretica. Venivo invitato da una associazione cesenate “No Paura Day” all'insegna della libertà di scegliere e ci andavo ribadendo la libertà di scelta. Non nascondevo le mie perplessità sui vaccini ma, soprattutto, denunziavo l'intervento autoritario dello stato in merito. Poi, bombardato da fanatismi contrapposti, pressato da ricatti professionali, mi decidevo a procedere, stavo malissimo, accettavo il richiamo, stavo peggio e lì decidevo di finirla. A quel punto il No Paura Day mi richiamava a raccontarmi e qui i vecchi entusiasti, che si spellavano le mani ad ogni mia parola, li ritrovavo incarogniti, furibondi, qualche perdigiorno voleva arrivare al confronto fisico. Poi scoprivo che tra chi mi contestava come “traditore” c'erano quelli andati a vaccinarsi nella vicina san Marino credendo di non venire scoperti; e li vedevo, tutti questi ribelli in massa, transumare docilmente, trascinando le loro carabattole, da un punto all'altro dello spiazzo erboso secondo i capricci della Digos in osservazione. Per mesi i capetti mi avevano giurato che loro mai e poi mai sarebbero scesi a patti con alcun partito, che la politica era tutta laida, tutta d'accordo: e adesso li vedevo cedere alle lusinghe della politica, sparsi tra partiti istituzionali e movimenti casinisti senza speranza. Difatti ne venivano puniti in modo umiliante. Ma il lancio parlamentare nella “politica lercia” era quello che cercavano, dei vaccini e della libertà se ne fottevano. Ci fu pure qualche medico vaneggiante che arrivò al ricatto narcisistico: se chiamate quello, a me non mi vedete più. E poi venivo a sapere che la sua crociata non era per scrupolo sanitario ma per bieche ragioni familiari, i lockdown impedivano determinate attività dei figli. Non bastava, voglio dire, avere ragione a posteriori sui vaccini, contava, e conta, anche il modo di averla: voci serie ce n'erano tra gli scettici, ma venivano travolte dai muggiti e dai latrati dei lunatici e dei calcolatori. Come per ogni Sessantotto che si rispetti.
In questa temperie di militanze contrapposte e vaneggianti orientarsi era quasi impossibile e in moltissimi ci siamo caduti. Qualcuno è morto, qualche altro è lesionato, altri ancora faranno i conti per sempre con le conseguenze della propria ingenuità. Tra questi la ricercatrice Loredana Frasca che però a un dato momento, attese le evidenze, ha deciso di raccontare tutto quello che aveva scoperto. Lo ha fatto con questo giornale; e adesso consiglia, per andar sul sicuro, una serie infinita di analisi complicatissime, preoccupanti: sì, dottoressa, ma chi ha tempo e cuore per sottoporsi a un simile calvario dopo quello già passato? Molti, la maggioranza, al puntiglio dell'uomo di scienza preferiscono la rassegnazione comune, per dire che alzano le braccia: ormai quello che è fatto è fatto, o passa o me lo tengo ma di farmi passare allo scanner come un mutante per poi assumere integratori, antigenici, preparati a dozzine, a chili, non me lo sogno; meglio finirla qua, meglio la morte che verrà e avrà i tuoi occhi, caro ministro Speranza.