Antonella Viola, l’immunologa vuol vietarci il vino: in concordanza col nuovo ordine autoritario-paternalistico

La casta dei virologi, etichetta inflazionata, agisce in ordine sparso, per ambizioni personali ma all'interno di uno schema di dirigismo non solo sanitario: sono soldatini in prima linea sul fronte della riscrittura sociale.

Nella sortita antialcoolica, troppo alcoolica dell'Antonella Viola, la prezzemolina che vuol bandire il vino, abbiamo tutti guardato al dito anziché alla luna. Per dire del dirigismo sanitario che, in nome della millantata scienza, ha preso piede e stringe a cerchi concentrici mettendo tutti d'accordo da sinistra a destra: no alla cucina mediterranea sì alle cavallette, no al fumo neppure en plein air (sì alle canne, però, che “sono terapeutiche”), infine sia maledetto il vino: chi beve ce l'ha piccolo, dice Viola e intende il cervello, ma si può sentire una roba del genere? Impotenti cerebrali perché apprezziamo il nettare degli dèi? Omero celebra “il vino folle che fa cantare anche l'uomo più saggio”, Orazio ci esalta col nunc bibendum est, il padre Noe primo vignaiolo, il Vangelo dei vigna del Signore, il sangue di Cristo nell'Eucaristia, e l'Impero Romano che fu un impero di viticoltori, i baccanali che sono il culto di Bacco, dio del vino, e poi i benedettini e i cistercensi, santi cultori, il realismo indulgente di san Benedetto, “anche a ciò consentiamo, in modo però che non si beva fino alla sazietà”, il vino che per Vico, è fondativo, “verum esse ipsum factum”, bando alle chiacchiere dei fanatici e dei proibizionisti, la storia dell'uomo, e del credente, anche a che s'intreccia con quella del succo d'uva fin dal quattromila avanti Cristo.

Forse dietro il dito del dirigismo salutista s'intravvede, per chi sa scorgerla, la luna del progetto tutto unionista, sradicare le radici, cancellare tradizioni, rimuovere fedi, il tabula rasa dell'energia, degli alimenti, delle bevande. E delle menti. Come ha detto quell'oscuro, demoniaco personaggio di Klaus Schwaab, responsabile dell'entità maligna chiamata WEF, World Economic Forum: non avrai niente e sarai felice, mangerai merda di cane e lo sarai anche di più. C'è un Occidente, largamente maggioritario, che ogni giorno si avvelena a morte e ce n'è un altro che vorrebbe ribellarsi ma finisce per rassegnarsi: questo è quanto passa il convento, e i frati sono potenti.

L'immunologa Viola, del malpensiero, si agita in fama di virologa, etichetta passepartout che potremmo tradurre come tuttologo, saccente, grillo parlante: c'erano una volta gli opinionisti, adesso ci stanno i virologi che spaziano con versatilità leonardesca, da uomo (donna) di Vitruvio o da enciclopedia illuminista. Investiti come si sentono di una missione salvifico-eruditiva, partendo da un farmaco che doveva immunizzare “da dieci anni a dieci settimane” sono approdati a competenze geopolitiche, erotiche, climatiche. Senonché ogni onniscenza è per natura parziale, lacunosa: Viola cita un non meglio identificato studio e subito un competente, il nutrizionista Giorgio Calabrese, la contesta con dovizia di argomenti che prevedono altri studi, risultanze, controfattuali. Sempre in nome della scienza, che “non è democratica” solo quando fa comodo. Ma quelli come lei sono carrieristi in fondo patetici o agiscono all'interno di uno schema più articolato e pericoloso?

C'è un altro margine di sospetto nella sviolinata di Antonella, sempre legato all'ideologia ma proiettato sul versante economico. Il vino, oltre ad essere uno dei più forti elementi identitari, dunque culturali del paese, ne è anche uno dei maggiori caposaldi commerciali; non esiste regione che non abbia i suoi vini e ciascuna tenta di esportarlo nel mondo, con alterne fortune. In Veneto non è esagerato dire – comunque lo dicono i veneti – che il boom del prosecco, opportunamente gestito, e in seguito per la verità annacquato oltre la decenza, ha salvato il nordest da un paio di crisi sistemiche recenti. In certi scombinati attacchi si punta forse ad inserirsi in una tendenza precisa, di eurosinistra, che prevede la sistematica demolizione delle principali produzioni nazionali? Quella di Antonella Viola è una colossale sciocchezza, forse non innocente: lei stessa, come tutti i suoi colleghi “virologi”, si è dichiarata disponibile ad un imbarco politico, ovviamente nella fila del PD (tendenza Zan) che di certe agende sovranazionali è strumento e tramite.

Difatti colpisce, ma non stupisce, il silenzio ideologico di fronte ad una simile sciocchezza, quantomeno da sinistra: ma che altro dire, quando certi giullari si agitano sui social con in mano sacchetti del nuovo mangime globale, grilli fritti, insalatina di parassiti e carne finta dal penetrante sapore di moquette? Il principale produttore di quest'ultima è il solito Bill Gates, che predica ma intanto investe in latifondi, si è appena comprato terreni per l'equivalente del Canada. E la sinistra un tempo rivoluzionaria che obbedisce, pronta e prona. Timorosa di tutto, ipocondriaca, dopata di pozioni, ma gli effetti collaterali non la sfiorano, si tratti di vaccini o di falsi prosciutti e bistecche: nel nome della scienza o, per essere più precisi, di alcuni “asini, coglioni, birbanti”, come li avrebbe definiti il compositore Nicola Antonio Porpora, che più si arrogano il ruolo di rappresentanti della scienza, più sbagliano l'impossibile, e più si fanno imbarcare in politica. A sinistra, in bagarre. Di siringhe, una ogni sei settimane, di calici di vino nessuno all'anno: ancora un segnale inequivocabile di sbando nel partito che fu di Togliatti, la cui iconografia non prescinde, storicamente, da un'idea di rivoluzione proletaria maturata in osteria. Una sensibilità cospiratoria che andava di pari passo col bottiglione di rosso, e che oggi immaginare col succo di pomodoro e tartine ai lombrichi, francamente induce a compassione.