Comportamenti violenti. Un' emergenza nell'emergenza
Intervista alla dottoressa Silvia Fucci, psicologa clinica-psicoterapeuta
La pandemia Covid-19, le conseguenze socio-economiche della crisi e, ora, le immagini della guerra possono aver accentuato il rischio di comportamenti violenti. Molti studiosi, infatti, hanno parlato di una emergenza nella emergenza.
La violenza psicologica è diventata un male sempre più comune ed è difficile per le vittime riuscire a distinguerla.
Intervista alla dottoressa Silvia Fucci
Ma quali sono i segnali da non trascurare, sui quali riflettere e non giustificare?
“Parole offensive:”fallito”, “incapace”, “deficiente”; frasi atte a farsi sentire incapace “è inutile provare tanto non riuscirai, non vali niente”; frasi atte a ridicolizzare in pubblico esponendo i propri segreti, difetti, fragilità; ma anche insulti all’aspetto fisico, al modo di vestire, camminare, parlare; gelosia eccessiva e immotivata; urla e gesti intimidatori. Spesso la violenza psicologica- emotiva è il segnale che precede quella fisica”.
Come difendersi da parole che fanno più male dei pugni?
“È importante riconoscere il problema non avere paura di affrontarlo, e soprattutto non vergognarsi. Bisogna trovare il coraggio di condividere con una persona, sia essa di famiglia che estranea, per darsi una possibilità e sperare di ricominciare. Colui che pratica violenza psicologica-emotiva soffre di psicopatologie, ma questo non significa che deve essere giustificato, ma che necessita di essere allontanato e curato.
Spesso la vittima cerca di convincere il carnefice alle cure ma c’è sempre un rifiuto perché non c’è l’accettazione della patologia".
C'è qualche fenomeno nuovo?
"Un grave allarme viene dalla violenza psicologica praticata dai genitori che hanno figli con patologie che non riescono ad accettare, da insegnanti su alunni, datori di lavoro sui lavoratori, tra colleghi , tra mariti e mogli. Ad oggi non sono solo donne e bambini che subiscono. Si assiste sempre più spesso ad episodi in cui vittime sono gli uomini che, a causa del retaggio culturale e dell’immaginario collettivo che li vede incrollabili hanno ancor più timore a chiedere aiuto”.