Morti vaccini covid: Pfizer come AstraZeneca ma non lo dicono

Uno studio inglese, i cui dati sono considerati attendibili, dice che i decessi e le conseguenze gravi sono le stesse tra i due vaccini. La domanda sorge spontanea, perché? Tutta la verità

I casi di trombosi e di conseguenze gravi di AstraZeneca sono del tutto uguali a quelli registrati per Pfizer ma, guarda caso, la notizia arriva all’indomani del carissimo accordo firmato con la casa farmaceutica che produce il vaccino tedesco-americano.

Lo studio era già noto in Italia all'indomani dello stop

Il 16 marzo, il giorno successivo al blocco di AstraZeneca in Italia Pierpaolo Pellicori, cardiologo e ricercatore all’ospedale di Glasgow scrive un whattsapp ai colleghi del Belpaese:  “Fino al 28 febbraio 2021 sono state somministrate in UK circa 10,7 milioni di dosi Pfizer e 9,7 milioni di dosi AstraZeneca. Tra gli eventi avversi riportati nei giorni successivi alla vaccinazione, ci sono stati: infarto cardiaco AZ 36 (17 fatali), Pfizer 30 (6 fatali); ictus AZ 71 (10 fatali), Pfizer 100 (10 fatali); embolia polmonare AZ 13 (1 fatale), Pfizer 15 (1 fatale); trombosi venosa AZ 14 (zero fatale), Pfizer 8 (zero fatale); piastrine basse (trombocitopenia) AZ 35 (1 fatale), Pfizer 22 (1 fatale). Morti AZ 275, Pfizer 227”.

I dati registrati nel Regno Unito sono chiari: i rarissimi casi verificatisi di carenza di piastrine e di decessi tra i due vaccini dal punto di vista della casistica sono molto simili. La domanda che giustamente si pone Pelliconi, sulle pagine de ilgiornale.it: perché questa differenza di trattamento e di comunicazione ai cittadini? Se un indizio non fa una prova, un mese successivo è una rivista specializzata a pubblicare uno studio di Oxford che certifica la medesima situazione: i casi di trombosi venosa cerebrale dopo aver ricevuto i vaccini prodotti da Pfizer e da Moderna è molto simile al numero dei casi riportati dalle persone che hanno ricevuto il vaccino AstraZeneca.

Altri studi confermano il risultato

 “In questo studio su oltre 500 mila pazienti Covid-19, la Cvt (trombosi venosa cerebrale, ndr) si è verificata in 39 su un milione di pazienti. In oltre 480 mila persone che hanno ricevuto un vaccino mRna Covid-19 (Pfizer o Moderna), la Cvt si è verificata in 4 su un milione. È stato segnalato che la Cvt si verifica in circa 5 persone su un milione dopo la prima dose del vaccino AZ-Oxford Covid-19. Rispetto ai vaccini con mRna, il rischio di una Cvt da Covid-19 è circa 10 volte maggiore. Rispetto al vaccino AZ-Oxford, il rischio di una Cvt da Covid-19 è circa 8 volte maggiore” si legge sul sito dell’istituto di Oxford.

Anche in Italia, il direttore del dipartimento di Microbiologia dell’ospedale Bambino Gesù di Roma Carlo Penno sta facendo uno studio sulla questione. Il virologo già una settimana fa aveva detto, alla trasmissione Tagadà che “i casi di trombosi sono rarissimi per tutti i vaccini”. Dice di essere sulla pista giusta per dimostrare la sua tesi mai dati non sono ancora completi.

La confusione di Pfizer

Chi non conosce i risultati di questi studi, incredibile ma vero, è proprio Pfizer. “Non possiamo confermare ma nemmeno escludere la presenza di casi di trombosi dopo la somministrazione del nostro siero. Abbiamo un ufficio di farmacovigilanza che raccoglie tutte le segnalazioni trasmesse direttamente all’Agenzia del farmaco. E Pfizer Italia fa riferimento ai report periodici di Aifa. Sui casi di trombosi dopo la somministrazione, per ora, l’azienda non ha una posizione ufficiale a riguardo” dicono dall’ufficio stampa

La rettifica, fatta sempre a ilgiornale.it, arriva poco dopo, via mail alla redazione:  “Con oltre 200 milioni di dosi somministrate a livello globale Pfizer ha condotto una valutazione dei dati di sicurezza aggregati per il vaccino Pfizer/BioNTech che non ha fornito alcuna prova per concludere che gli eventi tromboembolici arteriosi o venosi, con o senza trombocitopenia, siano un rischio associato all'uso del nostro vaccino Covid-19” scrivono dalla multinazionale.

Aifa ed Ema con Pfizer

Per ora anche Aifa non sembra interessata agli studi che sconfesserebbero le scelte fatte.Nel terzo rapporto di farmacovigilanza sui vaccini Covid-19  ci sono 102 segnalazioni con esito “decesso”, le cui cause sono sotto indagine. In media sono 1,1 casi ogni 100mila dosi somministrate con un minimo dello 0,7 per AstraZeneca e un picco di 2,7 per Moderna. Mentre le trombosi atipiche (11, di cui 4 fatali ) vengono definite come uno dei possibili effetti collaterali gravi solo del vaccino di AstraZeneca.

Anche Ema ha parlato di un “forte legame” causale tra i casi di trombosi rara e Vaxzevria, con frequenza stimata in circa 1 caso su 100mila. La Fda, invece, non avrebbe rilevato nessun caso di trombosi rara associata ai vaccini a mRna. Dopo "oltre 180 milioni di dosi", ha dichiarato l’ente regolatorio statunitense per i farmaci, "non abbiamo registrato casi" di trombosi rare "associate con trombocitopenia" per i sieri di Pfizer e Moderna.

Per Piero Mannuccio Mannucci, ricercatore di Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e membro del team di super esperti di coagulazione nominati da Aifa, i dati inglesi sono interessanti. Sulla correlazione tra il meccanismo immunologico e le trombosi ha risposto così:  “A me non risulta, ma non mi stupisce. Perché, come avviene nella malattia, se si stimola il sistema immunologico con il vaccino si possono verificare casi di trombosi, da quelle più tradizionali a quelle più rare".

Per quanto riguarda le trombosi associate a piastrinopenia, secondo i dati Ema ci sarebbero zero casi su 97 milioni di dosi somministrate di Pfizer, 3 casi su 84 milioni per Moderna e 62 casi su 25 milioni con Vaxzevria. "Quindi anche l’ente europeo, evidenziata la prevalenza con il siero di AstraZeneca, riconosce 3 casi di trombosi venosa rara per il vaccino a mRna. Poi, trombosi venose tradizionali e carenza di piastrine sono riscontrabili in entrambi i tipi di vaccini. Ma è un effetto collaterale frequente anche in altri farmaci che non supera la frequenza attesa nella popolazione generale. Dalle 8 alle 10 volte inferiore rispetto all’incidenza riscontrata in chi ha contratto il Sars-Cov-2”.