Papa Leone e quel "messaggio" ai servizi segreti

Il richiamo è arrivato nel modo più solenne possibile. Davanti ai vertici dell’intelligence, il Papa ha invitato a comportamenti corretti, mettendo in guardia da derive pericolose: niente spionaggio su giornalisti e politici, nessuna zona grigia che possa minare la fiducia democratica. Un riferimento esplicito al caso Striano, diventato negli ultimi mesi il simbolo di un uso disinvolto – e opaco – delle informazioni sensibili.

Il Pontefice, con la sua consueta misura, ha fatto ciò che gli è proprio: ricordare un principio morale prima ancora che giuridico. Ma è proprio partendo da quel monito che si apre un retroscena meno edificante per il sistema italiano. Perché, a ben guardare, nel vortice del caso Striano ci sono finiti in molti. Procure, uffici giudiziari, Guardia di Finanza, singoli appartenenti all’Arma dei Carabinieri. Tutti, in forme diverse, trascinati dentro un’inchiesta che ha allargato i suoi confini ben oltre l’episodio iniziale.

Tutti, tranne loro: i servizi segreti.

È un dato che merita di essere sottolineato, anche a costo di apparire controcorrente rispetto a un riflesso ormai automatico del dibattito pubblico italiano. Ogni volta che emergono intercettazioni illegali, accessi indebiti o fughe di notizie, l’ombra dell’intelligence viene evocata quasi per riflesso condizionato. Questa volta no, perché gli accertamenti hanno raccontato un’altra storia.

I vertici dell’intelligence italiana, inizialmente tirati in ballo come spesso accade nei casi più rumorosi, si sono rivelati estranei ai fatti. Nessun nesso con la Direzione Nazionale Antimafia, nessuna catena di comando riconducibile ai circuiti dell’informazione per fini impropri. Un’assenza che, paradossalmente, fa più rumore di molte presenze.

In questo quadro si inserisce anche la vicenda sollevata in passato da Guido Crosetto, che aveva denunciato accessi e attenzioni anomale nei suoi confronti. Una segnalazione che ha acceso i riflettori e contribuito ad allargare il perimetro dell’inchiesta, ma che lo stesso ministro ha poi ridimensionato, parlando apertamente di un errore di valutazione. Un chiarimento non scontato.

Se si guarda agli ultimi anni, l’intelligence italiana può rivendicare risultati tutt’altro che marginali: operazioni di contrasto al terrorismo, prevenzione di minacce ibride, tutela degli interessi strategici del Paese in uno scenario internazionale sempre più instabile. Colpi silenziosi, per definizione, che difficilmente finiscono nei titoli di apertura ma che costituiscono l’ossatura della sicurezza nazionale.

Il paradosso del caso Striano è tutto qui: distinguere i fatti dalle suggestioni, le colpe accertate dalle comode narrazioni.

Il Papa ha fatto il Papa, richiamando tutti a un’etica dell’uso del potere informativo. Alla politica e all’opinione pubblica spetta ora un compito altrettanto delicato: evitare di trasformare ogni scandalo in una caccia al solito colpevole, soprattutto quando, per una volta, quel colpevole non c’è.