Migranti, Consiglio Ue approva nuovo regolamento: rimpatri accelerati e hub nei Paesi Terzi Sicuri, archiviate regole di Dublino
Rimpatri accelerati, via libera agli hub nei Paesi Terzi Sicuri e addio alle vecchie regole di Dublino: il Consiglio Ue ha approvato il nuovo regolamento sulle politiche migratorie, segnando una svolta restrittiva in tutta Europa.
La riforma amplia il numero di Paesi considerati sicuri, introduce procedure più rapide per respingere le domande di asilo ritenute inammissibili e consente di realizzare return hub fuori dall’Unione Europea. Vengono archiviate, così, le regole di Dublino che stabilivano quale Stato membro fosse competente a esaminare una domanda di asilo, penalizzando molto L'Italia. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato di un ruolo determinante del governo, mentre Fratelli d’Italia ha rivendicato che “in Europa passa la linea Meloni”.
Migranti, Consiglio Ue approva nuovo regolamento: rimpatri accelerati e hub nei Paesi Terzi Sicuri, archiviate regole di Dublino
Il nuovo pacchetto punta a standardizzare e velocizzare le procedure di rimpatrio. Vengono introdotti obblighi stringenti per i cittadini extra-Ue irregolari: restare a disposizione delle autorità, fornire documenti e dati biometrici, non ostacolare la procedura. Chi non collabora rischia la perdita di benefici, la revoca dei permessi di lavoro e, secondo l’impostazione del Consiglio, anche sanzioni penali fino alla reclusione. Il regolamento permette agli Stati membri di stipulare accordi con Paesi terzi per accogliere migranti irregolari in centri esterni all’Ue. I return hub potranno essere sia aree di transito sia luoghi di destinazione finale, purché il Paese ospitante rispetti gli standard internazionali sui diritti umani e il principio di non respingimento. Uno dei passaggi più delicati della riforma riguarda la possibilità di dichiarare inammissibile una domanda di asilo senza analizzarne il merito, se il richiedente avrebbe potuto ottenere protezione in un Paese extra-Ue considerato sicuro. Le opzioni sono tre: legame tra richiedente e Paese terzo, non più obbligatorio; transito nel Paese terzo prima dell’arrivo nell’Ue, accordo tra Ue e Paese terzo per esaminare lì le richieste. Resta escluso l’uso di questa procedura nei confronti dei minori non accompagnati. Chi fa ricorso contro la decisione non avrà più automaticamente diritto a restare nell’Ue durante la procedura.
Il Consiglio ha approvato il primo elenco comune Ue di Paesi di origine sicuri, per accelerare l’esame delle domande di protezione: Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. Considerati sicuri anche i Paesi candidati all’adesione all’Ue, salvo eccezioni legate a conflitti, restrizioni sulle libertà fondamentali o tassi elevati di decisioni positive.
Pareri politici e timori legali
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, a margine del Consiglio Ue, si è detto “molto soddisfatto”: “Sono temi ai quali l’Italia annette molta importanza. Credo di poter dire, senza tema di smentite che l’Italia ha giocato un ruolo importante per l’approvazione di questi regolamenti, ma anche per l’immissione nella discussione di questi temi considerati così importanti”. Stessa linea tenuta da Fratelli d’Italia: “In Europa passa la ‘linea Meloni’. Il modello italiano di contrasto all’immigrazione illegale è diventato un riferimento internazionale di ordine, sicurezza e responsabilità”.
I paesi contrari, invece, sono Spagna, Grecia, Francia e Portogallo che hanno votato contro e dubitano della tenuta giuridica del sistema. Le preoccupazioni si riflettono anche nei precedenti giudiziari: la Corte di Giustizia Ue ha già chiarito che non basta una designazione generica per considerare “sicuro” un Paese terzo, e che serve sempre un controllo giurisdizionale effettivo. È quanto emerso, ad esempio, nel caso dell’accordo Italia-Albania.
Il meccanismo di ricollocazione resta il nodo politico: ogni Stato dovrà accogliere una quota di richiedenti asilo o versare 20mila euro per ogni persona rifiutata. Molti governi hanno già annunciato che pagheranno. La solidarietà, pilastro del Patto sulla migrazione, rischia dunque di restare formale. Il commissario europeo Magnus Brunner ha ammesso che l’obiettivo è “dare ai cittadini la sensazione che la situazione sia sotto controllo”. Una frase che rivela la natura politica della stretta: più risposta alla pressione dell’opinione pubblica e dei partiti conservatori che soluzione alle criticità strutturali. Benché la riforma renda più veloci le procedure, restano fuori dal dibattito temi essenziali come i canali legali d’ingresso, gli investimenti nell’accoglienza e la cooperazione stabile con i Paesi d’origine.