Il Parlamento si inventa il "bollino etico": le aziende non assumono persone con disabilità ma prendono il "premio" se aggiustano la loro immagine
Funziona così: non assumo chi dovrei assumere — tanto mi costa meno pagare la sanzione — poi però, se faccio due aggiustatine di immagine, magari tiro giù una barriera architettonica, magari metto la rampetta con la bolla d’aria dentro, zac: posso concorrere al bollino
In Lombardia, la regione laboratorio della Lega, quella dove “efficienza” è parola d’ordine (ma solo negli slogan), nel 2024 hanno cumulato 80 milioni di euro per non aver assunto 10.000 persone con disabilità. Ottanta. Milioni. Non briciole. Pero in tv e sui giornali ne sospingono 50 autistiche che fanno e servono la pizza strano no?
Poi ci stupiamo se la Ferrari — simbolo del genio italiano, certo, ma con il vizio di sgommare via dagli obblighi — si becca la sua multa milionaria e tutto scivola via come acqua sul marmo.
Perché il punto è semplice: in Italia puoi discriminare per legge, basta che paghi alla cassa. È il Paese dove l’inclusione non la si costruisce: la si monetizza. E, se proprio fai il cattivo, lasci pure che siano i dati ISTAT a fare il lavoro sporco e ricordare che la realtà è molto meno patinata dei comunicati dei ministeri.
Ed è qui che arriva il colpo di genio, quello che meriterebbe davvero un applauso a scena aperta: il bollino etico. Il marchio delle aziende “più brave”. Il distintivo del bravo scolaretto che mette la mano sul cuore e dice “io sono inclusivo”.
Funziona così: non assumo chi dovrei assumere — tanto mi costa meno pagare la sanzione — poi però, se faccio due aggiustatine di immagine, magari tiro giù una barriera architettonica, magari metto la rampetta con la bolla d’aria dentro, zac: posso concorrere al bollino.
E se sono proprio virtuoso, se supero il “livello avanzato” (che già suona come la schermata di un videogame per principianti), mi prendo pure qualche premialità negli incentivi pubblici. Capolavoro: prima ti premio quando non fai, poi ti premio quando fai finta di fare.
Nel testo dei senatori si parla di “percorsi misurabili” e “criteri chiari”. Che fa sorridere: in un Paese dove i criteri cambiano a seconda dell’umore del funzionario, l’idea di una “certificazione etica” suona come chiedere a un lupo di rilasciarti il bollino “amico delle pecore”.
E così, mentre le regioni accumulano milioni grazie alle mancate assunzioni, mentre le aziende continuano a preferire la multa al lavoratore, mentre l’inclusione vera resta una voce da convegno, il Parlamento (proposta Lega) si inventa il premio di consolazione il bollino etico per lavarsi la coscienza senza sporcare i bilanci.
Alla fine la domanda è una sola: vogliamo davvero un Paese in cui l’inclusione si misura a punti come la raccolta del supermercato?
Perché se questa è la strada, allora prepariamoci al prossimo slogan: “Assumere no, ma con il bollino fai un figurone”.
di Marco Macri