30 Ottobre 2025
Cirielli e Fico, fonte: imagoeconomica
«La partita non è chiusa, anzi». La frase, scappata a un dirigente del Pd campano durante una riunione con lo staff di Roberto Fico, fotografa meglio di qualsiasi sondaggio il clima che si respira nel quartier generale del centrosinistra. Fino a poche settimane fa la vittoria dell’ex presidente della Camera sembrava a portata di mano. Oggi, invece, in via del tutto riservata, nei report interni si parla apertamente di “rischio rimonta”.
A Palazzo Chigi non lo dicono, ma nel centrodestra l’umore è in crescita. Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, candidato di Fratelli d’Italia e della coalizione di governo, avrebbe già dimezzato il distacco, portandosi a sei punti da Fico. «Sta andando forte nelle province e anche a Napoli si muove qualcosa», racconta un coordinatore meloniano. Giorgia Meloni, che considera la Campania un test politico più importante del Veneto o della Puglia, ha deciso di seguirla passo passo: telefonate quotidiane, briefing con i responsabili locali, pressing sugli alleati per una campagna “unita e disciplinata”.
Per il M5S, invece, è scattato l’allarme. Conte aveva scommesso tutto su Fico, il più “istituzionale” dei grillini, il volto da contrapporre all’immagine movimentista che il leader si porta dietro. Ma la macchina elettorale non funziona come previsto. I dem si sono mossi in ordine sparso, i candidati civici arrancano e il Movimento, dopo la fine del reddito di cittadinanza, fatica a mobilitare la sua base. «C’è disillusione — ammette un esponente napoletano —. La gente non vede in Fico un riscatto, ma un ritorno al passato».
Il nodo è Napoli città, dove si gioca gran parte del risultato. L’affluenza, dicono i sondaggisti, sarà decisiva: se scende sotto il 50%, il rischio di sorpasso diventa concreto. Nel M5S si teme un’astensione “silenziosa”, quella dei delusi che nel 2018 votavano per cambiare il sistema e oggi non trovano motivi per tornare alle urne.
Il centrosinistra paga anche le ferite non rimarginate: la scelta di Fico ha spaccato il Pd campano, dove una parte avrebbe preferito un candidato proprio, più radicato. “Siamo qui per senso di responsabilità, ma senza entusiasmo”, confida un dirigente dem. E c’è chi, in privato, parla già di “operazione fallita”, un matrimonio d’interesse mai consumato davvero.
Sul fronte opposto, il clima è l’esatto contrario. Nelle chat di FdI circola entusiasmo: «È l’uomo giusto per riportare la Campania dove merita». Lo staff del viceministro prepara comizi mirati, tour nei comuni dimenticati, incontri con categorie produttive e associazioni cattoliche. Un modello molto simile a quello usato da Roberto Occhiuto in Calabria, dove il centrodestra travolse il candidato grillino Pasquale Tridico. «Stiamo replicando quel format — spiega un esponente di FdI —. Meno social, più territorio».
Nel M5S la tensione è palpabile. Fico ha rinviato diverse apparizioni pubbliche per “rivedere la strategia”, mentre Conte ha chiesto un vertice con Elly Schlein per “rimettere insieme i pezzi”. I due leader si sentono quotidianamente, ma la fiducia reciproca è ai minimi. “Abbiamo obiettivi diversi — sospira un parlamentare grillino —. Loro vogliono fermare Cirielli, noi vogliamo resistere come Movimento”.
Nei piani alti del Pd, invece, si spera in un colpo di coda dell’ultima settimana, puntando su Napoli e sull’effetto “unità contro la destra”. Ma pochi, anche tra i più ottimisti, scommetterebbero oggi su un vantaggio sicuro.
Per Meloni, una vittoria in Campania sarebbe un segnale simbolico fortissimo: la conferma che il Sud non è più un terreno ostile e che la coalizione di governo può espandersi anche oltre i suoi confini tradizionali. Per Conte e Schlein, invece, sarebbe una sconfitta pesantissima, forse la più dura tra tutte.
Così, tra telefonate nervose, sondaggi che oscillano e comizi preparati al millimetro, il clima in queste ore è da resa dei conti. E nelle stanze romane del M5S, qualcuno lo ammette con un filo di amarezza: «La Campania doveva essere la nostra rivincita. Rischia di diventare il nostro incubo».
Di Eric Draven
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