Giubilei vuole un parco per Almirante e scambia il Tito dittatore per l’imperatore: deliri culturali sotto mentite spoglie

Tra revisionismo da bar e strafalcioni storici, la destra giovanile riscrive la storia con la biro scarica del nonno

Roma, ore tarde di un autunno storto. Il cielo sopra la Capitale è pesante come un’enciclopedia bruciata e qualcuno, in un angolo ben finanziato del governo Meloni, ha deciso che fosse il momento perfetto per riesumare Giorgio Almirante dal mausoleo del neofascismo sentimentale. Il colpevole? Un tale Francesco Giubilei, enfant prodige del pensiero destrorso, armato di laurea in lettere e un’insana passione per i monumenti sbagliati.

Giubilei, che dovrebbe occuparsi di “promuovere la cultura tra i giovani” (cultura di che, esattamente?), ha proposto con faccia serissima di intitolare un parco romano a Giorgio Almirante – sì, proprio quello del Manifesto della Razza, il curriculum vitae del razzismo istituzionale italiano. Un’idea così lucida da sembrare partorita dopo una sessione intensa di assenzio e revisionismo storico.

Quando il sindaco Gualtieri ha risposto con un no secco come uno schiaffo al mento, il nostro eroe ha pensato bene di rilanciare: “E allora togliete via Tito!” — ma attenzione, signore e signori, qui entra in scena il colpo di teatro. Giubilei pensava di riferirsi al maresciallo jugoslavo Josip Broz, colpevole secondo la vulgata sovranista di ogni male slavo nel confine orientale. Invece, ha preso di mira l’imperatore romano Tito, quello che ha fatto costruire il Colosseo. Roba da comiche mute con colonna sonora di Carl Orff.

Ora, fermiamoci un attimo. Cosa spinge un intellettuale (presunto), con tanto di fondazioni, libri e comparsate, a confondere un imperatore del I secolo con un comunista del XX? Forse un cocktail molotov di ignoranza, arroganza e nostalgia per i tempi in cui i libri si bruciavano invece di leggerli?

Questa non è solo una svista. È un sintomo. Una prova lampante che la cosiddetta “cultura di destra per i giovani” è spesso una fiction storica girata con i fondi del Ministero e il copione scritto male. Si spaccia revisionismo per libertà di pensiero, e si scambia l’antifascismo – quello vero, di strada e di sangue – per un vecchio fastidio da archiviare in fretta.

In un Paese che si vanta (quando gli conviene) di essere nato dalla Resistenza, intitolare un parco ad Almirante è come fare un murales di Vanna Marchi davanti alla sede dell’AGCM. Ma qui siamo oltre la provocazione: è incompetenza culturale fatta istituzione. È il passato che bussa alla porta, vestito da futuro, con in mano una targa e il sorriso del becchino.

E così Giubilei marcia con la fiaccola della cultura, ma rischia ogni volta di darsi fuoco da solo.

Di Aldo Luigi Mancusi