CCNL Funzioni Locali 2022-2024: tra rigidità sindacale e inerzia politica il contratto rischia un altro rinvio dopo 3 anni di attesa

Dopo mesi di trattative estenuanti, rinvii e tensioni, il 9 ottobre si apre finalmente il tavolo per l’area dirigenti e segretari. Ma le aspettative sono prudenti

Il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Funzioni Locali per il triennio 2022–2024 resta ancora appeso a un filo. Dopo mesi di trattative estenuanti, rinvii e tensioni, il 9 ottobre si apre finalmente il tavolo per l’area dirigenti e segretari. Ma le aspettative sono prudenti. L’accordo, atteso da quasi tre anni, si scontra con resistenze sindacali, limiti strutturali della finanza pubblica e una visione del lavoro pubblico che ancora fatica a cambiare passo.

Il cuore del problema è evidente: le risorse sono scarse, ma le pretese non si ridimensionano. La proposta dell’ARAN, sostenuta da Cisal e CISL, prevede un incremento del 5,78% sugli stipendi tabellari. Una percentuale lontana dai picchi inflattivi registrati nel triennio e per questo ritenuta inaccettabile da CGIL e UIL, che chiedono aumenti ben più sostanziosi. La UIL FPL propone persino di anticipare le risorse del triennio 2025–2027, portando in dote maggiori risorse economiche in busta paga già da ora. Un'idea audace, ma che rischia di sfilacciare la coerenza della programmazione economica nazionale.

Il contratto delle Funzioni Locali ha un valore simbolico e strutturale: riguarda una platea vasta, composta da oltre 400 mila lavoratori che costituiscono l’ossatura dei servizi pubblici territoriali. Ignorare le esigenze di questo comparto significa, nei fatti, indebolire la qualità della macchina amministrativa di prossimità, già gravata da pensionamenti non rimpiazzati e da carichi di lavoro in aumento.

Nel merito, il testo proposto da ARAN contiene alcune novità: il potenziamento del fondo straordinario (ma a carico dei già fragili fondi decentrati), la riclassificazione di materie gestibili con atto unilaterale, il ritocco delle indennità di servizio esterno, la cancellazione della disciplina dello straordinario elettorale per il personale con incarico EQ e, infine, una stretta sulle tutele per i lavoratori a tempo determinato in caso di malattia. Un pacchetto che, nel suo insieme, sembra più un’operazione di contenimento che di vero investimento nel capitale umano della PA locale.

Su questo fronte, non aiuta l’atteggiamento delle sigle più rappresentative. La rigidità di CGIL e UIL, pur comprensibile in un quadro di erosione salariale, appare spesso poco costruttiva. Si continua a invocare un generico "piano straordinario di assunzioni", senza affrontare il nodo della produttività, della valutazione del merito e della responsabilizzazione della spesa pubblica. È il riflesso di una visione sindacale ancora ancorata all’idea novecentesca della pubblica amministrazione come mero ammortizzatore sociale, più che come motore di sviluppo.

Allo stesso tempo, il Governo — e in particolare il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo — si mostra eccessivamente sbilanciato sulla narrativa del “record negli stanziamenti”. È vero che il bilancio pluriennale ha previsto risorse senza precedenti per i rinnovi contrattuali, ma il CCNL Funzioni Locali continua a restare fuori dal radar mediatico e politico. Un silenzio pesante, che stride con i dati dello stesso rapporto ARAN sul monitoraggio della contrattazione integrativa: nel 2024 si registra un +10% nell’attività contrattuale del comparto, con Funzioni Locali e Istruzione in prima linea.

In un’ottica liberale, occorre abbandonare tanto l’idea del contratto come strumento assistenziale, quanto la logica dell’austerità fine a sé stessa. La sfida vera è duplice: premiare il merito e l’efficienza, ma anche garantire condizioni di lavoro dignitose, soprattutto per i livelli più bassi e per i precari della PA. La contrattazione dovrebbe diventare il luogo dove si costruiscono soluzioni flessibili e intelligenti, non una barricata ideologica o un campo di battaglia tra interessi contrapposti.

L’incontro del 9 ottobre può segnare una svolta solo se tutte le parti in gioco avranno il coraggio di uscire dagli schemi: i sindacati devono superare la logica del muro contro muro, e l’ARAN — insieme al Governo — deve finalmente mettere in campo proposte che vadano oltre il minimo sindacale.

L’agenda è piena, il tempo è poco. Il prossimo aggiornamento è già fissato per il 14 ottobre. Se si perde anche questa finestra, l’unico contratto che rischiamo davvero di firmare è quello del rinvio permanente. E a pagarne il prezzo saranno, come sempre, i cittadini e i lavoratori che mandano avanti ogni giorno gli enti locali del Paese.

Di Riccardo Renzi