Che fine ha fatto il mito di Hyde Park? Libertà di parola oscurata tra arresti e censure a Londra

Avv. Giuseppe Filippo Papik Geraci, Redazione

Dal murale di Banksy coperto alla Royal Courts of Justice ai quasi 900 arresti dei manifestanti pro-Palestina: la patria del libero pensiero sembra piegarsi a logiche di repressione e interessi economici internazionali.

Londra, storicamente simbolo della libertà di opinione, è scossa da una serie di episodi che sollevano interrogativi sul futuro dei diritti civili. La polizia ha arrestato quasi 900 persone durante le proteste contro il divieto di Palestine Action, mentre l’ultimo murale di Banksy, raffigurante un giudice che colpisce un manifestante, è stato prontamente coperto. Se un tempo Hyde Park rappresentava l’emblema del dissenso libero, oggi la repressione giudiziaria e la paura di ritorsioni della finanza internazionale sembrano minacciare quella tradizione.

L’Inghilterra è sempre stata celebrata come la patria del libero pensiero e della libertà di opinione. Un Paese in cui il “Speaker’s Corner” di Hyde Park è assurto a simbolo mondiale del diritto di parola, anche la più scomoda, anche la più radicale. Oggi, però, quella tradizione sembra incrinarsi sotto il peso di scelte politico-giudiziarie che hanno più il sapore della repressione che della tutela dell’ordine pubblico.

Ne è un esempio l’ultimo episodio accaduto a Londra. Il personale della Royal Courts of Justice ha prontamente coperto un nuovo murale di Banksy, apparso sul muro del Queen’s Building, che ritraeva un giudice nell’atto di picchiare un manifestante pro-Palestina. La decisione è stata giustificata dall’HM Courts and Tribunals Service come necessaria per preservare lo status di edificio storico del tribunale. Una spiegazione burocratica che, però, non cancella il valore simbolico di quell’atto: oscurare un’opera d’arte che denuncia la repressione, nel momento stesso in cui tale repressione è al centro del dibattito pubblico.

Il giorno prima, 7 settembre, la polizia aveva arrestato quasi 900 persone durante la manifestazione contro la messa al bando del gruppo di protesta Palestine Action. Un’ondata repressiva che stride con la tradizione di un Paese che ha fatto della libertà di manifestare un pilastro della propria identità democratica. E ciò in quanto solo una minima parte degli arresti è avvenuta a causa di episodi di violenza da parte di alcuni manifestanti (17 per aggressione). Ma la maggioranza delle detenzioni — oltre 850 persone — è legata esclusivamente alla loro espressione di supporto verso un gruppo considerato illegale. E’ difficile , infatti, immaginare l’anziana signora ( ritratta nella fotografia) sollevata di peso ed arrestata dalla polizia , come una violenta teppista ed un pericolo per l’ordine pubblico . C’è quindi una chiara distinzione tra le ragioni politiche o simboliche degli arrestati e i rari casi di effettiva violenza.

Un portavoce di Defend Our Juries, associazione che ha organizzato proteste contro il divieto, ha dichiarato: “Quando la legge viene usata come strumento per reprimere le libertà civili, non estingue il dissenso, ma lo rafforza. Come dimostra l’opera di Banksy, lo Stato può cercare di privarci delle nostre libertà civili, ma siamo troppi e la nostra determinazione a opporci all’ingiustizia è invincibile”.

La domanda che sorge spontanea è allora: che fine ha fatto il mito di Hyde Park, simbolo universale della libertà di espressione?

La repressione giudiziaria e politica sembra oggi intrecciarsi con fattori ben più complessi. È lecito domandarsi se non vi siano anche interessi economici a spingere in questa direzione: la paura di ritorsioni della finanza internazionale contro quei Paesi che prendono posizioni troppo nette in favore della Palestina.

In questa prospettiva, l’arresto di centinaia di manifestanti e la copertura affrettata di un murale di Banksy non appaiono soltanto come misure di ordine pubblico, ma come segnali di un’Europa che arretra sul terreno delle libertà civili per non disturbare equilibri economici e geopolitici. Un arretramento tanto più grave perché consumato proprio lì, a Londra, nella patria che aveva insegnato al mondo il valore del dissenso e della libertà di parola.