Che futuro è se non puoi neanche permetterti una settimana di vacanza? Dobbiamo difendere il nostro tempo come un diritto, come l’aria che respiriamo

Una società dove il tempo libero diventa privilegio per pochi è una società più docile, più controllabile, più disposta a firmare contratti-capestro pur di sopravvivere

Eurostat dice che un terzo degli italiani adulti non può permettersi una settimana di vacanza. Non nel 1973, non durante una guerra mondiale, non dopo un crollo di borsa apocalittico: oggi. Nel 2025. In un Paese che ama vendersi come culla del turismo e del buon vivere. Il paradosso è servito.

E no, non è solo un numero freddo in un report europeo: è la misura di un furto silenzioso. Ci stanno rubando il tempo libero, e lo fanno a rate, con la gentilezza ipocrita di chi ti mette una mano sulla spalla mentre ti svuota il portafoglio.

Viviamo in un’economia in abbonamento. Non possediamo più niente, e fin qui il marketing ci ha convinti che va bene così: Netflix invece dei DVD, leasing invece dell’auto, software a licenza mensile invece di comprare la scatola, casa in affitto “perché così sei più libero” (libero di essere sfrattato a fine contratto). Il problema è che adesso il canone lo stiamo pagando anche sul nostro tempo. Ogni ora fuori dal lavoro costa, e non solo in denaro: costa in energia mentale, in organizzazione, in ansia. Così, lentamente, il concetto stesso di “vacanza” diventa un miraggio di metà secolo scorso. Non è un privilegio. È un lusso, e lo sanno bene i contabili che ti calcolano quanto puoi lavorare ancora prima di sfinirti.

Ai giovani – a quella famosa Gen Z che ci piace raccontare come “fluida” e “digitale” – stiamo preparando un futuro di povertà elegante: arredato da rate di iPhone, consegne a domicilio e affitti gonfiati. Lavoreranno fino a settant’anni e oltre, non per passione, non per scelta, ma per colmare un buco previdenziale scavato da decenni di governi che hanno pensato più al consenso immediato che alla sostenibilità vera. La pensione? Sarà come l’unicorno: tutti ne parlano, nessuno l’ha mai vista dal vivo.

Nel frattempo i costi essenziali divorano i redditi. Abitazione, energia, cibo. Tre voci di spesa che non puoi tagliare, ma che crescono come se il termostato fosse rotto. Le stesse istituzioni che ci dicono “serve più crescita” tollerano un mercato immobiliare drogato da bonus e rendite parassitarie, lasciando che il 40% dello stipendio di un trentenne vada in affitto. Poi si stupiscono se quel trentenne non può permettersi sette giorni di vacanza: ma dove dovrebbe trovarli, quei soldi? Nell’app di cashback?

E guai a lamentarsi. C’è sempre qualcuno pronto a spiegarti che la colpa è tua, che non sai gestire il denaro, che “basterebbe rinunciare a un caffè al giorno” – come se un espresso fosse il colpevole di un sistema malato che ha scelto di comprimere i salari e far volare i profitti. La retorica del sacrificio individuale è la foglia di fico di chi non vuole toccare le vere leve: stipendi, tasse, redistribuzione, politiche per la casa. Così si perpetua la narrazione che “se ti impegni ce la fai”, mentre la statistica continua a raccontare una storia opposta.

Questo non è un incidente di percorso: è un progetto. Una società dove il tempo libero diventa privilegio per pochi è una società più docile, più controllabile, più disposta a firmare contratti-capestro pur di sopravvivere. Se non puoi permetterti di staccare, sei costretto a restare nella ruota del criceto. E la ruota, per chi la possiede, è un affare redditizio.

Il punto è semplice e brutale: non possediamo più nulla, nemmeno le nostre ore. E se non difendiamo il nostro tempo come un diritto – come l’aria che respiriamo – tra qualche decennio non sarà solo la vacanza a sparire. Sparirà la possibilità stessa di dire “basta, oggi non lavoro”. Perché il conto in banca non te lo permetterà. Perché il sistema ti avrà convinto che il riposo è un lusso, e che tu non te lo sei meritato. Ecco, quando arriveremo lì, non sarà più solo un problema economico. Sarà una resa collettiva.

di Andreas Arno Michael Voigt