Il governo italiano chiude la porta in faccia all'OMS del regolamento sanitario internazionale: scelta obbligata per non seppellire definitivamente il Paese

Non una soggezione all'America di Kennedy e di Trump, ma, finalmente, la difesa attiva, reale, non parolaia, di una sovranità nazionale già abbondantemente compromessa

Non è un "Giorgia facci sognare" o se lo è, lo è perché finalmente lei si ispira alla realtà: la decisione di rigettare le pretese dittatoriali per via sanitaria dell'OMS è il minimo sindacale di prudenza e di aderenza al reale, di senso di responsabilità da chi amministra il potere ed ha sulle spalle il destino prossimo del Paeese. Poi i siti gossippari imbeccati dal PD e manovrati dal Colle potranno distorcere parlando di soggezione agli americani visionari, ai famigerati novax come Kennedy Jr, ma lasciateli parlare, lasciateli mentire: l'importante è avere rispedito al mittente certe pretese mondialistiche ma fuori dal mondo, articolate in 77 deliri respinti uno per uno. Tanto più che l'ambiguità del governo si trascinava da troppo tempo, che il pesce in barile sul piano pandemico, sugli emendamenti al parlamento europeo lasciava presagire il peggio.
Invece il nuovo Panopticon virale pare scongiurato e c'è chi dice: è una mossa di puro calcolo elettorale, il primo mandato di Meloni volge alla seconda metà e lei, che fin qui ha poco combinato, molto traccheggiato, deve dare segnali forti a un elettorato che comincia a stancarsi di aspettarli. E se così fosse? Mettetela sul politico fin che volete, sul tattico fin che volete, ma resta il fatto che la porta in faccia ai lestofanti dell'OMS era l'unica opzione seria possibile e lo era sia in prospettiva futura che alla prova dei fatti degli ultimi 5 anni. Non solo per banali questioni etiche, che pure hanno il loro peso essendo legate alla democrazia possibile, a ciò che ne resta dopo la allucinante fae sperimentale palleggiata fra Conte e Draghi (sotto la regia di Mattarella); è che il Paese, nonostante i proclami, i trasformismi e gli illusionismi, arranca: resta incatenato ad una Unione Europea che non si tiene, che moltiplica le sue pretese, i balzelli, che spreme centinaia di miliardi strozzando i suoi cittadini ed espande la metastasi burocratica in funzione punitiva, senza rendere nulla in cambio; l'economia reale non decolla, le riforme sono tutte al palo quando non abortite, la sicurezza è crollata, l'invasione colta col fatalismo della rassegnazione, della sconfitta riconosciuta (e il governo ha rinunciato a presentare le cifre degli sbarchi e non ne gradisce la diffusione dai media).

C'è un dato preoccupante che nessuno coglie, non la sinistra impegnata a correre dietro alle sirene sessuali, non la destra ubriaca di trionfalismo propagandistico: ma se perfino la riviera romagnola stenta, se a Rimini i lettini vengono dati via sottocosto, a 5 euro a giornata, la situazione è tragica e la è perché di soldi non ce ne sono e la gente non si fida. Giorgia Meloni sarà anche una che sta imparando, che commette molti errori, ma sciocca non è e sa che non può lavorare ad un secondo mandato in cui spera, o sogna, di governare a maggioranza assoluta, con le mani finalmente libere, se presenta al Paese lo spauracchio di una nuova cattività. Questa volta l'Italia non si riprenderebbe e se anche chi governa oggi mantenesse il controllo, non avrebbe più niente da amministrare. L'attivismo estero della premier, a discapito degli affari interni fin qui trascurati, si giustifica nell'ottica delle grandi ricostruzioni seguite alle grandi distruzioni, per prima quella ucraina, ma i candidati sono troppi e su tutti c'è l'America trumpiana che farà ovviamente la parte del leone. Cosa che non va giù ad una Unione decisa a far durare il più possibile il conflitto nell'obiettivo neppure dissimulato di entrare nel business delle grandi commesse. E se questo è l'orizzonte, si deve anche a tre anni di paralisi globale che hanno destabilizzato le economie europee a vantaggio di quella cinese. In una situazione di enorme debolezza industriale, di colonizzazione da mezzo mondo, la scelta di dirottare quello che resiste fuori dai confini può avere un suo senso, cinico o lungimirante, comunque obbligato, ma se l'Italia si lega alle pazzie sanitarie mondiale dei Gates e dei Gebreyesus, delle Ursula e dei padreterni della finanza farmaceutica, che resta da coinvolgere? Forse sarebbe troppo sperare in un nuovo corso anche verso l'Europa, ma, per il momento, accontentiamoci di tirare il fiato, di registrare non la sudditanza verso Trump ma l'indipendenza dai boia che volevano imporci un secondo atto di una tragedia già immane, che abbiamo solo cominciato a soppesare nelle sue reali conseguenze. E che molti lavorassero per imporcela, dal vertice in poi, non è un mistero per nessuno come non lo è il processo di inversione della sensibilità democratica per cui la tuela della libertà individuale è diventata una colpa, una sovversione di cui rispondere e l'obbedienza al dirigismo più spietato, più repressivo l'unico comportamento ammissibile.

Poi, è chiaro, ci può stare anche che il deputato leghista Borghi ci metta il cappello come ci può stare la schiuma della sinistra, in essa Forza Italia, che lavora per il re di Prussia, ossia per la Baronessa dagli affari loschi; quello che conta è che finalmente il governo italiano abbia rintuzzato un pericolo mostruoso, che si sia ricordato di una sensibilità nazionale che fino a qui era sembrata puramente retorica, puramente sacrificabile.