Salvini schiacciato tra Zaia e Vannacci è un problema per la Meloni e il governo; quanto può reggere?
Solo le prossime mosse ci diranno se Zaia vorrà prendersi la Lega “desalvinizzata” oppure se vorrà avviare un nuovo contenitore perché vede uno spazio nuovo
Luca Zaia l’ha detto chiaro e tondo: <L'ultima statistica dice che una lista come la mia può arrivare al 40-45%. Cercheremo di capire se il centrodestra la vuole valorizzare oppure no, dopo capiremo cosa faremo>. E guai a pensare che la sortita del Governatore valga solamente all’interno dei confini del mitico nordest. Parte da lì, con l’appoggio di Fedriga, e si espanderà in Lombardia (con Attilio Fontana) e in Piemonte. Luca il padano senza il brand Padania Nazione.
È da tempo che ci stava pensando, l’ex pupillo di Gentilini e di Gobbo, sceso a Roma a ricoprire l’incarico di ministro dell’Agricoltura <perché Bossi aveva deciso così> e giusto il tempo <per rilanciare prosecco e radicchio>. Sono mesi e mesi che coi suoi ragiona ed erano mesi che, quando tutti erano convinti che sarebbe stata la volta buona, lui li congedava (e anche un po’ congelava…) con un “Vedremo”. Lo faceva per due motivi: un po’ perché per indole Zaia è un riflessivo, un mulo; e un po’ perché stava osservando chi realmente fosse convinto dell’operazione senza farsi condizionare dai tempi romani e, peggio, delle mode. Zaia è rimasto a guardare e a lavorare, senza mai perdere di vista il senso del percorso. Il nord torna sulla mappa dopo il tradimento di Salvini, il leghismo al centro sebbene sia un leghismo spurio delle intemerate che Bossi doveva fare per guadagnare spazio e che Zaia non ha bisogno di ripetere. Zaia è la maturità di una terra profondamente cattolica, nata contadina e divenuta industriale, democristiana di un rito dove gli schei sono i talenti da far fruttare. Morta la Balena Bianca, si è convertita al leghismo perché stremata dall’essere solo un gigante economico e poco rispettata politicamente. Il Triveneto locomotiva d’Italia, ma anche pezzo di quel Lombardo-Veneto che tornava a brillare di nuovo smalto, combo perfetta di cumenda e partite Iva, di blasoni importanti e nuovi imprenditori con idee felici.
Il magnifico Nord-est spartito perfetto per i tre tenori Bossi-Berlusconi-Tremonti. Poi è venuto Renzi ma è stata una scappatella post veltroniana. Nei recenti anni della crisi è stato il momento di Salvini, al quale tutto sommato hanno persino concesso un governo fuori dalle righe con i Cinquestelle. Ora c’è la Meloni. Ma nessuno - e sottolineo nessuno - dopo quei Tre Tenori ha goduto della piena, pienissima fiducia dei cittadini veneti come Luca Zaia. E oggi Zaia…
Oggi Zaia farà quel che Salvini aveva scommesso che non avrebbe mai fatto: sfidarlo senza una sfida, perché in fondo in quel Nordest non c’è mai stata partita. Il Doge riparte dalle imprese, dall’economia, dal lavoro, dalle grandi sfide infrastrutturali: tutti temi che Salvini non agguanta (
<L'ultima statistica dice che una lista come la mia può arrivare al 40-45%. Sono imbarazzato - ha aggiunto Zaia - visto e considerato che non l'ho mai utilizzata come strumento politico ma come strumento di adesione e di rispetto nei confronti di chi magari ha sempre voluto sostenermi ma non votava il centrodestra, quindi ci vuole rispetto per tutti. Dopodiché le dico che i dati parlano da soli>, ha concluso.
Che significa? Significa che la “Lista Zaia” sarà solo un primo step, buono per le trattative e il relativo incasso alle regionali e alle amministrative, perché Zaia pesa e peserà. E chi pensa di sottovalutarne la portata elettorale e politica, dalla Meloni a Salvini passando per Tajani (sponda Tosi), si rifaccia i calcoli perché non torneranno. Il Governatore veneto ha chiara la rotta, le tappe intermedie e i compagni di strada. Il friulano Fedriga (anch’egli con una lista e una sua personalità) e il lombardo Fontana, per esempio. E… Massimiliano Romeo, l’unico che ha finora affrontato Salvini ad un congresso sconfiggendo il di lui candidato alla guida della Lega Lombarda. In poche parole, il Segretario non ha il controllo né della Lombardia, né del Veneto né del Friuli.
La regione un tempo roccaforte del potere bossiano, nella segreteria, è rappresentata dalla eurodeputata Silvia Sardone, ex Forza Italia. Nel Nord nessun salviniano doc ha un peso tale da poter sovvertire il progetto di Zaia. Al buon Matteo non resterà che coprirsi dietro il generale Vannacci e soprattutto dietro il potente sottosegretario Claudio Durigon, l’uomo macchina di Noi con Salvini. È Durigon a tenere le fila di quel che resta della trama nazionale leghista.
Solo le prossime mosse ci diranno se Zaia vorrà prendersi la Lega “desalvinizzata” oppure se vorrà avviare un nuovo contenitore perché vede uno spazio nuovo. Una cosa è certa, il Veneto ha fatto una mossa che Roma farà fatica a mettere a fuoco e contenere.
di Gianluigi Paragone