Dal tempio del Dio Asilo allo "Ius Scholae": l'integrazione come elemento fondativo della cittadinanza

Il Ministro degli Esteri e Segretario Nazionale di Forza Italia Antonio Tajani ha ribadito la volontà di Forza Italia di proseguire l'iter della pdl sulla semplificazione del processo di acquisizione della cittadinanza italiana.

In sintesi detta proposta introduce il concetto di "Ius Scholae" permettendo agli stranieri nati in Italia o arrivati entro il quinto anno di età che risiedano ininterrottamente per dieci anni e completino con successo il ciclo scolastico obbligatorio (5 anni di elementari, 3 di medie e 2 di superiori) di ottenere la cittadinanza italiana a 16 anni.

Risulta utile rilevare come la struttura cardine della cittadinanza sia, nelle varie articolazioni, preceduta dalla parola "ius": abbiamo così variamente declinati nei singoli ordinamenti il criterio dello "ius soli" dello "ius sanguinis" ed il, per il momento ancora in fase di strutturazione, dello "ius scholae".

Colpisce che  una questione "drammatica" per ogni ordinamento come quello della cittadinanza (che presuppone il contemperamento del merito e dell'osmosi sociale con le istanze primigenee autoctone) sia preceduto dalla parola "ius".

Tale strutturazione semantica non costituisce, a ben vedere, un mero tributo onorifico alla tradizione giuridica millenaria romana ma rappresenta, consapevolmente od inconsapevolmente, la necessità di un "ancoraggio"di uno status come quello di cittadinanza a quell'ordinamento giuridico che ha fatto del pragmatismo, nella sua strutturazione di giurisprudenza respondente, dell'esame della situazione concreta nella sua complessità di tempo, di luogo, di persona e di condizioni "socio  giuridico economiche" i suoi elementi costitutivi.

Tenuto altresì conto (come magistralmente insegnato dal Professor Aldo Schiavone) che il termine "ius" rimarrà sempre una parola sostanzialmente intraducibile sia in greco sia in qualunque altra lingua antica delle cività mediterranee nè derivata dalle medesime.

Il termine ius risulta indicativo, fin dall'origine, di una specificità descrittiva, altrove ignota, che si separa rapidamente dalla "sindrome prescrittiva religiosa" del fas cui rimangono ingabbiati altri ordinamenti ed in particolare quello giudaico.

Tali premesse risultano necessarie per introdurre un'altra originalità della struttura giuridica della Roma delle origini rispetto alle altre mature civiltà del Mediterraneo.

Con un'ulteriore premessa. La storia della "cittadinanza romana" tra il diritto di asilo primordiale e la constitutio Antoniniana, con la quale nel 212 d.C. l'imperatore Caracalla diede una dimensione quasi universale alla cittadinanza romana, non è rappresentabile come una linea retta.

Ma giova individuare il nucleo fondante originario rappresentato dal "diritto d'asilo" nel quale nascono e dal quale si strutturano gli elementi caratterizzanti della struttura sociale e giuridica romana.

Riferisce lo storico Tito Livio che Romolo sul Mons Saturnium (approssimativamente l'area odierna che va dal Campidoglio al fiume Tevere) allo scopo di aumentare la popolazione della nuova città da lui fondata aprì un luogo di rifugio nell'area tra le due cime del Colle Capitolino (l'Arx ed il Capitolium vero e proprio) fossero essi liberi ma oppressi dai debiti o schiavi fuggiaschi: un Asylum  istituito come luogo sacro intitolato al Dio Asilo.

Il termine Asylum, ed uso le parole di Renato Del Ponte, designa un luogo la cui sacralità si giustifica sulla base dell'accoglienza di qualsiasi persona secondo un'ottica prettamente romana, un santuario per supplici che, se avessero voluto, sarebbero stati resi partecipi della cittadinanza.

La leggenda dell'Asilo (Giardina) risulta paradigmatica in quanto essa non parla soltanto di mescolanza etnica ma anche di mescolanza sociale.

La prima Roma, infatti, accolse individui sradicati, nobili decaduti e persino schiavi. Roma, prosegue il Giardina, nacque come una città aperta ai talenti in una sintesi di osmosi etnica e di osmosi sociale che presentava Roma come una polis che dava la cittadinanza agli stranieri e a degli ex schiavi in una misura assolutamente sconosciuta alle altre città.

Roma, in buona sostanza, risultava una comunità aperta sin dall'origine ed era anzi motivo di orgoglio il pluralismo etnico fondativo dell'origine della città: pluralismo etnico che metteva in seria difficoltà gli autori greci radicati nel pregiudizio "autoctono" come elemento valoriale fondativo delle città greche.

D'altronde era un fatto che l'Italia, e soprattutto il Lazio, fosse stato luogo di passaggio di infinite popolazioni: al punto da destare meraviglia negli storici che Roma non si fosse imbarbarita nonostante avesse accolto nel suo seno Opici, Marsi, Sanniti, Tirreni, Bruzzi, Umbri, Liguri, Iberi, Celti e molti altri popoli tutti differenti per lingua e costume.

L'autorappresentazione romana che, come indagato da Giardina, insisteva sull'eclettismo delle origini, aveva invece un duplice vantaggio: corrispondeva ampiamente ad una realtà storica protratta e interpretava il successo di Roma in chiave pluralistica privilegiando gli apporti del merito e delle capacità di contro a quelli della stirpe: in quest'ultimo senso non rappresentava non solo un originale mito di origine ma anche, in divenire, un efficace mito imperiale.

In buona sostanza quello di Roma era un "sangue culturale" e scorreva ovunque ci fossero individui che accettando la "fides" romana accettavano di vivere secondo il modo romano vale a dire rispettando quell'insieme di valori, convenzioni, regole e prestazioni ritenute indispensabili all'esistenza della romanità.

Il concetto della "fides" diventa determinante per la comprensione della cittadinanza in forza del rifugio dello straniero e/o del debitore e/o dello schiavo nel tempio del Dio Asilo.

Nell'ordinamento romano rimane un altro elemento di suprema sacralità: quello del "pomerium", del confine della città. Perimetro entro il quale veniva esercitato l'imperium.

Perchè allora il diritto di cittadinanza doveva passare per il tempio del Dio Asilo e non poteva essere concesso, ad esempio, per il solo fatto del rifugio nel perimetro cittadino?

Per dare una risposta occorre fare riferimento ad un'altra caratteristica del mondo giuridico romano e cioè l'importanza del giuramento rituale: basti pensare alla necessità della formula del cosiddetto "auctoramentum" con la quale l'aspirante gladiatore diveniva gladiatore a tutti gli effetti.

Il passaggio per il tempio del Dio Asilo diviene elemento strutturale per l'integrazione dello straniero e/o dello schiavo liberato nella cittadinanza romana attraverso il giuramento rituale "per iovem lapidem" necessario ad integrare nella nascente comunità romana quella massa eterogenea di individui indistinti tra schiavi e liberi di cui parla Tito Livio (Giardina).

Con la formula dell'auctoramentum "Iuro per..me uri, vinciri verberari virgis ferroque necari et quidquid aliud iusseris vel invitum me pati passurum" si operava il passaggio discendente (o catabatico) del soggetto sui iuris ad una condizione servile mentre con il giuramento rituale nel tempio del Dio Asilo si operava il passaggio ascendente (o anabatico) dalla condizione di straniero, di servo o di debitore ad una situazione risanatrice dei medesimi come cittadini liberi o "sui iuris".

Con il passaggio ed il giuramento nel tempio del Dio Asilo il soggetto non si vincolava soltanto  ad un Dio ma si vincolava, attraverso il Dio, alla "fides" romana di cui accettava i diritti ma anche i gravosi doveri.

In conclusione al di là di ogni valutazione sulla fondatezza e sull'esito del disegno di legge denominato "ius scholae" non si può non rilevarne la suggestione, quanto ad ascendenza, nella storia del diritto dello "ius" romano. 

Certo ad oggi  il tempio del Dio Asilo ai fini della cittadinanza non c'è più.

Ma l'elemento sacrale di trasformazione dello straniero in cittadino attraverso un percorso culturale che porti all'identificazione con il sentire della società italiana ed occidentale ben può dirsi rappresentato dalla Scuola nelle sue articolazioni.