Il salvagente internazionale della premier? Non è Palazzo Chigi, ma Piazza San Pietro: il vero ministro degli Esteri italiano è il Vaticano

I big internazionali sbarcano a Roma su invito della Santa Sede. A Bruxelles mormorano: “Politica estera parassitaria”. Il potere che conta? È sotto la cupola, non a Palazzo Chigi

Altro che Farnesina: quando si tratta di politica estera, Giorgia Meloni prende la scorciatoia del colonnato berniniano. In poche parole il vero motore dei grandi incontri internazionali non è Palazzo Chigi, ma la Santa Sede.

È il Vaticano, infatti, a portare a Roma i pezzi grossi del globo: presidenti, cardinali con poteri para-statali, e persino leader di Paesi che non sanno nemmeno dove sia l’Italia sulla mappa. Meloni? Pronta ad agganciarsi al treno.

A Bruxelles non se la bevono più: nel Palazzo Ue si parla già, con un sorrisetto beffardo, di “politica parassitaria”. Cioè: l’Italia succhia visibilità, credibilità e contatti dalla diplomazia pontificia. Ed anche a Washington ormai hanno colto il trucco.

E il Papa? Leone (mai nome fu più azzeccato, dicono negli ambienti vaticani, per via del suo piglio tutt'altro che mite come potrebbe sembrare in apparenza) si ritrova, volente o nolente, a fare da stampella geopolitica alla Meloni. Così, mentre la politica estera italiana arranca, l’agenda internazionale della premier si costruisce… in Vaticano.

Ma attenzione: a Roma i muri hanno le orecchie e in Vaticano pure le preghiere lasciano tracce. Se l’Italia continua a vivere di riflesso, prima o poi qualcuno spegnerà la luce del riflettore.

Di Eric Draven