La sinistra e la sindrome del "Papa straniero"

Habemus papam. Con un conclave rapido e performante la Chiesa cattolica ha scelto la sua guida: il cardinale americano Robert Francis Prevost che ha assunto il nome papale di Leone XIV.

La sinistra italiana, riscopertasi religiosa dopo decenni di materialismo storico, dialettico e di ateismo di derivazione sovietica, ha dapprima adottato "in articulo mortis" Papa Francesco, politicizzandone oltremisura alcune dichiarazioni decontestualizzate, e collocando, in conseguenza della "mutatio caparum", il Cardinale Prevost ora Papa Leone XIV tra i sostenitori delle idee della sinistra, punta di diamante dello schieramento politico "anti Trump".

Le dichiarazioni dei commentatori, dei giornalisti e dei fiancheggiatori (alcuni in buona altri in mala fede) del pensiero politico di sinistra sono stati tutti nel segno di creare una sorta di dualismo di preponderanza di individualità tra Papa Leone XIV ed il Presidente Trump levando ad elemento  teologico e teleologico dell'elezione di Papa Leone XIV il ridimensionamento, se non l'eliminazione, della figura politica del Presidente Trump.

Tale atteggiamento rileva una costante della sinistra, soprattutto italiana, della torsione modificativa e conformativa della realtà dei fatti alle proprie immaginazioni politiche.

E la realtà, purtroppo per la sinistra, si presenta ben diversa dalla  narrazione ideologica prospettata.

Innanzitutto il Papa è il capo della Chiesa e quindi della cristianità.

Chiesa abituata da oltre due millenni ad una gestione e rapporto con il potere politico temporale di grande raffinatezza diplomatica e di una superiore strutturazione dei tempi.

Qualunque personalità politica sia esso un imperatore, un dittatore, un autocrate, un politico democratico e democraticamente eletto non può che contare sulla sola durata della sua vita terrena e su quella, necessariamente più breve, del potere politico per il tempo in cui viene esercitato. 

Normalmente anni e, nei casi migliori e più longevi, qualche decennio.

La Chiesa nella sua dimensione teologica, teleologica ed escatologica lavora sull'eternità ed ogni strategia, anche comunicativa, è pensata per distendersi su secoli non su anni. 

Il Reich tedesco doveva essere millenario che nel giro di pochi sanguinosi decenni è finito come  è finito.

Il socialismo reale di stampo sovietico di prospettiva millenaristica è durato meno di un secolo implodendo lasciando macerie e miseria: ma la Chiesa è sempre lì.

Il Papa, assumendo il soglio pontificio, si "spersonalizza" delle proprie precedenti opinioni per essere il vertice del corpo mistico della chiesa.

Quindi l'unica coerenza che ci può aspettare è solo quella che parli ed agisca da Papa.

Ritornando nello specifico il Presidente Trump con il suo potere (enorme nel contenuto ma strutturalmente limitato nel tempo) non può, in alcun modo, se non sfiorando il ridicolo, essere  contrapposta ad una realtà di comando spirituale per la quale il tempo si misura non in anni o decenni ma in secoli e millenni: i famosi "saecula saeculorum".

Nel momento in cui la direzione spirituale del Sommo Pontefice, quale capo della cristianità, interverrà sui temi sociali economici, militari ed ecologici vi saranno oggettivamente delle convergenze e delle divergenze sulle politiche secolari tempo per tempo vigenti nei vari paesi.

In concreto Papa Leone XIV potrebbe trovarsi in apparente contrasto con le politiche del Presidente Trump in tema di immigrazione ed in apparente concordia con le politiche del Presidente Trump in tema di sessualità di genere e di famiglie.

Ma in entrambi i casi sia il disaccordo che l'accordo sarebbero meramente apparenti.

Le Chiesa non è nè amica nè nemica di alcuna ideologia politica: la Chiesa è la Chiesa.

In Italia dal 1970 si sono succeduti governi sia di sinistra che di centrodestra  dal 1970 che hanno assunto come "ius receptuim" le leggi sul divorzio e sull'aborto fortemente osteggiate, anche all'attualità, dalla Chiesa in forza del suo magistero.

Papa Leone XIV quale suprema guida spirituale della cristianità si muove in una struttura ed in una dimensione di cui la politica può essere, secondo l'occasione, ancella o servitrice: difficilmente il contrario.

Quindi vedere in Leone XIV l'anti Trump significa non aver capito l'incommensurabilità del potere tra i due e la non ancillarità della Chiesa.

Già Machiavelli, il nostro più fine e realista pensatore politico, ammoniva il Principe ad adeguarsi ai principi espressi dal potere religioso predicando quella "ipocrisia salvifica del potere politico" per la quale, allora come oggi, "...tutti vedono quello che sembri...pochi conoscono quel che tu se'".

Il Presidente Trump, per quello che abbiamo visto nella sua storia personale e politica, è sostanzialmente un pragmatico che non si preoccupa della coerenza e delle incongruenze della sua narrazione e del suo agire e, probabilmente, da pragmatico punterà molto, se non tutto, sul ruolo, che per la verità ha promesso anche in campagna elettorale di uomo fattivo, rispetto alla cessazione delle guerre prima ed ad un risultato di pace tra i belligeranti poi.

Obiettivo, spirituale e concreto predicato, e non poteva essere altrimenti, anche dal Papa. Al quale non possono bastare naturalmente i "desiderata" per quanto autorevoli annunciati dalla balconata di piazza San Pietro e che già avevano ispirato gli irriverenti versi del Trilussa nel breve sonetto "A proposito der Papa" ...

"Se er Santo Padre uscisse, ma nun sorte,

e fosse un antro, invece d'esse' quello,

me piacerebbe tanto de vedello

dove er cannone semina la morte.

Là, su li campi, solo senza Corte,

cor braccio arzato in mezzo a quer fraggello

che ce rovina tutto quer ch'è bello,

che ce massacra tutto quer ch'è forte."

D'altronde come è noto la Divina Provvidenza risulta "imperscrutabile": e ben potrebbe essere il Presidente Trump lo strumento per il dispiegamento delle parole del Papa in concreto risultato.

Sul resto,  che riguarda essenzialmente la questione migranti, le cose tra i due, per la già citata asimmetria temporale e di potere, si aggiusteranno in forza dell'insegnamento evangelico che ammonisce di dare a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio. Già Papa Francesco, pur essendo presentato come un paladino dell'accoglienza universale, ammoniva che non si possono accogliere tutti ed a diffidare di quelle politiche di accoglienza universale prive di coperture economiche e di un percorso  di integrazione culturale e sociale.

La narrazione e strutturazione data da Trump alla sua presidenza non gli consente quale "superiorem non recognoscentes" di poter essere subalterno al volere di alcun altro leader politico del singolo stato o della federazione di più stati.

Mentre invece ben potrebbe, e ne vedrebbe potenziata la sua guida politica, apparire in coerenza con le linee in tema di guerra e di immigrazione indicate da Papa Leone XIV.

In fin dei conti si tratterebbe, seguendo l'insegnamento del Machiavelli, di enfatizzare l'opera politica in coincidenza con gli auspici papali e non contrastare apertamente, cercando soluzioni di buon senso e di compromesso, le questioni nelle quali la linea politica diverga dall'indirizzo espresso dal Vaticano.

Poi se l'insegnamento del Machiavelli risulti, per qualche anima candida, troppo cinico il riferimento corre alla parabola evangelica, amata dagli agostiniani, del figliol prodigo troppo nota per essere qui riassunta.

Per chi, come la sinistra, si aspettava il duello gladiatorio "sine missione" è già pronta la più cocente delle delusioni.