L'incognità Leone XIV ci aspetta e noi l'aspettiamo: sembra uscito dal compromesso della disperazione, come se i padri elettori gli avessero detto: veditela tu, che noi non ne veniamo a capo

Che papa sarà lo scopriremo solo vivendo, se in continuità o di rottura: troppo inaspettato questo Prevost per avventurarsi in previsioni. Ma si può immaginare che il suo pontificato sarà più sinuoso, in ragione delle circostanze, che tetragono come il precedente.

Ci si chiede da dove esca questo carneade divenuto Papa Leone XIV, quasi una evocazione o una conferma sulla missione sociale della Chiesa, insomma un segno di totale continuità con Francesco che lo fece cardinale dandogli il compito di gestire i vescovi, di controllarli; che è come dire quanto hanno pesato in particolare gli Stati Uniti, Paese d'origine, sulla elezione: difficile se non impossibile dirlo allo stato, questo pare un pontefice di compromesso, relativamente sconosciuto, come se le fazioni interne non fossero riuscite a mettersi d'accordo. L'analista Andrew Spannaus, a caldo, se la cava con una ovvietà carica di significati, “La Chiesa è pragmatica”: e vuol suggerire, ci pare, che la Chiesa sa ancora come cavalcare lo spirito del tempo se non quello santo, che sa imparare dai propri errori. La chiave parrebbe precisamente questa: Leone XIV appare alla nomina vagamente preoccupato, non emozionato, preoccupato, deglutisce spesso come uno già schiacciato dal peso delle sfide che lo travolgono, uno consapevole che se non riesce lui ad aggiustare i guasti provocati dal predecessore, la Chiesa cattolica è finita. Che papa sarà lo scopriremo solo vivendo, se in continuità o di rottura: troppo inaspettato questo Prevost per avventurarsi in previsioni, senza contare che se c'è una cosa che un papa può fare, è sorprendere. La Chiesa cattolica americana conta per il 20% nel variegato arcipelago dei credenti statunitensi, Bergoglio non se ne fidava anche se dai progressisti pescava largamente come da un argine, il chicagoano in ogni modo era un suo pupillo ed uno che ha militato in Sud America, in Perù, dove ha conosciuto la dittatura spietata di Fujimori come l'estremismo rivoluzionario di Sendero Luminoso.

Basta a tracciare un futuro? No, non basta. Leone XIV potrà muoversi in scia a Francesco, privilegiare la Chiesa solidale, impegnata nella società, aperta ai fenomeni migratori, una Chiesa di sensibilità latina, pauperista, ma egli è anche un agostiniano, uno del rigore, della Città di Dio da costruire a condizioni precise e non facili, non morbide; come primo atto ha recitato una Ave Maria e si è espresso in latino (oltre che in spagnolo), si è votato alla Madonna di Pompei che era nella speciale devozione di Padre Pio: passi che potrebbero suonare sospetti ai progressisti a tout prix, incoraggiando d'altra parte i conservatori. Un fatto è certo, Dio solo sa se la Chiesa ha bisogno di recuperare le sue radici, una tradizione anche di magistero.

Non un ultra-tradizionalista alla Robert Sarah, questo è certo, ma non è detto che Leone XIV riprenda senza soluzione di continuità da dove Bergoglio si era fermato, anzi è più probabile il contrario: “La Chiesa è pragmatica”. Trump, che si sente insieme Papa Leone III e Carlomagno, non ha perso un attimo nel farsi largo a gomitate: “Complimenti, il primo papa americano, non vedo l'ora di incontrarlo”. Succederà, ma dal modo, dal tratto del nuovo pontefice – che non è, e sospetto non voglia proprio sembrare, un hamburger o una bibita gassata - si capirà molto del suo atteggiamento e di dove vuol trasportare una Chiesa che sta nel mare procelloso di un mondo sull'orlo di plurimi focolai di guerra mondiale: e non basterà definirlo “papa della pace” come per gli altri 266, queste sono formule scontate, cliché sotto vuoto spinto. Per il momento ci si può affidare alle cose certe, anagrafiche, e magari alle prime impressioni anche fisiognomiche. Abbastanza giovane, non ancora settantenne, asciutto, consapevole dei rischi e delle difficoltà, vagamente somigliante al sindaco romano Gualtieri (non è colpa sua, e glielo si può perdonare). Sarà per forza una figura globale, abusata da una comunicazione che ormai appiattisce tutto, banalizza tutto, riduce un evento come un conclave, dalla morte alla nascita di un papa, ad un baraccone televisivo a metà tra il Grande Fratello e il Festival di Sanremo: è verosimile pensare che il suo mandato sarà più sinuoso del previsto, alternando in ragione delle circostanze conferme a smentite, aperture a risacche: Bergoglio, in apparenza contraddittorio, confusionario, in realtà ostinato per la sua strada, tetragono, a volte tetro, ha originato molti problemi che adesso son tutti lì da risolvere, i santi elettori debbono aver detto a Prevost, senti un po', veditela tu che noi qui non riusciamo a venirne a capo.

Un'altra notazione: anche Prevost è stato raggiunto da scontate accuse di aver protetto prelati pedofili: scontate perché questa lebbra morale è talmente diffusa nella Chiesa, l'ha talmente infettata che è praticamente impossibile trovare uno che in un modo o nell'altro non abbia coperto qualcuno o qualcosa. L'incognità Leone XIV ci aspetta, e noi l'aspettiamo: ma più che da certi poteri forti, o occidentali, la sua inaspettata elezione parrebbe, va ribadito di nuovo, il frutto di un compromesso della disperazione: han fatto anche presto, sapendo che non c'era tempo da perdere. In finale, due impressioni, niente di più, ma molto insistenti: questo papa più che a logiche di potentati globali risponderà a logiche di sopravvivenza interna della Chiesa, che perde fedeli e si sente spiazzata, in ritardo sui tempi, incalzata se non subalterna all'Islam, in crisi di credibilità, di autorevolezza nel suo magistero; questo papa farà quello che può, quello che che la globalizzazione tecnologica e finanziaria gli consentirà. Sapendo che non sono più tempi di grandi papi, che l'ultimo davvero carismatico, la si guardi come si vuole, è stato Wojtyla: appena vent'anni dopo la sua morte un pontefice è colto come una figura, un personaggio, un divo, un influencer, ma non più come un capo spirituale capace di influire davvero sul mondo.