Re Carlo III e i lacchè, un'ennesima rappresentazione della decadenza mondiale: il mito dell'uomo forte al potere è insito nel nostro DNA di servi
Il successo mediatico della visita è la conferma che l'Italia è sempre rimasta una Nazione monarchica
Sono tra coloro certi, anzi certissimi, che il referendum del 1946 sia stato una farsa. Sui brogli hanno scritto in molti (Luca Fazzo, in un articolo pubblicato da Il Giornale il 12 dicembre 2016, cita anche un testimone oculare).
Grazie ai brogli ci siamo liberati dei Savoia (e per fortuna!) e abbiamo eletto una lunga lista di nonni.
La famiglia italiana, si sa, è il primo nucleo della società e non è un caso se il patriarca – di norma un nonnetto rincoglionito – sia percepito come il più adatto a ricoprire la più alta carica dello Stato.
Che poi il nonnetto debba essere un liberticida servitore di interessi stranieri è ovvio, dato che siamo una colonia americana.
Il problema è che la sfiducia nella democrazia sta raggiungendo livelli di guardia e in molti – quasi maggioranza – sono convinti che ci vorrebbe un uomo forte.
Il mito dell'uomo forte al potere è insito nel nostro DNA di servi.
La personalizzazione della politica potrebbe dunque preludere al ritorno alla forma di governo più arcaica, più tribale e per un liberale come me più oscena: del resto, in molti auspicano una discesa in campo di Piersilvio o Marina, dimenticando che loro già esercitano un potere politico tramite il maggiordomo di famiglia Antonio Tajani.
Ho orrore di tutto, ma il siparietto di La Russa accanto al re l'ho trovato rivoltante.
Davvero vivo in terra ostile (grazie Boni de Castellane per avere descritto magnificamente la mia condizione).
In mezzo a questa voglia di monarchia, di dinastie, di uomini forti, almeno che Dio ci scampi dalle donne forti: la von der Leyen e la Kallas bastano e avanzano.
Di Alfredo Tocchi