Guerra dei dazi, il Quirinale alza l'allerta: “Non si può restare fermi”. Gli imprenditori chiamano il Colle - RETROSCENA ESCLUSIVO

Telefonate riservate da imprenditori e banchieri a Mattarella: cresce l’inquietudine per l’inerzia del governo. Il Presidente invoca un’Europa compatta, ma avverte: “Non cedere alle oligarchie, è in gioco la democrazia”

C’è un telefono che squilla più degli altri, in questi giorni, nei corridoi silenziosi del Quirinale. Non è quello della politica, spesso distratta, ma quello dell’economia reale. Sono imprenditori, banchieri, vertici di gruppi industriali italiani e internazionali: tutti chiedono un confronto, qualcuno un intervento. E tutti – senza eccezione – manifestano al Colle una preoccupazione crescente, quasi ansiosa. La guerra dei dazi non è più solo un confronto geopolitico. È un’urgenza che rischia di mordere alle caviglie la ripresa, già fragile, del continente.

Sergio Mattarella ha ascoltato. Con attenzione, in silenzio, come è suo stile. Ma chi lo ha incontrato racconta di un Capo dello Stato più che vigile: inquieto. Non allarmista, mai. Ma consapevole che questa tensione commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti, se gestita male, può diventare una frattura ben più ampia. E chi gli è vicino assicura che il presidente la sua posizione l’ha chiarita: i dazi sono “un errore profondo”. E l’Europa non deve rispondere con colpi di testa, ma nemmeno può permettersi di restare ferma.

Il Capo dello Stato ha invocato una “risposta compatta, serena, determinata” da parte dell’Unione. Ma a Bruxelles, al momento, si vedono più incertezze che strategie. E intanto, mentre Washington alza il tono, le cancellerie europee si guardano l’una con l’altra, aspettando che qualcuno faccia la prima mossa. Il timore – che serpeggia anche nei palazzi della diplomazia italiana – è che questa attesa possa essere scambiata per resa. O peggio: per complicità silenziosa con le grandi oligarchie tecnologiche e finanziarie che da mesi spingono per un riequilibrio degli assetti globali a proprio vantaggio.

Mattarella non lo dice apertamente, ma lo lascia intendere nei passaggi più densi dei suoi discorsi: difendere l’autonomia europea significa difendere la democrazia. Perché se l’Europa cede il passo – e il potere – a interessi che sfuggono al controllo politico, sarà difficile chiedere ai cittadini di continuare a credere nelle istituzioni. E intanto, mentre il governo appare timido e l’opposizione si limita a polemiche di circostanza, il Quirinale resta, ancora una volta, il baricentro silenzioso della tenuta istituzionale.

Non è escluso che, nei prossimi giorni, il Capo dello Stato scelga una nuova occasione pubblica per tornare sul tema. Con la sua cifra: parole misurate, ma precise. Perché nei saloni del Colle lo sanno bene: certe volte, per evitare una tempesta, basta far capire che qualcuno, da quelle finestre affacciate su Roma, sta ancora tenendo il timone.