Carlo Calenda, i moderati non ne hanno bisogno, e nemmeno il centrodestra (eccetto nelle Marche), nessuna sostituzione con Salvini
Difficile che FdI sostituisca Lega con Azione, molto più probabile che esplori il centro e i moderati
Non credo affatto nel disegno di sostituzione di Salvini con Calenda: il centrodestra funziona nella intuizione magica di Berlusconi, il quale seppe sempre mediare ora con Bossi, ora con Casini, ora con Fini fintanto che l’allora presidente della Camera decise di non strappare col Cavaliere. Berlusconi inventò il centrodestra allargato a destra e al progetto federalista, anche a costo di pagare prezzi superiori al reale valore elettorale dei ribelli; lo fece perché sapeva di essere lui il solo insostituibile e l’unico perno. Gli va riconosciuto.
Non credo, pertanto, che Giorgia Meloni voglia smontare l’architettura del centrodestra sostituendo la Lega con Azione o con un centro più egemone. Più facile piuttosto che FdI esplori il centro e il cosiddetto target dei moderati per non disperdere voti. L’altro giorno Giovanni Donzelli ha aperto a Calenda guardando per lo più alle prossime competizioni regionali, soprattutto nelle Marche. Può darsi che la mossa si rivelerà azzeccata ma esporsi ora palesa la paura da parte di Fratelli d’Italia di perdere la “sua” prima regione: Francesco Acquaroli è stato infatti il primo presidente in quota FdI. I sondaggi che passano di mano in mano rivelano un raffreddamento notevole tra i marchigiani e l’attuale governatore, soprattutto sul fronte sanità. In poche parole, Acquaroli è a rischio e lo sanno tutti. La Meloni non può perdere quella regione simbolica, da qui lo scouting al centro direzione Calenda, il quale già è alleato del centrodestra in Basilicata.
Non è difficile capire il differente peso politico tra la Lucania e le Marche: un ingresso di Calenda in questa regione (e magari un accordo pure in Campania o altrove) significherebbe o un nuovo posizionamento di Azione oppure l’affermazione di un centro che guarda indifferentemente a destra come a sinistra. Piacerà agli elettori moderati?
Ecco, i moderati appunto. Qualcuno immagina “i moderati” come un target di pariolini in pantofole, proiezione nazionale del romano Calenda. No, i moderati non amano i giochi vellutati di palazzo (esercizio che ha già visto schiantarsi Renzi…); i moderati coincidono con quel “ceto medio” che sceglie leader forti, decisionisti e attenti alle sorti di quel pezzo sociale che ha retto l’Italia. I moderati sono coloro che non vogliono scivolare in quel terreno fangoso dove si impantanano gli indebitati in affanno con le rate da pagare. I moderati sono coloro che pretendono servizi essenziali efficienti. I moderati sono anche coloro che hanno paura della povertà, che arrancano per non perdere quel tenore di vita che, per mantenerlo, si sono indebitati oltre misura; sono quei piccoli imprenditori schiacciati dalle dinamiche finanziarie, dalla digitalizzazione padronale e da una forza lavoro sempre più scarna. I moderati sono quell’elettorato (soprattutto di centrodestra) mobile, anzi mobilissimo, che ha votato Renzi e Grillo, Salvini e la Meloni. I moderati votano per far stravincere chi è favorito:
di Gianluigi Paragone