Il Sabato Europeista di Michele Serra è farsesco e si risolve in una adunata buffonesca e controproducente all'insegna dell'opportunismo nazionale

La difesa comune è un'idea giusta, che però arriva fuori tempo massimo e all'insegna del pretesto: l'esercito europeo non serve a difendere ma a schiacciare eventuali ribellioni alle prossime trovate autoritarie.

La conferma del lobbysta alla gazzosa Di Maio a trafficone per il Golfo Persico, già sancita ad opera del maneggione Borrell, su raccomandazione di Draghi, è una provocazione che gli eurolirici accettano di buon grado rimuovendola: uno sprovveduto viene tenuto a 12mila euro al mese per agevolare il business spicciolo della sinistra mediterranea, essendo quello delle grandi compagnie globali a un livello troppo alto e troppo autonomo. Fuori dall'approccio metafisico e propagandistio di sinistra, ne esce la solita conferma: Bruxelles e suoi derivati come metastasi burocratica in grado di condizionare i singoli paesi che, come dice Mattarella, altro sponsor dell’improvvisatore partenopeo, debbono cedere sovranità e adeguarsi. Infatti è quello che accade al prezzo di continui rincari di tutto. Ed è tutto collegato: a spingere, a pretendere Di Maio nel Golfo è stato il nostro Draghi, il fallimentare Draghi, l'impune Draghi che dicendo tutto e il contrario di tutto agisce in nome e per conto del bubbone europeista ma anche per sue meschine ripicche alle quali non rinuncerà mai, da uomo mediocre. È il burocrate monetario che, impancato alla guida del governo, mentiva: “Senza vaccino ti ammali e fai ammalare, muori e uccidi”. E lo sapeva che mentiva: tra Aifa e ministero della Salute, tra Magrini e Speranza, tra CTS e ISS certi messaggi malavitosi del tenore: meglio lasciar morire la gente che ammazzare il vaccino. E tutti sapevano, anche il vice Sileri, arrogante come non mai, per non dire dei vari Locatelli, Brusaferro, Ricciardi, dei virologi prostitute.

La UE a questo serve ed è sempre servita: ad imporre le nefaste politiche di ordine economico, sanitario, culturale, oggi anche bellico usando i falliti, i trombati, i peggiori che, opportunamente riciclati, continuano l'opera e in molti casi la completano. L'intero cosiddetto board europeo, dalla Commissione al Consiglio, andrebbe messo sotto accusa e lo stesso Draghi andrebbe processato insieme alla totalità del governo con tanto di sottoposti: ci hanno inflitto roba inimmaginabile al punto che il degno predecessore del banchiere, il politico in batteria Giuseppe Conte, ha confessato al Corriere della Sera quanto segue: che le misure imposte erano autoritarie (ma più esattamente totalitarie) e lo sapeva e a tal proposito spingeva su una comunicazione ossessiva e infame nel fondato timore che la cittadinanza si ribellasse. Ma nessuno si è ribellato in nome del particulare guicciardinesco, cosa che anche la postfascista Meloni sa perfettamente: lei pure passata, in modo non tanto difforme da Di Maio, dall'euroinsofferenza all'eurortodossia. La Meloni attuale si barcamena all'insegna del trasformismo più impune: con Trump e con Ursula, con l'America e con la UE che si guardagno in cagnesco. La vecchissima eterna politica morotea dei tutti amici, ma Moro non finì bene, non lo salvò il provvidenzialismo fatalistico che legittimava l'ambiguità ad ogni livello, e non finirà bene, seppure in modo meno cruento, Meloni il cui governo lascerà la sensazione dell'effimero e dell'impotenza, dell'impossibilità di opporsi realisticamente all'egemonia di sinistra che perdura dall'opposizione come al governo. Sebbene oggi i redditieri da amaca come Michele Serra lanciano una adunata da sabato europeista, in realtà per raggrumare il PD, ottenendo l'effetto opposto, il partito psicotico che si spacca in tre mentre il trasformismo di Conte non ha scrupoli di decenza laddove Meloni tiene insieme il suo coi sofismi democristiani, i distinguo che non distinguono niente. Manifestare per il riarmo strumentale, la dittatura sanitaria e la censura democratica! E se tra l'esercito europeo di mestiere ci ficcano i maranza e gli italiani seconda generazione, mai davvero italiani, che poi tornano con l'esperienza e la mentalità guerresca?

Quanto a dire la UE nella sua purezza. Il potere italiano non sa prescindere dal sovrapotere europeo, in sé inconsistente ma se lo lasci libero di sviluppare la sua metastasi non ti resta che subirlo. I 5 anni che in questi giorni si ricordano a monito del totalitarismo sanitario restano fase atroce della vita pubblica italiana, traumatica come le leggi razziali o gli anni di piombo, qualcosa di cui si torna sempre a parlare fra terrore memorialistico e un velato, demoniaco senso di nostalgia. E passi per la sinistra che dell'Europa è un tramite in prospettiva cinese, come non si stanca di predicare il vecchio euroburocrate Prodi, ma la stessa Fratelli d'Italia non ha nessuna voglia di chiarezza e men che meno di ordalia: stava alla finestra ed è per questo che, a tempo debito, la sua capa è stata premiata, le è stato lasciata possibilità di comando senza inchieste della magistratura, senza accidenti eterodiretti, senza manovre losche dei Servizi o della magistratura, in una procedura elettorale liscia, morbida, garantita dal capo dello stato autoritario che aveva garantito il regime concentrazionario. Anche la UE tollerante, paziente anche se, di tanto in tanto, piazza qualche petardo tra le gambe della Meloni come il nostro sconclusionato ma ambizioso Di Maio. O Benigni, il buffone.

Il sabato europeista di Michele Serra (preparato per tempo come la pagliacciata del giullare toscano nella Rai di una Meloni che o è d'accordo o è completamente svanita; a conferma che gli scenari geopolitici si conoscono in anticipo nelle stanze del potere e le masse ne subiscono solo le conseguenze economiche) ha molto dell'umorismo involontario per come va a finire, ma disvela l'attitudine nazionale al farsesco e al compromissorio, anche al truffaldino se una manifestazione di parte la fanno pagare ai romani, alla collettività che lo ignora. Una difesa comune, utile a svincolarsi dalla pesante protezione americana, sarebbe politicamente giusta ma andava concepita, realizzata per tempo e l'Unione Europea ha avuto un intero dopoguerra per pensarci: ha preferito soprassedere, le andava bene il tallone rassicurante dell'America, adesso ha bisogno di nuovi colossali affari di rapina e trova lo spauracchio di Putin che sognerà pure di rifare la Russia zarista, ma vederlo in procinto di invadere la Val d'Aosta suona lievemente demenziale e comunque non ci sarebbe né tempo né modo di impedirglielo se non ricorrendo ai soliti condizionamenti americani. Non prendiamoci in giro, l'esercito europeo non serve a difendere ma a schiacciare eventuali ribellioni alle prossime trovate autoritarie. Serve anche alla fame spaventosa di affari della UE che dopo la fine della corruzione ambientale e vaccinale torna a quella delle armi come ad un classico che si può sempre riscoprire; inoltre, è la leva per mantenere la politica fiscalmente repressiva, finanziariamente punitiva di certi Paesi a danno di altri.

E allora si scomodano i manifesti repressivi di Ventotene che nessuno conosce nei veri lineamenti. Resta una ambiguità insopportabile: i pacifisti di ieri diventano i guerrafondai di domani e viceversa. Ma si spiega: dipende dallo spauracchio che si può considerare a piacere come nemico o alleato e dunque dalla convenienza ideologica ovvero concreta, affaristica. L'unica cosa che non si può contestare è che la UE delle Baronesse a capo di congrege malavitose ricorda la profezia della Bibbia: «prenderà i vostri figli per destinarli ai propri carri e ai propri cavalli perché arino la sua aratura e mietano la sua messe, prenderà il meglio dei vostri campi, preleverà la decima del vostro bestiame e voi stessi gli diverrete schiavi». E dovremmo anche venerarla in processione?