Pd e 5 Stelle, l’asse pacifista che ridisegna il centrosinistra: il piano di Conte per tornare a palazzo Chigi

M5S, PD e Avs sempre più vicini su riarmo e welfare, mentre il fronte cattodem studia contromosse. Conte spera nella spinta di Trump e si prepara a giocare la carta della premiership

Nei corridoi della sinistra, tra le stanze del PD e i gruppi parlamentari del M5S, la sensazione è sempre più chiara: il dialogo tra Elly Schlein e Giuseppe Conte non è più un semplice avvicinamento tattico, ma una vera e propria strategia di lungo periodo. La svolta è arrivata nelle ultime settimane, quando la segretaria dem ha scelto di smarcarsi dalle posizioni più atlantiste di alcune aree del partito, favorendo un asse con il M5S e Avs sulla questione del riarmo europeo.

Dietro le quinte: il pressing grillino e il cambio di tono del PD

Fonti interne al PD raccontano che il pressing di Conte è stato costante. L’ex premier ha lavorato per mesi a un riavvicinamento su temi chiave: stop all’invio di armi all’Ucraina, un’idea più radicale di welfare e una politica economica meno vincolata ai parametri di bilancio europei. La Schlein, inizialmente cauta, ha capito che questo asse è forse l’unico che può garantirle la leadership di un campo largo d’opposizione.

Ma la svolta non è piaciuta a tutti dentro il PD. Il cosiddetto “centro cattodem”, l’area più moderata del partito, si sente sempre più a disagio. Ex renziani rimasti nel PD e figure di peso come Dario Nardella e Giorgio Gori temono che l’asse con Conte porti il partito troppo a sinistra, lasciando spazio a una riorganizzazione centrista guidata da Matteo Renzi e Carlo Calenda.

Il nodo del candidato premier e l’ombra di Trump

A rendere ancora più intricata la partita è la questione della leadership. Conte, secondo fonti vicine al M5S, è convinto di avere le carte giuste per proporsi come candidato premier nel 2027, sostenuto anche da una buona parte del PD. Ma qui entra in gioco un elemento geopolitico: negli ambienti diplomatici si dice che Trump alla Casa Bianca potrebbe favorire proprio Conte, considerato meno legato alla tradizione atlantista del PD e più incline a una posizione di equidistanza tra USA e UE.
Schlein, invece, è vista con maggiore diffidenza da un’America a guida repubblicana, a causa del suo passato da attivista pro-Obama e del suo doppio passaporto. Per questo, c’è chi nel PD teme che alla fine il vero candidato del campo progressista possa essere proprio Conte, con il sostegno silenzioso di una parte dell’establishment internazionale. Compreso quello cinese.

La controffensiva di Prodi e il piano cattodem

Ma il centro-sinistra non è un monolite. Romano Prodi, con il tacito benestare del Quirinale, sta tessendo una trama alternativa. Il suo obiettivo è quello di spingere nomi più istituzionali, come l’ex premier Paolo Gentiloni o il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, per evitare che il PD scivoli completamente nell’orbita grillina.

Il rischio, per i moderati del centrosinistra, è che la strategia di Schlein e Conte finisca per spaccare definitivamente il PD, lasciando campo libero a una riorganizzazione del centro guidata da Calenda e Renzi.

Una lunga campagna elettorale già iniziata

Lo scenario che si delinea è quello di una lunga campagna elettorale, con un’alleanza tra PD, M5S e Avs che potrebbe cristallizzarsi nei prossimi mesi. Ma le tensioni interne restano forti, e la partita della leadership è tutt’altro che chiusa. Se Conte dovesse davvero diventare il candidato premier, per Schlein si aprirebbe una fase complicata: accettare un ruolo da comprimaria o rischiare di rompere l’unità del campo progressista?

Le manovre sono appena iniziate, e il centrosinistra si trova davanti a un bivio cruciale: seguire la strada di un’alleanza radicale con Conte o cercare una sintesi più moderata per tornare a Palazzo Chigi senza spaccarsi.