Le frasi di Mattarella sull'appeasement ignorano aspetti importanti della storia e dell'attualità
La linea netta del Quirinale non fermerà le trattative, ma può limitare il ruolo del Governo italiano
L'aggressione della Russia in Ucraina è una "guerra di conquista" come il progetto del Terzo Reich, ha affermato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Marsiglia lo scorso 5 febbraio. Queste parole hanno provocato una reazione russa nei giorni successivi, e anche Giorgia Meloni è stata costretta a intervenire per difendere il Quirinale.
In Italia molti si sono concentrati sulla forma della diatriba, cioè sul fatto che sia stata la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zacharova, a rispondere a Mattarella. La scelta di una figura di rango minore viene vista come una strategia precisa per sminuire il ruolo del Presidente. Quello che non si comprende in Italia è che il Capo dello Stato è poco conosciuto fuori dal Paese: qui è considerato l'autorità massima in alcuni campi, ma all'estero viene visto come una figura di garanzia, mentre la linea politica è dettata dal Presidente del Consiglio.
È legittimo chiedersi, infatti, perché il Quirinale abbia deciso di intervenire in questo modo. Ma più che la forma, è utile ragionare sul contenuto. È giusto paragonare la Russia di oggi alla Germania nazista? È utile esprimersi contro la strategia del negoziato intrapresa dall'amministrazione Trump?
Definire la guerra russa in Ucraina come una "guerra di conquista" sullo stile di Hitler è sicuramente opinabile. Le tensioni geopolitiche legate all'allargamento della NATO e il conflitto a bassa intensità durato anni nell'est del Paese non possono essere ignorati. I battaglioni della destra estrema hanno sparato sui civili nel Donbass in modo continuativo, e il governo di Kiev spingeva per l'ingresso nella NATO e per la ripresa della Crimea con la forza. Questo non giustifica la decisione biasimevole di Putin di entrare nel resto del Paese e tentare un cambio di governo, ma ci ricorda che questa guerra è il risultato di una sfida in atto da anni sull'identità di alcune aree dell'Ucraina e sulla legittimità o meno di una zona di cuscinetto tra la Russia e l'Alleanza Atlantica.
In secondo luogo, c'è il giudizio storico espresso da Mattarella sul periodo precedente la Seconda guerra mondiale: "La strategia dell’appeasement non funzionò nel 1938. La fermezza avrebbe, con alta probabilità, evitato la guerra". Si tratta di un'affermazione che ignora alcuni studi importanti sull'approccio del governo britannico dell'epoca.
I documenti dimostrano, infatti, che la strategia di cercare un accordo con la Germania non rifletteva l'illusione che in questo modo si sarebbero risolte le questioni con Hitler; piuttosto, era dettata dal fatto che la Gran Bretagna non era pronta a entrare in guerra. Nel caso della famosa intesa di Monaco del 1938, Londra avrebbe potuto opporsi a piani tedeschi, ma senza poter fare nulla nella pratica. La Cecoslovacchia era un territorio senza sbocco sul mare, quindi sarebbe stato necessario attraversare un altro Paese o affidarsi esclusivamente all'aviazione. La RAF britannica era in uno stato di debolezza, mentre i polacchi erano considerati non disposti a prestare assistenza o intervenire. Di fatto, la decisione fu di evitare uno scontro che non avrebbe avuto alcuna possibilità di successo.
Tra i molti documenti che sostengono questa tesi, vi sono le parole dello stesso Neville Chamberlain, il quale, difendendo il suo operato a Monaco, spiegò al Gabinetto: "Spero... che i miei colleghi non pensino che io stia cercando in alcun modo di nascondere il fatto che, se ora possedessimo una forza superiore alla Germania, probabilmente staremmo considerando queste proposte in uno spirito molto diverso. Ma dobbiamo guardare in faccia la realtà".
La strategia del governo britannico in quegli anni, come indicato espressamente nei resoconti delle riunioni del Gabinetto, era di "prendere tempo" per consentire al Paese di riarmarsi. Inoltre, l'opinione pubblica era contraria agli investimenti militari, e i governanti temevano che una mobilitazione troppo rapida avrebbe "minato e distrutto le strutture economiche e sociali esistenti". Qualcuno sperava ancora che fosse possibile evitare una guerra totale con la Germania, ma nel frattempo le istituzioni erano concentrate sul potenziamento delle forze armate, senza illusioni sulle future intenzioni di Hitler.
Alla luce di questi fatti, dichiarare che una linea di fermezza avrebbe, con alta probabilità, evitato la guerra risulta poco verosimile. Il dibattito sull'efficacia dell'appeasement è ancora aperto oggi, così come lo era all'epoca, ma la semplificazione della questione espressa da Mattarella sembra più un tentativo di giustificare una certa linea politica attuale, piuttosto che un'analisi storica rigorosa.
Certamente, il Presidente non poteva pensare che il suo intervento avrebbe frenato l'iniziativa di Donald Trump di avviare negoziati con la Russia per porre fine alla guerra in Ucraina. Forse, l'obiettivo era piuttosto quello di fissare dei paletti sul ruolo dell'Italia, spingendo Giorgia Meloni a non appoggiare un compromesso ritenuto penalizzante per Kiev. Tuttavia, fuori dall'Italia, questo intervento ha avuto un impatto limitato, data la minore rilevanza attribuita alla carica di Capo dello Stato. Le trattative vanno avanti e, per quanto riguarda l'Italia, resta da vedere se Meloni sarà in grado di svolgere un ruolo utile agli interessi italiani ed europei più in generale.
di Andrew Spannaus