Arcuri, interrogazione-fiume di 9 ore (finita alle 23) in commissione Covid all'ex commissario per la pandemia: "Le mascherine cinesi non erano certificate"
L'ex commissario per l'emergenza Covid ha riferito ai parlamentari del caso mascherine e dei rapporti con la politica
Interrogazione-fiume nella giornata di ieri per l'ex commissario per l'emergenza Covid Domenico Arcuri. L'audizione, avvenuta davanti ai parlamentari della commissione d'inchiesta per la pandemia, è durata 9 ore, dalle 11 alle 17 e dalle 20 alle 23. Arcuri ha dovuto rispondere dei rapporti con la politica e del caso mascherine, sul quale ammette che "le mascherine cinesi non erano certificate".
9 ore di interrogazione-fiume per Domenico Arcuri
9 ore è durata l'audizione davanti alla commissione parlamentare per la pandemia per Domenico Arcuri, ex commissario per l'emergenza Covid. L'interrogazione-fiume è iniziata alle 11 di ieri mattina ed è finita alle 17 con una sola interruzione di circa 5 minuti, per poi riprendere alle 20 e terminare alle 23. In queste 9 ore di lavoro, nonostante le proteste dell'opposizione che chiedevano di sospendere l'audizione, l'ex commissario Arcuri ha risposto alle domande della commissione in merito ai rapporti con i politici e al caso mascherine. Arcuri era stato accusato dall'azienda Jc-Electronics, per un periodo fornitrice di mascherine ma poi il contratto era stato revocato in favore di altre aziende, di aver cambiato fornitori per favorire "mascherine cinesi di scarsa qualità" e "non idonee" in quanto "non certificate".
Arcuri ha spiegato le sue scelte in maniera di forniture mediche: "all'inizio non avevamo nulla, se non la consapevolezza della tragedia e la necessità di attrezzarci il prima possibile. Non c'era una azienda che producesse dpi, nessuna azienda che producesse ventilatori, tranne una di Bologna", da questo il ricorso ad aziende straniere per i primi mesi del Covid. In seguito era nata una produzione italiana, per cui era stato scelto di usare quella e non materiale proveniente dall'estero. In merito alla mascherine giudicate non idonee, Arcuri ha affermato che fosse di "difficile sostenibilità" la tesi per cui sapesse a "marzo del 2020 che le mascherine che sono state sequestrate a febbraio del 2021 e poi dissequestrate non erano buone". Ha aggiunto poi che le mascherine prodotte in Cina non erano effettivamente provviste del marchio CE, in quanto "Il certificato CE le mascherine cinesi non ce l'hanno. Quindi come si fa a sostenere che il certificato CE delle mascherine era falso? In Cina non sanno nemmeno cosa significa CE". Arcuri si è assunto la "totale responsabilità dell'andamento di questa vicenda".
Sui rapporti con la politica, l'ex commissario aveva già ammesso di aver ricevuto diverse chiamate da politici che volevano proporre forniture mediche per la pandemia, respingendole sempre "gentilmente". Arcuri ha poi dichiarato di non essersi mai confrontato con l'allora premier Giuseppe Conte sulla vicenda: "Purtroppo io non ho mai parlato con il presidente del Consiglio né di acquisti, né di forniture, né di Jc, né di Cina".
FdI ha accusato