"Ci vuole più Europa" ma l'Europa con la follia elettro-green sta cancellando milioni di lavoratori: li sostituiranno gli schiavi clandestini?

La crisi dell'automotive si poteva evitare, si doveva evitare ma dalla UE nessun passo indietro, nessun confronto con la realtà, nessuna umiltà: avanti col disastro a prezzo di nuove tasse. Così per tutto. E il mantra "ci vuole più Europa" a questo punto fa paura come i matti.

Il nostro Mattarella ripete imperterrito che “ci vuole più Europa” ma l'Europa è quella che ha originato il disastro dell'auto elettrica e adesso si rifiuta di prenderne atto. Anzi insiste con delirante convinzione, il nuovo commissario al clima, l'olandese Hoekstra, nominato dalla Baronessa Siringa su raccomandazione dell'olandese Timmermans, degno predecessore, ha pronunciato ieri alcune frasi agghiaccianti ma inequivocabili: prima ha boicottato per evidenti ragioni i biocarburanti, sui quali l'Italia spinge, «La realtà è che non possono far parte del mix per il settore auto perché è difficile renderli completamente neutrali dal punto di vista delle emissioni», poi, da perfetto burocrate, si è appellato alle regole Ue che non ammettono alternative: «Io credo fortemente nella tassazione green e sono convinto che la tassazione possa sostenere i nostri obiettivi”. I nostri, non quelli dei cittadini. E per soddisfare le ossessioni di un pugno di privilegiati, da nessuno eletti ma con smanie autoritarie, che fa? Impone nuove tasse.

Il tutto nel pieno corso della strage dell'automotive: stabilimenti che chiudono, lavoratori licenziati, una probabile crisi di governo in Germania indotta dalla autodistruzione di Wolksvagen, una delle più enormi catastrofi dell'era industriale, si direbbe senza riconversione, senza ricostruzione a meno di un generale ripensamento. Ma l'Europa non sembra disponibile a fare i conti con le proprie colpe e manager come Tavares, aziende come Nissan non mostrano maggior discernimento: lo stratega di Stellantis sta accompagnandola al cimitero e solo negli Stati Uniti manda a casa 1.100 dipendenti in un colpo solo, il colosso giapponese sta eliminando 9mila posti di lavoro, la capacità produttiva globale è scesa di un quinto, gli utili franati da quasi 3 miliardi di euro a 100 milioni, ma a Yokohama insistono: “Il nostro piano è molto chiaro, è il 100% di elettriche entro il 2030 in Europa”. E per farcela preferiscono falcidiare i dipendenti. Auguri, ma a fregarsi le mani sarà la Cina, per un sacco di buone ragioni.

C'è chi ancora è capace di umiltà e realismo a questo mondo? Se c'è, di sicuro non abita a Bruxelles, dove, mi racconta un'amica appena rientrata, “Non ho visto un bianco, non una donna che non fosse velata”. Nel cuore delle istituzioni comunitarie occidentali. Ma ormai è chiaro, c'è un progetto dietro, fatto di strategie che si uniscono nel cancellare quello che resta del vecchio continente. L'elettrificazione unica strada per “salvare il pianeta” è una favola ammuffita, non ci crede più neanche Greta, il pupazzo globalista diventato mascotte dell'Anno Santo. Tutti i dati tecnici e scientifici hanno dimostrato, hanno confermato che l'auto elettrica “non è la soluzione ma la causa” e inoltre è impraticabile, non accessibile al cittadino qualsiasi, avevo un'amica che, per venirmi a prendere alla stazione Centrale di Milano partiva da casa sua non lontana dal centro prima di me col treno dalla Marche: doveva perdere 4 ore in una ricarica che bastava suppergiù per 100 chilometri. Ma il sindaco Sala, sindaco manager, anche lui non sente ragioni: poche storie, più auto elettriche e meno auto in genere. I maligni insinuano di premi o tangenti faraoniche suddivise fra decisori e propagandisti per conto della finanza globale che escogita veicoli e mele avvelenate, ma la questione sembra avere più a che fare con la psichiatria del genere ossessivo. C'è come un riflesso condizionato che è tipico dei presuntuosi: se la realtà gli si ritorce contro, se capiscono di avere sbagliato tutto, lo rimuovono e insistono con le medesime assurde ricette. Segno sicuro di follia è fare sempre le stesse cose aspettandosi esiti diversi. Come quella misconosciuta, sedicente divulgatrice e debunker, tale Alice Rotelli, che sui social dice: con l'elezione di Kennedy jr alla Sanità dovremo rimboccarci le maniche, combattere i novax ristabilire la verità. Ed è palese che stia cercando un impiego, ma con che faccia insiste, questa, dopo i danni contro l'umanità perpetrati da vaccini definiti “insicuri e pericolosi” da chi li fabbricava? Che ci scappi qua e là qualche premietto, come per i cani ubbidienti, è altamente probabile, ma la questione resta principalmente ideologica, fanatica.

L'Europa oggi ha paura del redivivo presidente americano Trump, al quale manda ipocriti salamelecchi, dei suoi dazi, del suo isolazionismo, ma dovrebbe avere paura di se stessa, della propria inconsistenza, della propria inettitudine, che è “totale globale” come la frittura di Caccamo, il giornalista macchietta di Teo Teocoli. Non c'è aspetto, scelta, strategia che non si sia dimostrata esiziale, letale in 30 anni di questa astrazione costruita per favorire l'islamizzazione continentale di concerto con il suo impoverimento a partire dalla fascia mediterranea. Poi hanno aggiunto l'avvelenamento di massa per via terroristico-sanitaria, sul quale 440 milioni di elettori si sono espressi in modo inequivocabile: i mammasantissima se ne sono altamente fregati, hanno fatto come se il voto, che li aveva bastonati duramente, non ci fosse mai stato e comunque non contasse niente, si sono raggrumati con alleanze anche estemporanee e a volte oscene. Pur di nuocere all'ungherese Orban hanno fatto eleggere, dall'Italia, una teppistoide specializzata nell'occupare case di poveri, accusata in Ungheria di tentato omicidio, felice di farsi affittare alla bisogna in cambio dei ventimila euro mensili erogati dalla Banca Centrale, simbolo di quel liberismo capitalista che lei vuole “abbattere con qualsiasi mezzo”. Intanto l'Europa che la paga ha trovato una soluzione perfettamente liberista, sostituire i lavoratori cacciati a causa delle sue politiche criminali con i più convenienti schiavi clandestini. Da Roma, l'eurobanchiere Draghi fa la voce grossa, temendone a ragione l'effetto sulla UE manda larvate minacce a Trump che sicuramente starà tremando di paura, chiama alle crociate una Europa che non esiste se non come comitato di affari, riceve a casa, da sottoposta, la politica per allegria, aspirante regista amatoriale Elly Schlein, facendo in modo che si sappia subito, che tutti sappiano, uno: chi è il vero padrone del PD, della sinistra nazionale, un banchiere, e due: che lui conta ancora e più di tutti nel ruolo di anello di congiunzione tra il marasma della sinistra italiana e il delirio del'Unione Europa che più catastrofi combina e più le vuole peggiorare, siccome “ce ne vuole di più”. E questo mantra, questa ostinazione cieca e sorda ai risultati, alle conseguenze, questo pretendere sempre più una astrazione capace solo di rovinare, di lasciare i suoi cittadini fuori dal tempo, dal mondo, dalla capacità di difendersi e di competere, a questo punto comincia a mettere paura come la mettono i matti.