L'oscena rappresentazione di Parigi non è un caso e non è un errore: serviva ad archiviare l'Europa in quanto tale

Tutto nella cerimonia dei giochi olimpici era allusivo, tutto portava un segnale preciso verso la raffigurazione trionfale del progressismo filoislamista che piace alla UE, alle sue Baronesse Siringa. Il demiurgo Thomas Jolly è solo un manichino nel giro gay di Macron.

Thomas Jolly, il regista dell’oscena cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Parigi, è un vigliacchetto e se la cava alla maniera dei vigliacchetti che, lanciato il sasso, nascondono la mano e se mai incolpano le vittime: non avete capito niente, la mia non era l’ultima cena ma una festa pagana in onore di Dioniso. Certo, si è sbagliato l’universo mondo nel vederci inequivocabili richiami provocatorii al Graal cristiano. Ma no, era proprio l’ultima cena benché sfigurata, declinata in orgia tossica come piace al gusto eurounionista, progressista che ha spalancato le porte all’Islam politico nella patetica convinzione di assimilarlo mentre ne viene travolto. Anche la Maria Antonietta decapitata che balla è una commistione di paleocomunismo rivoluzionario e aperture all’Islam delle teste tagliate, delle soluzioni spicce. Nella complicata cerimonia fluo non una allusione al mondo di Maometto e invece un continuum con la blasfemia ludica e politica all’insegna del presunto laicismo europeista, come già per la mostra all’Europarlamento con Cristo “crocifisso” al legno umano di alcuni neri erculei in un groviglio di carne, di tumefazioni, di labbra rifatte, di fluidi, di rossetti e di smalti. Cosa che piacque molto alla Baronessa Siringa come agli imbecilli del progressismo filoislamico che non tollerano ironie sull’Islam, sul gender, sul leninismo rivoluzionario. Il capolavoro si deve a un emerito sconosciuto, questo Jolly, che dalle rappresentazioni in odor di frocieria studentesca ha fatto carriera nel giro omosessuale protetto da Macron: questi i risultati, che vanno oltre il fallimento estetico e, per così dire, artistico: la conferma di uno sbando europeo, di una resa dei conti europea, la fine dell’Europa che si percepiva unita senza bisogno di astrazioni burocratiche irresponsabili, alias la UE “che vive di crisi” come disse uno dei capostipiti, Helmut Schmidt, e come dice oggi la Baronessa Siringa parlando di permacrisi, crisi perenne, permanente, da fronteggiare con sempre nuove dosi vaccinali e riconversioni truffaldine. Ma la nostra Meloni, all’insegna del turismo istituzionale, va in Cina a stringere accordi commerciali che lasciano in mano al regime di Xi il controllo spionistico tramite il 5G e appaltano nuove massicce commesse di batterie per le auto elettriche: l’accozzaglia piddina a 5 stelle lungo la via della Seta non avrebbe saputo fare di meglio, a conferma che questo è un regime spartito, di tutti con tutti, con inquietanti prospettive per la nostra residua autonomia anzitutto sanitaria. Del resto, uno dei suoi principali consiglieri, il rampante nostalgico Buttafuoco, piazzato alla Biennale veneziana, non ha abbracciato l’islamismo sensuale e acritico?

L’Europa come Europa è sparita dalla sensibilità dei suoi governanti nazionali, ormai consegnati alla corruttela mediorientale ed orientale, una corruttela che a differenza del passato non produce effetti benefici sui Paesi ma solo per i clan familiari o mafiosi dei potenti pro tempore. L’Islam politico ha già oggi il controllo di fatto di quasi tutte le capitali, di larga parte degli scomparsi Paesi-nazione: se non procede è perché sente che può ancora aspettare, che la sua penetrazione procede morbida, senza resistenze e quindi non ha bisogno di forzare la mano con la violenza, la sua sharia è già in processo, la sua jihad fin troppo facile. Poi, è chiaro, la resa dei conti arriverà, è prevista dai sacri testi, ma a che pro forzare la mano quando nel frattempo si può infiltrare l’Europa, conquistarla da dentro senza quasi colpo ferire? A che serve se le nullità in carriera della lobby genderista lavorano per loro, inscenano certe rappresentazioni oltre il grottesco per scadere in un demoniaco da cartone animato?

Non è stato un incidente la cerimonia della Parigi senza parigini, la Parigi “di nuova generazione” fuori controllo, affidata a un cialtrone che da ragazzo si identificava in Cleopatra e per il quale, a parte i soliti luoghi comuni della subcultura queer, l’Europa sta nel caleidoscopio che mette insieme “Taylor Swift con gli acrobati del circo”. Nessuna sensibilità per nessun lascito diverso, colto, nessuna attenzione e probabilmente nessun sospetto di Umanesimo e rinascimento europeo, di Barocco e Romanticismo, di Bach e Debussy, dell’impressionismo sonoro e figurativo e via discorrendo. Piuttosto, i battelli con gli sportivi, tipo viaggio organizzato, e i capi di Stato a prendersi la bufera, in una scena grottesca ma anche questa messa in conto. È stata la conferma di un capolinea o, se si preferisce, un punto e a capo: densa di allusioni, di messaggi, sfruttando l’occasione dei giochi olimpici che dovrebbero unire popoli, atleti all’insegna dello sport. Ma a Parigi, nella Parigi olimpica l’unica faccenda latitante è lo spirito sportivo anche in misura residuale o retorica. Circola di tutto, razzismi incrociati, doping, droghe le più fantasiose, affari, sponsor, logiche politico-finanziarie, ragion politiche e televisive, tutto meno che lo sport in quanto tale. Fino al parossismo della propaganda eurogenderista che serpeggia ovunque, non solo nella cerimonia con i puffi in erezione, con i balletti e le figurazioni pedofile, ovunque ma poi fanno i letti di cartone per impedire agli atleti di accoppiarsi, di abbandonarsi ad orge bestemmianti come quelle che piacciono al miracolato Jolly che tira dentro anche la Lady Gaga che sta con un coreografo suo amante. Che spettacolo! Non è questo lo spirito inclusivo, il tutti dentro nel segno degli affari insuscettibili di distinzioni marcate, secondo il comandamento del post liberismo finanziario che prospera nell’illegalità e nella mancanza di paletti?

No, non è stato un caso questa cerimonia attentamente, meticolosamente studiata nell’arco di due anni. Tutto nella apparente mancanza di senso doveva avere un senso preciso, chiaramente percepibile dai destinatari e il senso definitivo è la Parigi africana e mediorientale monoetnica che si incarica di seppellire l’Europa “delle cattedrali”, l’Europa di Carlo Magno che nella notte di Natale dell’anno del Signore Ottocento univa trono e altare, imponeva la scrittura musicale, “una sola voce ed un solo canto in tutta Europa”, coi missi dominici, col monaco Simone che girava tra Roma e Parigi a verificare il rispetto impossibile di tante leggi artistiche draconiane. Da allora nell’arco di dodici secoli l’Europa si è articolata, contorta in guerre di potere e di evoluzioni politiche restando koiné dei diversi, teatro di guerre e di alleanze e nuove guerre ma nel quadro di una comune appartenenza che neppure due conflitti totali, mondiali avevano potuto mettere in discussione. Dove non è riuscito Hitler è riuscita la burocrazia istituzionale di Bruxelles, la Baronessa Siringa che ci vuole tutti vaccinati a bordo di carrette elettriche per morire meglio. Trent’anni e tutto finito, e l’oscena rappresentazione di Parigi per ballarci sopra.