Dalla Salis a Vannacci, siamo messi male, o forse malissimo: il disastro della campagna elettorale è sotto gli occhi degli italiani silenti
Candidati discutibili se non impresentabili, parole vecchie, immagini di defunti, tutti contro l'Europa e tutti servi dell'Europa. La competizione politica è drammatica, alcuni ridono, altri piangono
Ogni campagna elettorale dovrebbe essere un confronto di idee, programmi, linguaggio e via così, un potpourri di intelligenze. Questo fuori dal nostro Paese, perché in Italia è l'esatto opposto.
Le prime ore di dibattito e dichiarazioni, lasciano l'amaro in bocca.
Tutti contro tutti per via del sistema proporzionale, i protagonisti della nostra commediola di serie "C" non lesinano supercazzole.
E se il PD ha vissuto per pochi minuti l'incubo di ritrovarsi il nome della Schlein sul simbolo, Forza Italia mantiene fin troppa coerenza aggrappandosi a quel Berlusconi bello grosso sotto la bandiera tricolore, travalicando i confini del macabro e piazzando il defunto leader sui manifesti insieme a Tajani.
Calenda e Renzi non pervenuti. Ubriachi del trionfo in Basilicata forse si devono ancora riprendere.
La Meloni, per gli amici la Shirley Temple della Garbatella, ce la ritroviamo in tutte le salse in ogni angolo della strada, con la solita foto ritoccata per renderla una piacente fanciulla, e con tanto di slogan "per cambiare l'Europa". Cambiare in che senso non si capisce, visto che lei è il perfetto cavalier servente di Bruxelles.
Infine gli opposti che si toccano. A sinistra del PD, difendono la bandiera della vecchia scuola marxista e un po' arcobaleno i vari Bonelli e Fratoianni che, Soumahoro e sassi dei fiumi a parte, senza uno straccio di proposta, candidano la detenuta Ilaria Salis in nome dell'antifascismo militante.
La Lega, dilaniata dalle divisioni interne, dimenticando il suo elettorato storico rivendica i cari vecchi principi fascisti candidando Vannacci che ha definito Mussolini uno statista.
Per concludere, concediamoci una riflessione. Un tempo, diciamo fino a una trentina di anni fa, i partiti non cercavano di selezionare i propri candidati tra le eccellenze, magari pescando qualcuno con un passato di militanza attiva che avesse dimostrato di avere il giusto approccio linguistico e uno straccio di carisma?
Un tempo, sì. Oggi è diverso, non contano le idee, conta la popolarità.
Sora Lella direbbe: "'namo bene".
Di Aldo Luigi Mancusi