Il Premier potrà sciogliere le Camere: l'Italia è un pelino sempre più fascista (direbbero i maligni)
Con la riforma portata a casa, la Meloni non ha ottenuto il Presidenzialismo, ma ha comunque rosicchiato un bel risultato verso una "rivoluzione autoritaria"
Nessuno pensa che Fratelli D'Italia sogni il ritorno al famoso Ventennio, ma che gli ex o post fascisti, chiamateli come preferite, conservino il pallino del Governo "padrone", è un fatto, e chissene frega del prezzo da pagare.
Questo deve essere il ragionamento fatto dalla piccola Giorgia Meloni per raggiungere il risultato sperato, cedendo nel braccio di ferro con la Lega su quella disgrazia della riforma sulle autonomie da realizzarsi prima delle europee.
Avete presente, no? La riforma tanto voluta dal popolo nordico, o per meglio dire da Zaia, quel collage di supercazzole che rischia di fare a pezzi la nostra già vacillante unità nazionale.
Ma in cosa consisterà mai questo guadagno straordinario che è valso un prezzo così elevato? Lo so, vi vien da ridere, ma non c'é un granché da stare allegri.
In barba al nostro dettato Costituzionale, che vede come garante sopra le parti il Presidente della Repubblica quale unico regista in grado di sciogliere le Camere di fronte una crisi, con uno stratagemma semantico Giorgia si è quadagna la possibilità di poter essere lei a decidere quando scioglierle e andare al voto.
Arrivando ai fatti, in caso di mancata fiducia su di un provvedimento, caso che secondo i costituzionalisti dovrebbe inevitabilmente portare il Premier a dimissioni obbligate e non volontarie, con l'eliminazione della parolina "volontarie" la Meloni potrà chiedere e ottenere il ritorno al voto: un'arma di ricatto perfetta, direbbe Hitchcock.
Vedete, queste sono quelle che all'apparenza sembrano le piccole e innocenti riforme che, nella realtà dei fatti, tengono gli alleati e l'opposizione per i testicoli, per non dire come tengono il Paese.
Ora attendiamo che alla parata del 2 Giugno venga cantata Faccetta Nera, giusto per rimanere in tema, non per altro.
Di Aldo Luigi Mancusi