Abruzzo: analizziamo le ragioni dietro il successo a tutto tondo di un centrodestra trionfante
Non ci sono stati dubbi sulla netta vittoria della carovana meloniana in Abruzzo, ma il merito di chi è? Del candidato? Dell'azione di Governo? Del centrosinistra?
Vincere con un candidato come Marsilio la competizione in Abruzzo sarebbe stato impossibile in altri tempi, siamo sinceri. Immaginare di affidare la gestione della cosa pubblica a uno che nel 2021 affermava che proprio l'Abruzzo era bagnato da Adriatico, Tirreno e Ionio, confondendolo di fatto con un'isola, non è certo incoraggiante.
Senza dimenticare che nel 2023, sondaggio SWG, Marsilio si è piazzato tra i peggiori Presidenti di Regione italiani, forse anche perché approfittò del caos creato dalla pandemia Covid, che gestì malissimo, per approvare un condono edilizio e fiscale che chiamò "pace legale"?
Tra i meriti di Marsilio però non possiamo dimenticare che l'Abruzzo paga 120 milioni di euro l'anno alle regioni confinanti per curare gli abruzzesi, così come ha cancellato la riserva del Brosacchio, un'oasi di 1000 ettari fondamentale per una regione che sopravvive anche grazie al turismo, riducendoli a 25 ettari per cementificare i restanti 975.
Orbene, che ci crediate o meno, questo signore è stato rieletto portando a casa una vittoria stracciante. La domanda è: perché?
Semplice, il centrodestra non ha commesso gli errori fatti in Sardegna, ovvero ha tenuto fermo il punto sul Presidente uscente, che ovviamente essendo in carica ha radicato il suo sistema, e si è presentato compatto senza gli screzi da prime donne dei singoli leader. Senza dimenticare il colpo di scena fintissimo del rifinanziamento - senza fondi - per la tratta ferroviaria Roma Pescara.
Addirittura la Lega, che era data al 3%, ha portato a casa un ottimo 8%, per non parlare di Forza Italia risorta con un 14%.
Ma i meriti non sono solo della "fermezza" dei Meloni boys, i ringraziamenti vanno anche al centrosinistra.
Per quanto D'Amico sia una persona presentabile, il suo problema è stato chi lo ha presentato. Il PD continua imperterrito nella sua lotta per la sconfitta, con una Schlein che fa discorsi senza capo né coda, cerca di produrre supercazzole credibili ma non riesce minimamente a tirar fuori una tematica di sinistra. Conte, forse troppo sicuro di sé dopo la Sardegna, diciamo che ha dovuto passare più tempo a battibeccare con Calenda che non a fare campagna elettorale. Lo stesso Calenda poi, per quanto Azione i suoi 4 punticini li abbia conquistati, è talmente sconcludente e qualunquista nei ragionamenti politici che, dove lo metti metti, ti condanna alla sconfitta.
Top player Matteo Renzi che, non muovendo un dito e lasciando i doveri della campagna elettorale a +Europa e PSI, a casa si è portato i famosi 3 punti.
Tutto ciò ci dimostra una sola cosa: per quanto possa essere discutibile un candidato, ciò che paga è la coerenza, mentre gli assembramenti pasticcioni senza argomenti e unità, portano alla sconfitta. Il centrodestra ha imparato una lezione, bisogna sapere parlare con il popolo il linguaggio del popolo, cosa che il centrosinistra ha dimenticato da decenni.
Di Aldo Luigi Mancusi