Governo tecnico, in tanti a volere che le migliori teste del Paese si mettano assieme: più Meloni si indebolisce più Mattarella si rinforza
L’ipotesi di un governo tecnico che possa mettere assieme le migliori teste del Paese non è mai scemata nonostante in via della Scrofa (apparentemente) non ci sia preoccupazione. Quanto più arranca l’inquilina di Palazzo Chigi, tanto più si rafforza l’uomo del Quirinale
Sicuri che il governo tecnico sia soltanto una fisima di qualche inquilino di palazzo Chigi? Nonostante la sicurezza che infondono i sondaggi, per i quali la coalizione di centrodestra guadagna persino qualche decimale di punto, con Fratelli d’Italia stabilmente e di gran lunga in testa alle rilevazioni, lontano perciò dalle insidie potenziali di amici e avversari, corre lungo l’asse tra Palazzo Chigi e Via della Scrofa il filo di nervose apprensioni per le trame dentro e fuori del Palazzo. Le due sorelle, Giorgia e Arianna, l’una alla guida del governo e l’altra del partito, abituate ad agire in sintonia misurano all’istante anche il più leggero fruscio di rami nella foresta della politica romana.
Perché temere, se il consenso è stabile? Dov’è il pericolo di fronte ad opposizioni che, agli occhi della pubblica opinione, non sono forti abbastanza e marciano pure divise? E quale congiura di potentati occulti si profila visto che in Europa e nel mondo è tutto un mietere di successi, reali o raccontati? Insomma, se ufficialmente va tutto bene come va ripetendo ogni due minuti Giorgia Meloni perché ufficiosamente e nelle chiacchiere private si preoccupa tanto? In effetti il quadro non dovrebbe fornire elementi di preoccupazione, portando semmai allo scoperto solo qualche fastidio per le intemperanze di Matteo Salvini o le sonnolenze di Antonio Tajani. Eppure non è così, qualcosa di anomalo registra sempre il sismografo della Meloni.
Basta sapere cosa si muove del deep state internazionale per rendersi conto del perché vi è agitazione nel cerchio ristretto della destra. C'è chi non aspetta altro che le migliori teste del paese, ovvero della classe dirigente intesa in senso lato (e ce ne sono sia nella maggioranza che nell'opposizione) si mettano assieme, si siedano tutte intorno allo stesso tavolo per salvare il paese, ovvero per attutire i danni della tempesta perfetta che potrebbe abbattersi sulla nazione e quindi per proteggere la nostra fragile democrazia.
Ora, appare sorprendente che se di governo tecnico ancora non si parla, intanto si comincia a discettare di collaborazione tra teste pensanti, al di là degli schieramenti politici attuali. Siamo alla prefigurazione di uno scenario mancante in altre circostanze, quando il passaggio a soluzioni di emergenza, da Monti a Draghi, ha semplicemente dato evidenza e concretezza a uno stato di necessità. Una discussione tanto disinvolta, certamente poco celebrativa della consistenza politica del governo, è indice di un malessere che serpeggia nel Paese. Lo stesso Paese, in verità, che ad ogni uscita pubblica del Presidente della Repubblica non lesina manifestazioni di calore e simpatia nei suoi confronti.
Questo è il vero punto dolente per la Meloni: il malessere degli italiani non si disperde nei rivoli della protesta senza sbocchi, ma trova sponda nella Presidenza della Repubblica. Quanto più arranca l’inquilina di Palazzo Chigi, tanto più si rafforza l’uomo del Quirinale. Dunque, ignorare questa tensione sotterranea tra i due poli del potere nazionale significa perdere la traccia del fattore crisi che agita il sistema di potere raccolto attorno alla leadership della Meloni.
Da ciò deriva una responsabilità aggiuntiva per Sergio Mattarella, non potendo permettersi alcuna distrazione. Al Quirinale sono attenti come non mai a salvaguardare il prestigio e l’immagine del Presidente. Anche la tradizionale partecipazione all’assemblea annuale dei Comuni, prevista a Genova, è entrata perciò nel mirino dei più stretti collaboratori di Mattarella a seguito delle polemiche, attribuite alla regia della destra sugli “stipendi d’oro” dell’Anci (l'obiettivo è scardinare gli attuali assetti dell'associazione per renderli contigui all'azione governativa). La parola d’ordine al Colle è garantire l’enorme credito che riscuote oggi il Presidente, mentre sul governo si proietta un’ombra di malcelata insoddisfazione.