Luciana Sbarbati (MRE): "Irrinunciabile per l'Europa fare il salto di qualità"
Siamo di fronte e tre grandi rivoluzioni
Riflettere sulla attuale situazione in cui versa l'Europa oggi non può prescindere dal ripercorrere la sua storia esaltante per la forza dell'utopia che l'ha sempre sostenuta fin dai primi passi dei padri fondatori. Nonostante i contraccolpi di una fallimentare globalizzazione, dei duri cambiamenti climatici, della pandemia, del terrorismo, della questione energetica e ambientale intrinsecamente connessa allo sviluppo economico, che attraversano i confini degli stati e fanno
dell'umanità un'Unica Comunità di Destino, nonostante le battute di arresto nel processo evolutivo per una Europa politica, aperta, di pace, prosperità, che oggi ha bisogno non solo dei burocrati o dei governi nazionali, ma dei popoli, dei cittadini, che devono sentirsi sempre più interdipendenti, solidali, io sono convinta che questa utopia abbia ancora energia sufficiente per perseguire il suo sogno.
C'è oggi più di ieri il bisogno di un rinnovato, paziente, coraggioso lavoro culturale per suscitare o resuscitare il sopito senso di appartenenza, per riprendere una programmazione difficile con regole nuove, riformare i Trattati sempre più obsoleti nei confronti di un mondo nuovo, aprirsi con decisione all’Europa Federale.
Solo la conoscenza e la partecipazione pero 'potranno ridare slancio al progetto europeo e salvare l'Europa, perché non si può pretendere che si ami chi non si conosce e con cui nulla si condivide, perché la frustrazione di sentirsi troppo a lungo solo dei sudditi, costretti alla obbedienza ,alla lunga genera disaffezione, risentimento e perfino ribellione come si può chiaramente toccare con mano oggi.
Forti rigurgiti nazionalisti e anti europei hanno trovato facile terreno di semina nella durissima crisi socioeconomica che il continente sta vivendo dopo la pandemia, con la guerra in Ucraina in casa. C'è un clima avvelenato di anti europeismo contro il quale poche voci coraggiose si levano. Due opposte visioni, che sembravano superate, dopo la caduta del muro di Berlino, l'accordo sull'unione economico monetaria, dopo i primi passi in politica estera attraverso i trattati di Maastricht e di Amsterdam, l'allargamento a ben 27 stati, oggi più che mai si contrastano, impedendo al progetto europeo di decollare: quella INTERGOVERNATIVA e quella COMUNITARIA, mentre voci più isolate e autorevoli ,ma meno supportate dai media , parlano di una EUROPA FEDERALE.
Le prossime elezioni europee giocano una importante e decisiva partita in un clima avvelenato dalla crisi socioeconomica, dai postumi della pandemia, dalla tragedia delle migrazioni di massa, dalla crisi della politica e dei partiti che non hanno voluto capire quanto ci sia bisogno di una Europa politica, vincolati come siamo ad uno stesso destino in un mondo che non trova la strada per una governance nell'interesse dell'umanità e in cui la competizione si fa ormai per continenti.
Le questioni che vengono oggi strumentalmente usate ci dimostrano come i partiti europei, chi più chi meno, stiano perdendo il senso stesso della storia che sottende alle elezioni europee che non è altro che quello di lavorare e contribuire alla ripresa del progetto di integrazione europea combattendo lo scetticismo diffuso che vede ormai l'Europa come l'implacabile fustigatore delle
nostre finanze dissestate alimentandolo strumentalmente per il meschino fine del bottino elettorale.
Per molti partiti oggi sparare contro l'Europa e soprattutto contro l'euro alzo zero è una scelta dal
fortissimo appeal populista, che tra l'altro offre loro il vantaggio di non impegnarsi per offrire
proposte nuove e concrete. Bruxelles viene dipinta come l'origine di tutti i mali a causa della sua
politica di austerità e rigore. Non sento che poche, timide difese contro questi attacchi violenti, fuori dalla storia ed è fuori dubbio
che questo silenzio opportunista è una cosa avvilente. Ormai è irrinunciabile che l'UE faccia quel salto di qualità che sta rimandando da troppo tempo e cioè: definirsi decisamente come Europa politica per tornare credibile, autorevole a livello
internazionale, affascinante, inclusiva e uscire dal pantano in cui si trova, che soffoca il suo futuro
relegandola ad un destino di dipendenza da un nuovo ordine mondiale che si sta strutturando e che
la registra pericolosamente assente. Deve essere compreso una volta per tutte che gli interessi
comunitari debbono prevalere su quelli nazionali, perché da soli non ci si salva.
Concetticome trasparenza, responsabilità, dialogo hanno accompagnato la politica
dell'allargamento che vedeva il simultaneo ingresso di 10 paesi ai quali seguirono la Bulgaria e la
Romania. La portata di questo evento che metteva insieme una popolazione di circa 500 milioni di cittadini
non è stata però compresa. Sono prevalse le diffidenze, gli antagonismi, sui quali gli euroscettici
stanno giocando una pericolosa partita. Certo l'allargamento ha avuto i suoi costi e continuerà ad
averli, ma vanno considerati sia le potenzialità che i vantaggi che la nascita di un mercato di quasi
mezzo miliardo di persone ha portato alla nostra economia. Esso è stato la prova di una Europa
capace di aprirsi e farsi modello di una società democratica basata su principi di legalità, su istituzioni
pluraliste, sul decentramento, l'economia di mercato, il libero scambio la cooperazione economica
e politica, la tolleranza e la solidarietà.
Oggi, come ieri con la tragedia della guerra in Bosnia e in Kossovo, con la guerra in Ucraina, la realtà
ci dimostra chiaramente come l'UE sia necessaria e come sia improcrastinabile la sua maturazione
politica a fronte delle sue responsabilità per meglio affrontare le grandi emergenze come le
pandemie, le catastrofi naturali, i grandi esodi di massa delle popolazioni afflitte dalla guerra e dalla
fame. Questo comporta il superamento e il rigetto delle culture identitarie chiuse per una civiltà comune
basata su valori universali: la libertà di movimento di beni, servizi, capitali e persone unita al dialogo
tra i popoli. La mobilità degli studenti grazie al progetto Erasmus, l 'adozione di regole condivise e la
moneta unica debbono creare un senso di appartenenza forte, che invece oggi si è molto indebolito.
Si potrebbe parlare sia in positivo che in negativo sugli eventi che hanno segnato il percorso
europeo, dalla riforma del patto di stabilità e crescita ad una nuova impostazione delle prospettive
finanziarie che è stata poi ridimensionata, dalla strategia di Lisbona alla carta per i diritti
fondamentali o di Nizza, alla firma a Roma nel 2004 della Costituzione Europe a cui non ha fatto
seguito la ratifica di Francia e Paesi Bassi, dal progetto Galileo alla riforma del diritto societario, alle
regole per la concorrenza e l'impegno per il brevetto comunitario e per la diffusione
dell'innovazione, dall'impiego del capitale di rischio a sostegno della ricerca, alla rivoluzione della
politica ambientale e nel settore energetico, sempre più incentrato sulle energie rinnovabili, come
pure in quello dei trasporti, delle comunicazioni e delle nanotecnologie. Sono state progettate e
strutturate le reti trans e paneuropee, tante sono le questioni che potremmo affrontare per
2catturare l'interesse dei cittadini e la loro affezione all'Europa, ma ciò che oggi campeggia nel povero
dibattito politico sull'Europa non sono le sue faticose ed esaltanti conquiste citate, ma
semplicemente la critica distruttiva rispetto a ciò che è mancato.
E' vero, abbiamo realizzato l'Europa dei mercati, globalizzato l'economia, ma non abbiamo realizzato
l'Europa politica. Difetta colpevolmente sia la volontà che il coraggio per costruire una politica estera e della difesa
capace di darci una immagine autorevole nello scenario internazionale in grado di interloquire con
una sola voce ed di incidere nelle decisioni con la forza della nostra cultura. Continuiamo a
presentarci ai grandi appuntamenti della storia divisi, incapaci di condividere scelte cruciali per la
nostra sopravvivenza, lenti nel modernizzare gli strumenti necessari ad una società vecchia
arroccata su moduli e categorie obsolete. SIAMO ANCORA AL DIRITTO DI VETO che blocca e paralizza
ogni tentativo di cambiamento.
Il risultato è la disaffezione alla EU e l'aumento della distanza dei cittadini dalle sue istituzioni.
L'Europa deve RIAPRIRE in tutte le forme possibili il contatto e il dialogo con i suoi cittadini con l'aiuto
dei media e con una politica culturale di grande impatto in tutti gli stati dell'unione per dare
concretezza alla CITTADINANZA EUROPEA che offre diritti, ma impone doveri in una prospettiva di
uguaglianza di opportunità, di trasparenza delle scelte e delle procedure.
OCCORRE: una riforma seria che dia al Parlamento la capacità di legiferare in particolare in materie
come la politica fiscale, di bilancio, di giustizia, difesa e politica estera.
OCCORRE: dire basta al VOTO ALLA UNANIMITÀ. Un sano pragmatismo deve farci riscoprire il senso
di appartenenza ad una comunità strutturata su valori e regole comuni, condivise su uno spazio di
libertà e sicurezza.
OCCORRE: inserire la carta di Nizza nei Trattati, così come non basta il mandato di cattura europeo,
ma occorre istituire una procura unica per la tutela di interessi comunitari, specie finanziari.
OCCORRE: che il concetto di CITTADINANZA divenga il pilastro della democrazia europea che dovrà
accompagnare anche la riforma del modello sociale europeo fondato su un equilibrio intelligente
tra forza di mercato, giustizia sociale e dignità umana, che dovremo rendere più flessibile perché
non possiamo più permettercelo così com’è.
OCCORRE: restituire un ruolo centrale alla istruzione e alla cultura alle quali vanno destinate
maggiori risorse.
Il nuovo volto dell'Europa dovrà vedere il protagonismo dei giovani, della generazione Erasmus ai
quali dovremo consegnare l'acquis comunitario che siamo riusciti va comporre perché essi possano
consapevolmente e con il vigore di una visione giovane portare a termine l'utopia dei padri
fondatori. Da protagonisti e non da succubi i giovani devono diventare costruttori di una GOVERNANCE
POLITICA E SOCIALE DELL'EUROPA puntando sulla supremazia della politica, perché i vertici e i
trattati senza la politica hanno le gambe corte, mentre il mondo reale cammina a tutta velocità.
OCCORRE: RIAPRIRE il cantiere delle riforme istituzionali accettando anche l'idea che potranno
esserci membri della UE con intensità e modi diversi di partecipazione.
ALLA EUROPA DELLE REGOLE deve essere agganciata L'EUROPA DELLA GOVERNANCE perché torni
ad essere protagonista nella definizione di nuovi equilibri mondiali sui quali stanno proiettando le
loro ombre la Cina, la Russia e i paesi emergenti del BRICS, nella capacità di intervento negli scenari
di crisi, nel rapporto con i giganti economici dell'Asia dell'India.
3E' di tutta evidenza che non basta più declinare i successi dell'Europa e neppure rammentare ai
distratti e smemorati l'esempio dei grandi padri, tra i quali tanti socialisti e repubblicani, perché,
voglio sottolinearlo, i socialisti e i repubblicani sono stati la sola sinistra che da subito è stata
europeista. Non basta più.
Noi siamo laici e crediamo, soprattutto noi repubblicani, che le grandi trasformazioni della società
avvengano dal basso, con la diretta piena, consapevole partecipazione dei cittadini, la loro
formazione civica. Non quindi da processi calati dall'alto, da qualche élite, ieri del partito di massa e
oggi dalla finanza speculativa.
Non bastano Vertici, Conferenze Intergovernative o Leader improvvisati per rivitalizzare il processo
di integrazione europea, da tempo arenato perché i cittadini non ci credono più.
E’ pertanto urgente:
--- fare un intenso lavoro sulla testa e sul cuore dei cittadini che richiede più formazione nelle scuole,
in Italia come negli altri stati europei, sulla CITTADINANZA, sulla storia moderna, sulla geografia e
sulla letteratura che sono ancora troppo nazionali in un mondo che è ormai pesantemente connesso
e interdipendente.
--- favorire una maggiore mobilità dei cittadini perché tutti possano conoscere e scoprire l'Europa,
dialogare con i loro pari, lavoratori, studenti, pensionati, politici, sportivi o altro.
--- battersi perché ci sia una informazione nei media che sia più europea possibile. Non esiste ancora
una BBC europea, una CNN europea una Al JAZEERA europea anche con programmi divulgativi.
Una maggiore attenzione merita anche il PNNR.
Voglio ricordare che l'Italia ha avuto il 25% del RECOVERY FUND, proporzionalmente molto di più di
qualsiasi altro paese, con vincoli di spesa verso politiche di innovazione (digitalizzazione, mobilita
sostenibile, inclusione sociale) e di tempi.
Entro il 2026 tutto deve essere completato. Noi però non riusciamo ad usare bene i fondi disponibili
per i pasticci combinati dal governo e da troppe amministrazioni locali e stiamo superficialmente e
stoltamente perdendo una occasione importantissima in un clima di dilagante sfiducia nella politica
e nelle istituzioni e cioè ACCOMPAGNARE QUESTA INGENTE QUANTITÀ DI DENARO EUROPEO CON
UNA CAMPAGNA MIRATA E CONVINTA DI SENSIBILIZZAZIONE SULLE ISTITUZIONI EUROPEE e il
Nostro ruolo di ITALIANI IN EUROPA.
E' troppo facile prendere i soldi e spenderli, quando ci riusciamo, e spesso anche male. Si dovrebbe
invece far capire ad ogni territorio o comunità che beneficia di queste risorse europee quale è il
contesto di questi finanziamenti. Alla crescita materiale di un territorio o, per una nuova infrastruttura o per altro, dovuta alla Europa, deve corrispondere anche una crescita culturale e di partecipazione ad un processo di positiva
evoluzione, ma questo non sta accadendo mentre sul palcoscenico globale il mondo registra il
passaggio dalla COMPETIZIONE al CONFLITTO e le sfide aperte sono la conseguenza di questo.
La visione ottimistica della globalizzazione degli anni ‘90 che doveva portare alla diffusione dei valori
liberali e democratici si è rivelata fallace. La Cina non è diventata una economia di mercato
nonostante la inclusione nella Organizzazione Mondiale del Commercio, la Russia aggredisce
l'Ucraina e per l'Europa non c'è alternativa che assicurarsi che l'Ucraina vinca la guerra se è vero che
i suoi valori sono la pace la libertà e il rispetto delle sovranità nazionali.
Il conflitto prolungato avrà certamente conseguenze geopolitiche. L’Europa è chiamata a rafforzare
la propria capacità di difesa e aiutare l'Ucraina ad entrare nella NATO e i governi dovranno fare
deficit di bilancio per affrontare oltre ai problemi della difesa anche quelli della crisi climatica e degli
approvvigionamenti di energia e materie prime.
Il modello sociale europeo, la sua rete di welfare ha protetto i più vulnerabili fino ad oggi, ma non era stato disegnato per trasformare il suo peso economico in potere militare e diplomatico.
Siamo di fronte a tre grandi rivoluzioni: 1. Economica e tecnologica 2. Sociale e demografica 3. Geopolitica
L'ASIA con la sua evoluzione ha messo fine a oltre 2 secoli di predominio mondiale degli USA e del Continente Europeo. Il mondo è più multipolare; emergono nuove potenze il G20 non decide più, il G7 si è riunito senza comprendere che ormai rappresenta 1/3 del mondo. A Yalta, dopo la seconda guerra mondiale, le grandi potenze concordarono la mappa geopolitica e geo-economica del mondo. Per più di mezzo secolo abbiamo avuto da una parte l'URSS più i suoi satelliti con il Patto di Varsavia, dall'altra gli USA più il Giappone e paesi NATO. Un mondo durato 55 anni, con circa 2 miliardi di persone, mentre oggi siamo a 8 miliardi; ma dal 1989 questo mondo non c'è più. La Cina ha invaso il mondo con prodotti e dumping sociale e ha minato l'unita ' transatlantica con la leva commerciale ed economica, la Russia con la leva delle risorse energetiche. L'Asia ha sostituito l'occidente negli interessi strategici degli americani e ha messo fine ad oltre 2 secoli di predominio mondiale degli USA e del continente europeo. Siamo di fronte ad un mondo multipolare, all'emergere dirompente di nuove potenze, ad una rivoluzione geopolitica che si accompagna alla rivoluzione sociale, demografica, economica e tecnologica. La pandemia ha fatto comprendere la necessità di una governance mondiale, a partire dalla salute, ma anche di un bilancio federale EU che affronti la questione della difesa e di un grande piano energetico oltre alla urgenza di rivisitare i Trattati, alla quale contribuire con una Governance Europea, perché, a dispetto di ciò che sostengono i sovranisti euroscettici, un singolo paese mai potrà contare come un continente di quasi 500milioni di cittadini.
Segretario Nazionale MRE Sen. Luciana Sbarbati