A ottobre arrivano i problemi per il governo (e per noi)

Mancano 100 miliardi e come trovarli? Ovvio, con le tasse, come sempre. E coi vaccini non obbligatori ma di fatto obbligati. Sarà contento Marcell Jacobs, che dopo la tripletta di stato ha chiuso per sempre: emblema di un paese sconfitto.

Passata, per il momento, la sbronza del generale grafomane tirato in mezzo ai piedi della Meloni per dalla destra estrema, a scopi destabilizzanti, possiamo tornare a parlare delle vere mancanze di quest'ultima? Gli sparafucile che o si sono venduti o sono pronti a vendersi da destra a sinistra tuonano contro l'eccesso di liberismo che è l'unica cosa che non si è mai vista in Italia, paese del paternalismo cattolico. Tutt'al più un eccesso di protezionismo e di dirigismo che col regime di cosiddetta destra sociale di Giorgia Meloni si è esaltato. Ma in perfetta continuità con la sinistra che differisce solo per l'approccio filoeuropeo, la sottomissione a Bruxelles che funziona come segue: ultraliberista per quel che fa comodo alle elite, dirigista e statalista o sovrastatalista per tutti gli altri. L'approccio del regime attuale ricorda se mai il socialfascismo mussoliniano: tutto nello stato, niente fuori dallo stato, nulla contro lo stato. Un'idea roussoiana o hegeliana, per dire moralistica, del potere che decide cosa è giusto e cosa sbaglia, cosa morale e cosa immorale e punisce di conseguenza con le tasse. Ma dietro c'è la solita somma ipocrisia: colpire gli extraprofitti in modo moralistico non significa fare giustizia ma fare cassa, manovrando con suggestioni populistiche la pubblica opinione che è sempre contenta quando i ricchi piangono, anche se i ricchi si rifanno facendo piangere gli ingenui. ma un regime che ricava 2,2 miliardi dalle accuse sulla benzina è iper liberista o statalista? È un regime che si muove nella logica di pura rappresaglia contro l'auto tradizionale come vuole l'Europa e agisce come le banche di cui vuol tassare i profitti. Come sempre il piatto piange e come sempre e la ricetta è la stessa, tassare tutto quello che si muove, come vuole l'Europa in fama di iperliberista.

Poi si discetta di etichetta e di cosa sia accettabile, ma a noi sembra che la cosa veramente inaccettabile sia l'eterno gioco delle tre carte sulla pelle di chi non ce la fa. Nessuna riforma del fisco, se mai la conferma del dettato europeo: nessuna riduzione (il Regno Unito dovette uscire per potersela permettere) e invece i miraggi del fisco amico, delle cartelle amiche, delle rateizzazioni umane fin che si vuole ma pur sempre da onorare. Tre anni di paralisi economica, indotta da misure sanitarie criminose, adottate da uno in fama di grande economista, hanno ulteriormente prostrato il paese ma chi è venuto dopo non se ne cura, gira il mondo, sta alla larga. Tutto costa più caro, molto è inaccessibile, per un'automobile bisognerebbe guadagnare il doppio di venti anni fa e invece si guadagna la metà, in trenta anni di prigionia europea il 90% della popolazione italiana ha patito una riduzione del potete di acquisto reale fino a un terzo, solo i super ricchi, meno del 10%, sono diventati ancora più ricchi. Unica cosa in crescita, il numero dei clandestini nella non disprezzabile quantità di centoduemila in sette mesi: altra massa informe e inetta cui provvedere e della quale sostenere il peso criminale e parassitario. Ma ci si balocca con le crisi climatiche e con le nuove campagne vaccinali che sono come quelle vecchie e dovrebbero completare l'opera, non è chiaro in quale verso. Anche questo, al di là della discutibilità scientifica, è un affare gigantesco condotto sulla pelle di chi non può difendersi. Ma la Meloni dopo avere abbandonato le idee bellicose contro l'Unione smania per farsene protagonista e garante: per quali veri motivi? È chiaro: perché senza non si dura e lei vuole durare.

Ma a quale prezzo nessuno lo spiega e tantomeno se lo chiede. Lo ipotizziamo noi: al prezzo di nuove tensioni sociali che il primo generaletto esaltato può far degenerare come il cerino che incendia la prateria. C'è in giro una furia repressa che non lascia tranquilli anche perché viaggia sulle correnti demenziali e irrazionali che piacciono ai golpisti, i demagoghi, gli avventurieri. In questi giorni non avete idea dei messaggi che mi bersagliano da lettori perfetti sconosciuti ma di colpo inferociti contro i negri, i gay che non sono normali, che sono difettosi, che vanno rimessi al loro posto. Quale? Non lo dicono ma ci vuol poco a capirlo, il manicomio, come nella Russia di Putin, o comunque la retrocessione negli strati subalterni e laidi della società. Escandescenze populistiche e qualunquistiche a parte, il prezzo starà anche in nuove pressioni legate ai nuovi vaccini che il governo, via Unione Europea, vuole somministrare a tutti i costi, sordo alle migliaia e migliaia di decessi, di infermità, di malattie croniche accumulate. Bastava guardare la corsa paralitica, straziante dell'ex testimonial vaccinale Marcell Jacobs, uno che ha chiuso e due anni fa stava in cima al mondo. Emblema di un paese sconfitto, ma su questa strage di stato, che non accenna a placarsi, anche i generali esaltati sorvolano, tirano via.

C'è, vogliamo dire, una sovrabbondanza di ragioni e di pretesti per spingere il paese in situazioni tragiche, e Giorgia Meloni non sembra rendersene conto. Ha detto uno dei suoi incredibili ministri, l'Adolfo Urso che vuole tassare tutto quello che si muove, che respira: le accise sui carburanti non le tocchiamo perché servono a non aumentare il prelievo fiscale. in compenso il gioco delle tre carte è più serio, più onesto. Mancano 100 miliardi di fabbisogno di cassa e in ottobre arriverà una manovra di sangue, sull'esempio dei precedenti di Amato, di Draghi, un'altra manovra come Europa comanda, del tutto inutile, del tutto micidiale: intanto il "fisco amico" ha già cominciato a multare senza un domani, coi pretesti più infami, sull'esempio del vecchio Monti. Ma ancora una volta diranno che non hanno toccato le tasche, che le tasse non sono cresciute, non hanno inciso, la politica allucinatoria che usa oggi e che in fondo piace anche a chi dice di detestarla.